Per chi legge quello che scrivo da tempo non dovrebbe essere una novità il fatto che più volte ho evidenziato una caratteristica molto importante riguardo la progettazione delle biciclette in carbonio odierne, ovvero che tutti i programmi di simulazioni ed i test sui prototipi sono utilizzati per la taglia media. Questo aspetto che più volte ho evidenziato mi è stato confermato alle varie presentazioni dei nuovi modelli dai vari ingegneri progettisti.
In pratica questo cosa vuole dire? Significa che tutto lo sforzo di “ricerca e sviluppo” è focalizzato su un solo binomio forcella-telaio, ovvero quello nella taglia media della gamma, mentre per le altre taglie, in particolare quelle alle “estremità” della gamma (la più piccola e la più grande) si va “ad esperienza” come mi ha confessato un ingegnere una volta. Ovvero si aggiungono o tolgono strati di carbonio in alcune zone del telaio a seconda della taglia.
Quello che io ne ho dedotto, e che ho spesso cercato di mettere in evidenza anche nei nostri test, è che le caratteristiche dei telai lungo la gamma di uno stesso modello non sono perfettamente lineari, ovvero i vari telai di taglie diverse non sono semplicemente “in scala” l’uno rispetto all’altro, ma possono avere caratteristiche diverse dal punto di vista dinamico. Cosa che nel corso degli anni ho potuto verificare in qualche modo visto che i feedback che raccoglievo su biciclette di taglie diverse erano, a volte, molto diversi in base alla taglia utilizzata. In particolare riguardo taglie diverse del modello che in quel momento utilizzavo io.
Ciò mi ha portato a pensare che spesso taglie agli antipodi nella gamma di uno stesso modello fossero semplicemente “bici diverse” e non solo la stessa bici in taglia diversa.
Quando Chris D’Aluisio, capo progettista della nuova Specialized Tarmac, ha cominciato a presentare la nuova bici esponendo come la grande novità di questo modello fosse che ogni taglia (delle 7 totali in gamma) sia stata progettata indipendentemente e grazie a dei test dinamici fatti su ogni singola taglia…diciamo che ha sfondato la classica porta aperta…
E difatti la nuova Specialized Tarmac porta così, finalmente, la novità che personalmente mi sono sempre aspettato nel/dal mondo della progettazione delle biciclette attuali.
Ma partiamo dall’inizio, ovvero dal nome, che non è, come molti si aspettano SL5, ma semplicemente Tarmac, lasciando da parte la numerazione progressiva, che in effetti era riservata ormai solo alla Tarmac.
Le altre novità sono un tubo piantone più corto di 2 cm che ospita il nuovo sistema integrato di chiusura del reggisella (più lungo di quello della SL4).
Come detto però le caratteristiche più importanti vanno cercate nelle differenze taglia per taglia. Per ogni taglia è stato sviluppato un layup proprio del carbonio, idem per il dimensionamento dei cuscinetti della serie sterzo. In particolare in fase di sviluppo i prototipi per ogni taglia sono stati dotati di accelerometri ed estensimetri per valutare la flessione laterale e torsionale del telaio a parità di accelerazione in curva. Questo ha consentito di calibrare in modo preciso la costruzione del telaio stesso nel tipo di lay-up e quantità di carbonio per ogni taglia, in modo da offrire lo stesso feeling di guida dalla 49 alla 61 (o 64 per l’estero).
In soldoni questo cos’ha comportato? Anche qui devo dire (con un po’ di soddisfazione) che Specialized ha sfondato una porta aperta: hanno “ammorbidito” i telai in taglie piccole e irrigidito quelli in taglia grande. Cosa che anche a naso, in particolare per chi, come chi scrive, è abituato ad utilizzare taglie grandi, non era difficile da prevedere, in quanto in qualche decennio di pedalate, a memoria, sono sempre stati più i casi di bici in taglia grande affetti da flessioni e dal pericoloso shimmy, che non le testimonianze riguardo quelli in taglia piccola.
Ed i risultati sono stati davvero interessanti, a partire dalla differenza in termini di flessione laterale data dal peso piuttosto che dall’altezza del baricentro del ciclista sopra la bici. Ebbene, forse in modo controintuitivo, il risultato è che ha maggior influenza (più che doppia) l’altezza del baricentro che non una differenza di peso. Ossia, sulla stessa taglia ha più influenza uno svettamento maggiore di reggisella che non ciclisti di altezza uguale, ma di peso diverso.
Menzioniamo, anche senza averla vista dal vivo, l’introduzione del modello per freni a disco, il quale presenta anche lui una novità interessante a lviello di progettazione. La nuova Tarmac disc adotta infatti la spaziatura del carro posteriore da 135mm, come per le mtb. Dimensione che però porta il problema della linea di catena quando questa è sul pignone più piccolo, facendola essere più “esterna”. Questo, combinato con un carro corto porta la catena a strisciare sulla gabbia del deragliatore anteriore con certi incroci. E questo è alla base dei carri mediamente più lunghi che si possono trovare sulle bici equipaggiate per freni a disco (non a caso qualcuno avrà notato che per ora sono stati introdotti soprattutto sui modelli “endurance” dei vari produttori, che già hanno carri più lunghi). Un carro più lungo però ha ovviamente un impatto generale su tutta la geometria della bici e sulla guidabilità della stessa, in particolare su modelli più “racing”. Specialized ha risolto il problema grazie ad un mozzo che porta il pacco pignoni più all’interno, accoppiato al forcellino del cambio posteriore incassato verso l’interno. Riportando così la linea catena nella posizione abituale.
Durante la presentazione è intervenuto anche Michael Rogers (Tinkoff-Saxo) che ha parlato della sua esperienza con la nuova Tarmac, telaio che ha iniziato a sviluppare già durante lo scorso inverno (Rogers è considerato un tester molto prezioso da Specialized per via della sua apertura mentale). Inevitabilmente ne ha parlato molto bene, dicendo di preferirla ad esempio alla Venge anche nelle tappe veloci (ha anche confessato di utilizzare il casco aerodinamico in queste tappe solo se piove o fa freddo e che tutta la squadra ora usa i tubolari da 24mm a 7bar sia all’anteriore che al posteriore grazie alle indicazioni dei vari test strumentali). Ha parlato poi più diffusamente del reparto Racing di Specialized. Reparto creato dalla casa americana per cercare di massimizzare i famosi “guadagni marginali” sulla scia di altri top team, con grande utilizzo di ritrovati tecnologici. Guadagni marginali che ovviamente per tanti ciclisti sono spesso bollati come “solita fuffa”, ma che invece stanno facendo pian piano uscire il ciclismo dall’era del pressapoco o delle iperboli da bar.
Dopo una così lunga, ma dovuta, introduzione e presentazione non è rimasto che provare la bici. Prova effettuata sulle colline tra Modena e Sassuolo per un centinaio di kilometri. Prime impressioni che effettivamente non posso non dire positive, anche se non ho da comunicare sensazioni mirabolanti. Semplicemente la bici si è comportata bene in ogni situazione, dalla pianura alla salita e soprattutto alla discesa. Nella taglia 58 provata (visto il nuovo tubo piantone più corto probabilmente un po’ piccola) la prima sensazione che mi è venuta in mente in discesa è stata che ha la rigidità laterale di una bici “aero” abbinata ad una qualità di comfort e peso da bici “da salita”. In particolare quando si raggiunge il punto di corda di una curva o tornante in discesa la bici mi è sembrata davvero “ben piantata” a terra ed assolutamente neutra nel comportamento, senza alcun tipo di sovra-sottosterzo o correzione da fare che dir si voglia. Cosa probabilmente anche merito degli ottimi copertoncini Specialized Turbo da 24mm che mi hanno dato l’impressione di avere un grip eccellente.
Ovviamente per capire meglio pregi e difetti di una bici occorre, come sempre, provarla più a lungo, su percorsi diversi e magari con ruote diverse. Cosa che faremo volentieri se ci sarà la possibilità di farlo.
Per il momento un plauso a Specialized per l’innovazione di principio. Seguiremo ora con curiosità l’evolversi del mercato e se anche gli altri marchi seguiranno la stessa strada.
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