La situazione dei pro in Italia, vista da Sacha Modolo

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Sacha Modolo (Fenix-Alpecin) ha condiviso sulla sua pagina Facebook un pensiero riguardo la attuale situazione dei professionisti in Italia:

 

Allenarsi o non allenarsi.
Per ora a noi professionisti è consentito. Usiamo il buon senso e rimaniamo a casa comunque o ci alleniamo da soli, in strade secondarie?
In questi giorni sono combattuto. Mi sono allenato solo negli ultimi 3 giorni e non ho fatto chissà che. La sensazione è quella di fare una cosa perchè devi farla ma sai che sotto sotto è sbagliata.
Da un lato la mia voglia è quella di rimanere a casa sperando che questo maledetto virus passi il prima possibile, dall’altro lato il mio lavoro è il ciclismo (è un lavoro previligiato ma è un lavoro) e per ora ci è concesso farlo.
Sono sincero, se avessi il contratto sicuro anche per il 2021 me ne starei beatamente a letto tutto il giorno, ma purtroppo non è così. Potrei stare fermo fino ad aprile, non cambierebbe nulla è vero, ma se poi prolungano la quarantena per tutta aprile?
Quando le corse riprenderanno dovró essere pronto. È vero forse riprenderanno a giugno, ma non posso star fermo 2 mesi pensando di avere una buona forma a giugno, anche perchè gli stranieri per il momento continuano liberamente ad allenarsi, quindi si ripartirebbe svantaggiati. Se poi vado piano o non rispetto le aspettative della squadra cosa dico? “Non mi sono allenato per dare il buon esempio?”, alle squadre per certo non interessa. Chi me lo da uno stipendio nel 2021 poi?
BISOGNA FERMARSI MA BISOGNA FARLO TUTTI, E PER TUTTI INTENDO TUTTI I CICLISTI DEL MONDO, PER PRIMA COSA PER LA SICUREZZA GLOBALE, IL VIRUS NON È SOLO IN ITALIA, PER SECONDA COSA SI EVITEREBBE, QUANDO RIPRENDONO LE GARE, GARE FALSATE, CON CORRIDORI CHE SONO RIUSCITI AD ALLENARSI CONTRO CHI MAGARI HA FATTO SOLO RULLI PER MESI.
Questo ragionamento non lo faccio io, ma la maggior parte dei professionisti, per quello ci trovate ancora per strada ad allenarci. Non lo facciamo per divertimento ma perchè il ciclismo moderno è spietato e rimanere disoccupati ci vuole veramente poco.
Ma se poi mi ammalo? Magari sto a letto una settimana e passa o magari finisco in ospedale. I miei cari che sono vicino a me poi?
Sinceramente di ammalarmi non ho veramente voglia, e soprattutto la mia paura è quella di contagiare mia moglie e/o mia figlia. Se mi succede qualcosa a me o ai miei cari chi mi da una mano?
L’UCI?
La FCI?
La mia squadra?
Nessuno di loro.
Sta a te ciclista scegliere.
La FCI potrà consigliare di stare a casa, scelta che appoggio, peró torniamo al discorso di prima, che gli stranieri magari continuano ad allenarsi e te sei costretto a casa sapendo per certo che al riprendere delle gare saranno bestemmie. In questo caso almeno avró il cuore in pace non potendo fare diversamente e consapevole che è la cosa giusta. Ma questo è un altro discorso.

Finchè non ci sarà un decreto chiaro che vieti a chiunque (professionisti e non) di fare attività sportiva la situazione è questa.

Quindi: Rischiare di ammalarsi per cercare di avere un contratto nel 2021 o essere sicuri a casa ma con la possibilità di rimanere senza lavoro?

Voi come la pensate? Che fareste al nostro posto?

Uno scorcio di quella che è situazione attuale nel ciclismo professionistico lato corridori.

Commenti

  1. Per i pro è lavoro e ne vale sia la prestazione nel breve futuro qualora riprendessero le gare(magari)sia i contratti per la stagione futura 2021.Detto ció secondo me se un pro esce da solo e si allena fa bene, comunque non puó ne contagiare ne farsi contagiare da nessuno, esce in sicurezza perché il traffico è azzerato, e ripeto lo sta facendo perché è il suo lavoro, noi amatori invece stiamo a casa ed evitiamo magari un incidente inutile che diventerebbe un problema enorme per il discorso ospedale ecc. in questo periodo.Io la penso cosi!
  2. Scaldamozzi ogni tanto:

    Non proprio, perché i pro sono valutati in base ai risultati e questi danno loro la possibilità di firmare o meno un contratto per l’anno successivo.
    Se quando si torna alle gare si trovano a correre contro atleti che hanno potuto fare la vita da corridore senza problemi, non otterranno sicuramente buoni risultati e quindi niente contratto per il successivo anno.
    In lavoratore normale non ha questo problema perché è valutato sul proprio rendimento che non è influenzato dall’allenamento.
    Se ho un'azienda, le aziende utilizzatrici dei miei prodotti devono produrre e lavorare in altro modo = il mio concorrente piemontese, quello spagnolo e quello cinese sono contentissimi di far circolare le loro merci e venderle, scalzandomi.
    Nell'immediato è tutto fatturato perso. però le tasse van pagate, gli stipendi vanno pagati, l'affitto del capannone, bollette, idem.
    A più lungo termine, una volta che i concorrenti entrano dal cliente, magari pure a prezzo più svaccato per prendersi la fetta di torta, quando poi mi riaprono i confini della regione, io riesco a rientrare dal cliente senza problemi e senza colpo ferire....? la vedo dura.
    E i miei dipendenti?

    Pensaci
  3. alboslr:

    Scusate, ma a me sfugge una cosa. In che modo un professionista possa aumentare la propria possibilità di ammalarsi andando a fare un giro in strade extraurbane. E' una cosa che proprio non capisco. Sicuramente è più rischioso andare a buttare l'immondizia e a fare la spesa, quindi di cosa parliamo? E' giusto per noi comuni mortali non utilizzare la bici perché se finiamo in ospedale per una caduta li sono guai (gli amatori sono decine di migliaia i pro no!) ecco perché, a mio avviso, bisogna rispettare tali direttive! Ma da qua a limitare tutti i professionisti del mondo del ciclismo mi sembra pura utopia.
    Quoto. Non si ammalano e non contagiano nessuno uscendo. Rischiano più di ammalarsi andando a fare la spesa o se si ammala qualcuno della loro famiglia che la fa.
    velocity:

    A parte che se vogliamo essere precisi in questo caos di norme contraddittorie per i professionisti è prevista la possibilità di allenarsi ma in strutture chiuse e con i loro medici a disposizione:

    Gli allenamenti sono consentiti solo in “impianti sportivi utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale”. In questo caso viene salvaguardata la finalità della pratica sportiva di vertice e si tutela la salute sia degli atleti che dei tecnici in quanto sono indicati specifici impegni da parte dei medici delle società sportive.
    Guarda che quanto citi riguarda una estensione della norma per i prò degli sport al chiuso che viceversa sono vietati per tutti i non prò. Piscine, palestre ecc. tutte chiuse, ma non per i prò.
    I ciclisti possono allenarsi all'aperto come è concesso a tutti, professionisti e non professionisti. Solo che loro possono addurre la scusa dello spostamento per lavoro e non per semplice attività motoria, essendo che il loro lavoro è quello.
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