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La gestione di sé tra risultati e stress

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Lo sport nell’immaginario collettivo è visto come una fuga dai problemi quotidiani, un momento per potersi rilassare, distrarre e sfogare dallo stress della vita quotidiana. Chi ha però scelto nella propria vita lo sport come lavoro ha di fronte a sé situazioni che non differiscono molto, in quanto a stress, da un “normale” lavoratore.

Lo sport a livello competitivo, sia per un dilettante che per un professionista, può essere causa di stress acuto e cronico: non solo stress fisico, dovuto alla prestazione pura e semplice, ma anche stress psicoemotivo dovuto all’ansia e alle aspettative di riuscita.

La prestazione sportiva, il clima pre-gara e la gara stessa, determinano stimoli. Tali stimoli nell’atleta producono un miglioramento delle prestazioni: allertano il cervello e generano una corretta attivazione muscolare.

Quando però il clima di gara risulta troppo stressante si attivano situazioni non corrette che portano ad un decadimento della prestazione stessa e alla incapacità di gestire in modo proficuo la gara.

In situazioni simili l’atleta si trova a dover affrontare non solo la fatica fisica pura e semplice, ma deve anche saper affrontare lo stress connesso. La resistenza a questo tipo di stress può essere allenata attraverso stimoli motivazionali e un supporto professionale.

L’ansia che deriva da uno stress interessa svariati ambiti dell’organismo di un atleta: dai processi fisiologici a quelli comportamentali e psicologici.
• I processi fisiologici sono quelli che interagiscono con le funzioni vitali e bioritmiche (innalzamento del tono muscolare, problemi respiratori e cardiovascolari, aumento della sudorazione e impossibilità di avere un pieno controllo della coordinazione muscolo-scheletrica).

• I processi comportamentali e psicologici causano una instabilità emotiva, scarsa capacità di concentrazione, diminuzione delle facoltà percettive, nonché incompatibilità con compagni, allenatori o giornalisti.

Per far fronte a tali fenomeni sono state introdotte ed insegnate tecniche di training autogeno e di rilassamento atte a superare il momento stressante e riuscire a sfruttare a proprio vantaggio e a vantaggio della propria prestazione gli stimoli dell’ambiente.

Una tecnica molto utilizzata è quella dell’ immaginazione o visualizzazione, che è anche una delle più efficaci per la gestione della propria autoefficacia. A tale proposito numerose ricerche hanno dimostrato come venisse ottenuto un netto miglioramento, visualizzandosi vincenti.

L’abilità di immaginare va allenata allo scopo di:
• aiutare gli atleti a rivedere i propri errori tecnici e correggerli;
• affrontare ed eliminare i fattori distraenti;
• sviluppare la motivazione, divenire consapevoli del proprio valore, gestire l’ansia e lo stress, e concentrarsi a raggiungere il proprio obiettivo.

Alcune ricerche effettuate sulla tecnica della immaginazione-visualizzazione hanno portato a conclusioni che evidenziano un miglioramento nelle abilità tecniche, dimostrando inoltre che il suo utilizzo favorisce il controllo dell’ansia, sviluppa l’attenzione e la conseguente efficacia della prestazione dell’atleta (Martin, Hall 1995).

Ogni situazione competitiva porta con sé stati di stress e ansia pre-gara. Se da un lato però queste situazioni possono essere positive portando ad una situazione di allerta e prontezza nell’ atleta, dall’ altro se eccessive portano a situazioni in cui i soggetti non riescono a visualizzarsi vincenti: non sono in grado di visualizzarsi competitivi e le aspettative della propria performance decadono drasticamente. È questa una situazione di ansia cognitiva in cui l’atleta da più peso ai propri pensieri negativi invece che concentrarsi sulla prestazione in sé.

Un programma di allenamento mentale che renda possibile affrontare situazioni di stress causate da una professione sportiva potrebbe essere articolato in più punti.
• Apprendere tecniche di rilassamento e visualizzazione;
• Utilizzo del linguaggio interno: durante la prestazione, soprattutto in uno sport individuale come il ciclismo che implica una attivazione che dura per un tempo abbastanza rilevante, l’unico interlocutore di voi stessi sarete voi stessi. Il self-talk favorisce il raggiungimento di diversi obiettivi: intanto, permette di associare parole stimolanti a sensazioni o emozioni utili, favorendo il senso di fiducia personale. È il caso, ad esempio, della parola “vai”, alla partenza; “tieni duro”, durante la gara; “dai ora”, nello scatto finale, rinforzando il controllo dell’attenzione nei compiti che si stanno eseguendo. È importante che il self-talk sia sempre positivo, mai usare il “non”: “non perdere la concentrazione”, “non perdere questa cadenza”…
• Ricordarsi che essere iper-attivati è negativo quanto non esserlo per lunghi periodi
• Gestione dell’ ansia e dello stress da prestazione attraverso imagery e rilassamento.

Questa breve scaletta di attività che non va certo presa come panacea per ogni situazione deve essere adattata situazione per situazione, da atleta ad atleta per poterne trarre il massimo vantaggio.

Le situazioni di incertezza sull’esito della gara permarranno, la situazione valutata come rischiosa sarà sempre la stessa e sempre presente, ma dovrà essere vista come una possibile sfida, come uno stimolo, un possibilità di migliorare sé stessi.

Davide Mamo

Foto iniziale di Tizlook
www.tb1.it info@tb1.it

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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