Finalmente. Dopo oltre 900 giorni di digiuno dalla regina delle classiche, la corsa più pazza e più bella della stagione, dopo 19 anni di edizioni senza pioggia e fango, la carestia è finita: la Paris-Roubaix è tornata in tutto il suo splendore e tutta la sua follia.
Ed è tornata per consacrare un campione: Sonny Colbrelli. Un corridore che ha sempre vinto con regolarità in carriera, ma a cui mancavano le vittorie di peso. Vittorie di peso che in questa stagione sono fioccate, e non solo, ma assieme a grandi prestazioni, come al Tour de France. Il campionato italiano, il campionato europeo, tappe al Romandia ed al Dauphiné, ma….mancava il bersaglio grosso, una gara di peso, di prestigio. Ed è arrivata oggi con la Roubaix, una vittoria di quelle che definiscono una carriera. Ed incredibilmente è una vittoria arrivata al debutto, mai corsa prima, a 31 anni. Ma è anche una vittoria che conferma quello che Colbrelli ha mostrato durante tutta la stagione: una maturità totale come corridore. In questa gara il bresciano ha sbagliato nulla, come già mostrato agli europei, dove però si è come al solito polemizzato che avesse solo “ciucciato la ruota” di Evenepoel, tralasciando però come avesse corso alla perfezione. Perfezione che ha raggiunto anche oggi, marcando la ruota giusta, quella dello scatenato van der Poel, mostrandosi a suo totale agio sul pavé più difficile degli ultimi 19 anni (togliamo quello della tappa del Tour vinto da Nibali, toh) e poi infilando gli avversari in volata, senza problemi. Tutto facile, ma solo a parole, perché Colbrelli si è mostrato capace di seguire il fenomeno del ciclocross mostrando altrettanta dimestichezza nel condurre la bici sul pavé bagnato, con bunny-hop in scioltezza dopo 150km per rientrare dalle vie di fuga laterali sul pavé, riprendendo gli attacchi ripetuti di MvdP nei settori in pavé usando un rapporto agile. Alimentandosi nel finale e bevendo con regolarità. Stando calmo e con nervi saldi quando c’era da riprendere i fuggitivi davanti, nel dare i cambi il giusto a MvdP per non far rientrare gli inseguitori e provando anche qualche accelerazione per saggiare la condizione dell’olandese, al Carrefour de l’Arbre. E poi con una volata perfetta nel velodromo, dove ha battuto i suoi compagni di fuga senza problemi, d’autorità. La gara perfetta, per poter finalmente scrivere il proprio nome tra quelli dei grandi ed in un modo da ricordare per la posterità. Voto 10 cum laude.
Florian Vermeersch, voto 9. Altro debuttante alla Roubaix, ma a 22 anni. Anche per lui gara davvero ben condotta, infilandosi dietro le ruote giuste, risparmiandosi all’impossibile, tanto da prendersi qualche parola (non tenera, immaginiamo) da Colbrelli, ma restando lucido e concentrato fino alla fine. Ed è alla fine che lui che ha acceso la miccia dello sprint finale, ma mostrando anche in quell’occasione di avere le giuste misure, infatti termina 2° battuto solo da un Colbrelli super, ma tenendo molto bene sino al traguardo. Per uno con 14 mesi di carriera da pro sembra avere la testa ed i mezzi per tornare sul podio in altre classiche del nord.
Mathieu van der Poel, voto 7. L’animatore della gara. Non si può non ammettere che sia stato lui a dare spettacolo, a far partire la fuga buona, a condurla, a tenerla viva, a riprendere Moscon. Insomma, in gran parte a fare la gara. Ha commesso alcuni errori che però è solito commettere: in primis a tirare sempre e troppo lui, “generosità” che su una gara da oltre 250km alla fine ha pagato in lucidità nel finale. Ma soprattutto nel tentare gli attacchi per sbarazzarsi dei compagni di fuga sempre da metà settore di pavé (se non 3/4) in poi. Attacchi con cui riusciva a prendere qualche decina di metri di vantaggio, ma che poi, settore in pavé finito, erano rapidamente colmati da Colbrelli e Vermeersch su asfalto. Non si capisce perché non abbia attaccato subito dall’ingresso dei settori in pavé. Attacco dopo attacco i metri di vantaggio sono diventati sempre meno, sino a permettere l’attacco di Colbrelli al Carrefour de l’Arbre, con il quale la volpe bresciana ne ha saggiato le energie residue. Ed a quel punto non erano così tracotanti come 100km prima. Infine la volata nel velodromo in cui è partito da buona posizione, ma con un rapporto troppo agile nel momento della partenza, cosa che ha pagato nella progressione, non riuscendo a colmare il gap imposto da Colbrelli e Vermeersch. Osservazioni condivise dal padre di Mathieu, Adrie, che chiaramente si è detto anche orgoglioso della prova, al debutto alla Roubaix, del figlio. A ragione, ma MvdP, pur strabordante fisicamente, a volte pecca di furbizia.
Gianni Moscon, voto 8. Sembrava involato alla vittoria grazie ad un’azione potente e coraggiosa ad oltre 50km dal traguardo. Una foratura prima ed una caduta poi lo hanno relegato ad un 4° posto che gli sta strettissimo. Poteva farcela? O sarebbe stato ripreso comunque? Con 1’20” circa ai -30km, quando ha forato, è difficile dirlo con certezza. La prima posizione sembrava avergli dato la marcia giusta e nei settori in pavé spingeva benissimo. I km al traguardo però erano ancora tanti. Ad ogni modo, una volta ripreso dal terzetto del podio si è subito attardato (pagherà 44″), ma è riuscito a mantenere 32″ di vantaggio sul gruppo inseguitore composto da 7 corridori, e che corridori, quindi resta il dubbio. Risultato amaro, ma prestazione di grande livello. Ritrovato.
Wout van Aert, voto 5. Era uno dei corridori più attesi. Dopo il mondiale fallito, “giornata storta in cui non aveva gambe”, come da lui dichiarato, questa Roubaix era la corsa della riscossa, la classica più desiderata da lui oltretutto. Invece non è andato oltre un 7° posto un po’ opaco, in cui non si è mai messo in mostra, mai tentato qualcosa di personale. Alla fine una prestazione analoga a quella del mondiale, senza infamia e senza lode (relativamente alle sue possibilità). In generale, dopo un Tour stellare è sembrato andare in calando, e aver sofferto mentalmente l’ennesimo argento a olimpiadi e mondiali.
Altri voti è difficile darli, visto che una gara del genere è condizionata pesantemente da forature e cadute, e sia le prime che le seconde sono perlopiù frutto di sfortuna. La Deceuninck-QuickStep ad esempio, formazione tra le favorite, è stata flagellata da forature che hanno messo fuori dai giochi molto presto Florian Sénéchal (prima di Arenberg) e poi Kasper Aasgren e Yves Lampaert nel settore di Arenberg. Bravo comunque Lampaert a rientrare ed arrivare 5°. Come bravo è stato Guillaume Boivin della Israel, lungamente in fuga, poi caduto anche lui. Il campione canadese è riuscito a tenere le ruote del gruppo Van Aert anche grazie al compagno Van Asbroeck e regalando un 8° e 9° posto alla squadra israeliana. Sempre nello stesso gruppo buona la prova di Jonas Rutsch della EF: il corazziere tedesco (197cm) della squadra americana che tiene bene anche in salita, come mostrato al Tour. Un po’ meno bene Christophe Laporte (Cofidis) che in queste gare è sempre uomo molto atteso, ma che ieri non ha avuto gambe migliori per andare oltre il 6° posto.
Oltre a questo non si può che concordare con Wilfried Peeters, DS della Deceuninck, che da corridore vanta un 2° ed un 3° posto alla Roubaix, il quale a fine corsa a domanda ha riposto: “Cosa c’è da capire in tutto questo? Ben poco“. Il bello della corsa più pazza.
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