Categorie: Storie

La corsa più dura: Milano-Sanremo 1910

Dire che una corsa sia più dura di un’altra è ovviamente impossibile, per vari motivi, quindi sicuramente la scelta di questo titolo è totalmente arbitraria, ma ci sono buoni motivi per considerare la Milano-Sanremo del 1910 come una delle corse più dure mai disputate, non fosse altro per il numero di corridori arrivati al traguardo: 4 (su 63 partiti).

Veniamo alla cronaca.

Un numeroso pubblico stazionò tutta la notte dinanzi al ristorante Stabilini* di Porta Genova, luogo fissato per il ritrovo di partenza dei concorrenti di questa quarta corsa ciclistica Milano-Sanremo. Il cielo è coperto e l’aria freddissima non distolsero molti curiosi dal loro programma, cioè attendere l’entrata dei corridori nel recinto ed applaudire i beniamini. Alle ore 4 cominciano infatti ad affluire nel vasto locale adibito a sala i primi concorrenti.

*Si trattava della Birreria Stella, di proprietà di Gaspare Stabilini di Varese e Virgilio Savini di Cuvio. Il quale poi chiuse questa birreria per aprire il celebre “Savini” in galleria Vittorio Emanuele a Milano.

Sopra, nell’unica e spaziosa galleria i previdenti organizzatori hanno riservato tutto lo spazio a pagamento per il pubblico. Per una lira i curiosi vengono ammessi ad assistere dall’alto allo spettacolo della riunione dei corridori e delle operazioni preliminari.

Sento Petit-Breton che pronuncia brevi frasi in italiano e Van Houwaert che tenta di imitarlo ma non vi riesce. Poi entra tutto il manipolo dei francesi, tuti uomini di età, con tanto di baffoni, della casa Alcyon. Vestono un maglione celeste, in feroce contrasto con la maglia arancione che vestono i corridori della casa Atena.

Octave Lapize nel 1910

Sono le ore 5 e non tutti hanno ancora firmato o ritirato il quadretto rosso da appuntare sulla schiena. Lapize vincitore della recente Paris-Roubaix, bello ed elegante, ha una tenuta turchina; il belga van Houwaert in maglia da colori nazionali rossi o gialli.

Il tempo si è fatto piovigginoso. Alle ore 5.15 viene finalmente fatto l’appello dei partenti, che sono 73.

La squadra FIAT appena costituita proprio nel 1910

 

Partiranno in 63. Tra i non partiti François Faber e Giovanni Gerbi.

Alle 5.30 sul piazzale di Porta Genova sotto una pioggia fine e noiosa, con aria pungente, i concorrenti vengono schierati e quindi preceduti alle automobili della giuria, della stampa e delle case, si portano in Conca Palata*. Il via è dato.

*Si tratta di un errore, in realtà Conca Fallata.

Pavia, ore 10

La pioggia cade insistentemente, ma ciò nonostante la folla è numerosa. Alle 7 arriva il primo gruppo compatto di circa 30 concorrenti. Hanno il viso e le vesti coperte di fango. Noto tra questo gruppo Petit-Breton, Van Houwaert, Lapize, Beaugendre, Brocco, Fatier, Dortignac, Rossignoli, Cuniolo, Ganna, Galetti, Pavesi, etc. Nessuno di essi usufruì del comfort che era stato preparato. Tutti con passo assai veloce. Pare che Rossignoli e Petit-Breton abbiano espresso l’intenzione di abbandonare la corsa.

Voghera, ore 10.10

Le strade sono pessime. Alle ore 8 passa al traguardo di Voghera il primo gruppo composto di Van Houwaert, Cuniolo, Ganna, Mazzelle**, Azzini, Fiaschi, Pavesi, Trousselier.

Tortona, ore 10.30

Piove a dirotto. Molti corridori sono irriconoscibili per il fango.

Novi Ligure, ore 10.50

Sotto una pioggia incessante arriva il primo gruppo, composto di tre francesi notevolmente freschi. Al controllo passano: 1° Masselle**, 2° Van Houwaert, 3° Lapize.

**si tratta in realtà di Jules Masselis, della Alcyon.

Ovada, ore 11

Ad Ovada passa primo sotto la grandine Van Houwaert alle 9.50. Segue Lapize alle 9.58 e Ganna alle 9.59. Seguono Christophe, Ernesto Paul e Garrigou.

La neve è fitta al passaggio del Turchino. Van Houwaert è appiedato. Il suolo è coperto da ben 25 centimetri di neve.

Una delle poche foto esistenti della corsa. Al passo del Turchino. Il ciclista non è identificato.

Voltri, ore 12.40

L’arrivo a Voltri della corsa ciclistica si è fatto con tempo orribile. Pioggia, nevischio e vento violentissimo hanno imperversato tutta la mattina.

A Voltri, alle 11h 12′ 24″ giunge primo Pierino Albini di Gallarate: è tutto infangato, ma molto fresco. Si ferma e subito prosegue, salutato da applausi. Alle 12.16 giunge Ganna, che si trova in uno stato compassionevole. È intirizzito dal freddo e quasi incapace di proferire parola. Gli sono prodigati soccorsi con acqua calda e cordiali. Gli è pure medicata una ferita che riportò cadendo presso Mele. Parecchi spettatori lo consigliano ad abbandonare la corsa; però mercé le efficaci cure ed i soccorsi ricevuti si rimette in corsa alquanto rinfrancato e salutato dalla folla.

Giungono quindi in condizioni non migliori Christophe alle 12.19, Petiva, Pavesi, Marchesi ed altri.

Non si vede più Van Houwaert e si hanno gravi apprensioni sulla sua sorte.

Savona, ore 16

Alle 14.46 ecco giungere al posto di rifornimento il primo corridore. Questi è il francese Christophe, il quale si rifocilla e prosegue alle ore 13.48. Lo stato del francese è buono. Gli vengono peraltro tagliati a metà i calzoni, perché essendo tutti inzuppati di acqua gli avrebbero ostacolato i movimenti delle gambe.

Dopo 10 minuti giunge alle 14.20 Luigi Ganna. Lo stato di questo intrepido corridore varesino è peraltro peggiore di quello di Christophe. Egli balza dalla macchina: gli viene tolto il fango che quasi avvolge tutto il suo volto, ingoia in fretta un po’ di cibo poi risale in macchina e riprende alle 14.40 la corsa applaudito dalla folla. Segue alle 14.12 Albini; viene quarto Pavesi alle 14.16 e il suo stato è talmente miserando che egli è costretto a fermarsi e a non proseguire la sua corsa. Viene accompagnato all’Albergo Nuovo Torino.

Finalmarina, ore 17

Alle 14.55 passa Christophe; alle 15.27 Ganna, Azzini e Albini; alle 15.29 Cocchi.

Alle 16.16 è passato primo ad Albenga Christophe. Degli altri non si ha notizia.

Sanremo, ore 21.30

Alle ore 18.24 giunge al traguardo di Sanremo il francese Christophe, salutato con vivissimi applausi da una folla enorme che gremisce il corso Felice Cavallotti, e che attendeva da molto tempo al traguardo, malgrado una pioggia dirotta. Gli altri corridori sono molto distanziati. Soltanto alle ore 19.3’30” giunge Ganna, alle 19.25 Cocchi ed alle 19.41 Marchese. nessuno degli altri corridori è segnalato. Alle ore 20.20 si telefona da Oneglia che passa Lampaggi. Si crede che tutti gli altri si siano ritirati.

Questa la sintesi dell’inviato speciale della Stampa di Torino, Corradino Corradini, riportata dall’edizione del 4 Aprile 1910.

Corradini fa anche la cronaca di alcuni episodi dall’auto (scoperta) con cui segue la corsa:

Dopo Ovada si entra in una serie di vallate anguste e tristi. Cominciano a cadere chicchi di grandine che violentemente ci colpiscono, mentre soffiano impetuose raffiche di vento. La marcia è estremamente penosa. La grandine si tramuta presto in neve, in una neve a fiocchi larghi e pesanti, densi da non lasciarci scorgere la strada a dieci passi di distanza. […] Le ruote affondano nelle melme, guazzano nel pantano acquitrinoso e la neve imbianca tutto. Il vento con le sue raffiche rabbiose e violente ci schiaffeggia continuamente il viso. Gli occhiali più non servono, gli occhi lacrimano ed è con grande stento che si possono distinguere i corridori che stiamo per raggiungere. 

Ogni tanto qualche auto si ferma in panne e qualche altra slitta pericolosamente. E la neve continua incessante in un turbine di raffiche impetuose.

Ma ecco ad un tratto davanti a noi due poveri disgraziati curvi sulle loro macchine, che procedono per virtù di non so quale sforzo violento. Sono due giovani torinesi: Borgarello e Gallia. Quest’ultimo ad un tratto si arresta e si accorge di avere un piede senza scarpa. Barcollando, discende col piede nudo sulla neve e cerca intorno. Il poveretto ha perso la conoscenza. La scarpa gli è rimasta infissa al pedaliere ed egli non la scorge più. Lo eccitiamo, lo incuoriamo e avanti…

Quando varcato il vertice (del Turchino -ndr-) intraprendiamo la discesa ci colpisce uno spettacolo imprevisto. Mentre sull’altro versante, sulla salita, la neve non aveva attaccato sulla strada, in questo versante invece, un soffice strato di circa 30cm di neve copre letteralmente la strada.

La pagina della “Tribuna Illustrata” dell’epoca che ritrae i corridori all’uscita dal Turchino.

“Dov’è Van Houwaert?” Ci ripetiamo. Ha saputo prendere la discesa in macchina! Acceleriamo la corsa di nuovo sul pendio ed infine dopo un paio di chilometri scorgiamo una macchia nera in mezzo alla strada. È Van Houwaert che scende a piedi con la macchina per mano. Un giovanotto che incontrò generosamente gli ha offerto il suo mantello e lo accompagna nella dolorosa discesa. Il belga nel camminare affonda nella neve. Fermiamo l’automobile e gli chiediamo notizie. Ci balbetta in un cattivo francese alcune parole mozze. Ha il viso paonazzo e le mani rattrappite, le labbra tumide. Dice di non poter continuare e di essere intirizzito; ci sorride mestamente chiedendoci quanto vantaggio ha ancora su quelli che lo seguono. “Sei minuti” gli diciamo. Il povero giovane ci sorride ancora, ma con sguardo ebete e trasognato. Lo abbandoniamo al suo destino e ci dirigiamo a Voltri. Pochi metri dopo, il valoroso campione, che aveva gagliardamente condotto tutta la corsa in testa veniva raccolto sfinito, vaneggiante, in un umile casolare della montagna. Un sogno di gloria da lui accarezzato era cosi svanito.

Dell’arrivo di Ganna:

Il povero varesino giunse in stato semplicemente pietoso. Interrogato dichiarò che assolutamente non parteciperà più ad alcuna corsa. “La mia carriera è finita con questa spaventosa Milano-Sanremo”. Egli venne trasportato in albergo a braccia.

In realtà da subito fu chiaro che Ganna sarebbe stato squalificato, per aver usufruito dell’auto della squadra nell’ultima parte del percorso (il suo direttore non ne voleva sapere che si ritirasse). E cosi fu.

Dopo Christophe, che terminò la gara in 12h24′, (alla media di 23,331kmh, la più bassa della storia) giunse secondo (con 1h1′ di tardo) il milanese Giovanni Cocchi, bersagliere, e terzo (+1h17′) Giovanni Marchese, entrambe corridori per la OTAV-Pirelli. Per entrambe fu il miglior risultato in carriera. Quarto, ed ultimo classificato, Enrico Sala della Senior-Polack, a +2h06′.

Giovanni Cocchi
Giovanni Marchese
Enrico Sala

 

Eugéne Christophe dopo la vittoria rimase un mese in ospedale a Sanremo, nel reparto dei tubercolosi, per guarire dai congelamenti alle mani e piedi. Raccontò che ci mise due anni per tornare in piene forze dopo la Sanremo del 1910.

Christophe ad una gara di ciclocross nel 1921

Esiste un aneddoto, di cui non ho trovato conferme, che subito dopo la gara mentre si rifocillava in un’osteria, cedette alle grazie di una donna che poi si rivelò, inaspettatamente per lui, essere una prostituta. La pagò con le uniche cose che avesse: un tubolare e la maglia.

Il suo motto era “Voglio, molto semplicemente voglio. La volontà è la sola droga che conosco”.

La bici Alcyon utilizzata da Christophe. 13kg.

 

Della Milano-Sanremo 1910 resta la leggenda di una gara corsa al limite delle possibilità per tutti, con soli 6 corridori che arriveranno al traguardo, di cui 2 squalificati. Nella Stampa Sportiva del 10 Aprile 1910 l’articolo riguardante la corsa si chiudeva con questo commento:

Ma i “magnati dello sport” già allora avevano le idee chiare, cosi come il pubblico che seguiva appassionato queste gare, che rimangono leggendarie proprio per la loro “poca umanità”:

 

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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