Per gli appassionati delle lunghe distanze la Paris-Brest-Paris è l’evento più atteso ogni 4 anni. Per chi non sa cosa sia o volesse avere qualche ragguaglio storico rimando a vecchi articoli già pubblicati in passato. In breve si tratta di una randonnée di 1230km e 11.000mt di dislivello circa, da completare in massimo 90, 84 o 80 ore, a dipendenza della griglia in cui si parte. Ed è l’evento del genere in cui ci sono più partecipanti: quest’anno 6810 provenienti da 71 paesi differenti.
I partecipanti più numerosi sono ovviamente i francesi (1970), ma in continuo calo da ormai molti anni, erosi dalla globalizzazione del ciclismo e l’entusiasmo verso questi eventi in paesi “emergenti” ciclisticamente. Basti pensare che rispetto l’ultima edizione gli indiani (287) sono quintuplicati.
Al momento gli organizzatori stanno ancora analizzando i risultati del dopo evento, cosa che prende sempre molto tempo, per via del fatto che spesso il sistema di Live Tracking con chip ha qualche sussulto, ci sono persone che si ritirano, ma poi rientrano ad altri controlli, etc.etc.. In linea di massima i partenti reali sono stati 6500, e di questi 5100 sono arrivati sani e salvi a Rambouillet (la città di arrivo reale). 300 sono finiti fuori tempo massimo, 1400 hanno abbandonato. Un 26% quindi non ce l’ha fatta, ma allo stesso tempo un dato migliore rispetto all’ultima edizione (32%), probabilmente dovuto al miglioramento delle prestazioni dei partecipanti asiatici, che nell’ultima edizione si erano ritirati in gran numero, probabilmente poco preparati. Ma questo sarà da confermare.
La PBP però rappresenta non solo un grande Happening di appassionati, ma, oltre che chiaramente una succosa sfida per la crisi di mezza età, come maratone e Ironman vari (l’età media quest’anno è stata di 51 anni, la più alta di sempre), anche una sfida nella sfida sotto vari aspetti. Innanzitutto per la questione competitiva. La PBP infatti non è solo una randonnée, ma anche una vera e propria gara, con corridori che si preparano appositamente per anni per fare “il miglior tempo” (cioè arrivare primi). Questa cosa spesso sconcerta varie persone per cui le randonnée dovrebbero rappresentare una sorta di campana di vetro che li tenga lontani da ogni confronto e competizione (perlopiù in Italia, dove le randonnée spesso sono il buen refugio di granfondisti delusi), ma in realtà la PBP è stata una delle prime corse professionistiche, e lo è stata sino al 1951, ma anche dopo, diventata randonnée (per ovvie questioni logistiche) la dimensione competitiva è sempre rimasta viva e presente, con tanto di classifiche e albi d’oro.
Quest’anno il vincitore è a stelle e strisce e viene dal Michigan; si tratta del 44enne Nick DeHaan, che non solo è arrivato per primo a Rambouillet, ma lo ha fatto nel tempo record storico di 41h49’18”, alla media pedalata di 30,2km/h. Per lui solo 1h10′ di soste, chiaramente solo il tempo di timbrare ai controlli, con una potenza media di 184W (210w ponderata) lungo la prova, segno di una gestione calibrata in cui pochissime volte ha sparato cartucce non necessarie, puntando tutto su un pacing elevatissimo, ma costante. Chiaramente le persone che mirano al risultato raramente corrono senza supporto (è successo però, come nel caso del vincitore del 2015, il tedesco Björn Lehnard), ma si fanno aiutare, in particolare per alimentarsi, da una squadra di supporto, che però non può seguirli sul percorso, ma solo farsi trovare in determinate zone vicino ai controlli. Nel caso di DeHaan si è trattato di alcuni famigliari.
E questa è la sua bici
Sfida nella sfida per gli appassionati è quella dei “recidivi”, che quest’anno vedeva tentare il record di maggior PBP concluse 2 randonneur storici e conosciutissimi nell’ambiente in Francia. Jean-Claude Chabirand, 76 anni, ha concluso la sua 13^ PBP, in 88h37′, diventando il recordman assoluto per partecipazioni.
L’altro super-veterano che tentava dia arrivare a 13 PBP concluse era Dominique Lamouller, 72 anni, il quale però è caduto toccandosi con un altro ciclista. Nonostante una costola rotta nella caduta ha terminato nel tempo di 94h58′, pertanto oltre il tempo massimo consentito e quindi non verrà omologato. Da segnalare che il decano dell’edizione è stato Patrick Rossignol (78 anni e 9 mesi), il quale ha concluso la sua 7^ PBP in 89h30′. In campo femminile la decana è stata la canadese Deirdre Arscott che ha chiuso la sua 10^ PBP in 77h39′ (in tandem) all’età di 68 anni e 8 mesi. Sempre in campo femminile le due più rapide sono state la francese Estelle Gerbier (50h52′) davanti la olandese Nicole Van Batenburg (52h11′). La tedesca Sina Witte è stata la prima donna nella storia a concludere la PBP con pignone fisso: 78h30′ con un 48×18. Il primo uomo col pignone fisso è stato Claude Galvaing nel 1991 con un 43×17 (63h56′). Il più veloce quest’anno Paul Galéa : 53h37′ con un 50×15.
Questa edizione ha giovato di un tempo meteorologico molto clemente, senza precipitazioni (una rarità in Bretagna) e temperature miti (di notte la temperatura in Bretagna può facilmente raggiungere i 4°-5° in agosto, con umidità del 100%). Il percorso è stato leggermente cambiato rispetto l’ultima edizione, con la scelta di non far incrociare i flussi di andata e ritorno, cosa che in passato è stata criticata per il fastidio nel farsi accecare dalle luci di quelli nel senso opposto e per una sorta di effetto “demoralizzante” per i più in ritardo nel vedere quelli già sulla via del ritorno. Per fare questo è stato eliminato il passaggio al ritorno sul Roch Trevezel (il punto più alto da superare per quota) a 40km da Brest facendo fare un giro più a sud che ha fatto aumentare un po’ il dislivello.
Per quanto riguarda chi scrive, essendo alla mia quarta partecipazione ho potuto sfruttare il fattore chiave (dopo quello fondamentale che è l’entusiasmo) dell’esperienza, gestendomi abbastanza bene e senza perdere tempo inutile ai controlli, alimentandomi a dovere e dormendo 2h a Brest. Per quanto riguarda l’equipaggiamento questa volta mi sono orientato su un setup un po’ “aero” per cercare di sfruttare le tendenze moderne, quindi un telaio Pinarello F12 disc, montato Campagnolo SuperRecord meccanico, ruote Campagnolo Bora WTO 60 gommate Continental GP5000 28mm (5/5,5bar) con camere Pirelli SmartTube, sella Specialized Power Mirror. Prolunghe al manubrio Deda Parabolica Due, luci Lupine Wilma e Rothlicht Max, con backup Bontrager Flare sia davanti che dietro. Borsa Lezyne sottosella XL-Caddy, e borsetta sull’orizzontale Topeak Fuel Tank. Garmin 1030 con battery extender dedicato. Borraccia termica Camelback in alluminio e Elite Aero.
Come contenuto delle borse: giacca Pedaled Alpha, maglia termica maniche lunghe Isadore, giacca antipioggia Pedaled Jari, gambali Assos, gilet riflettente, guanti Cannondale Save, multitool crankbrothers M13, 3 camere d’aria, levette cacciagomme Pedro’s, pompetta crankbrothers Sterling, fazzoletti carta, cavi telefono/garmin,
Il tutto è filato liscio senza forature o altri problemi. La maglia a maniche lunghe l’ho usata brevemente una mattina, ma poteva essere superflua.
Lo so, essendo miei, non valgono nulla :-)xxxx