Lance Armstrong torna a far parlare di se attraverso un documentario, “Lance“, che sarà diffuso al grande pubblico sulla rete ESPN, nel quale il texano si racconta e soprattutto racconta i propri debutti nel mondo del ciclismo.
Quello che ne viene fuori in realtà non è poi nuovo, e conferma quello che praticamente tutti sanno su Armstrong, in particolare sul suo carattere. Quello che è interessante è la narrativa che lui stesso ne fa e che fa capire come presumibilmente quello che per molti sono tratti negativi, per lui non lo sono affatto, come l’arroganza, in particolare nei confronti di un gruppo professionistico verso cui all’epoca non aveva alcun timore reverenziale, ma rappresentava solo un gruppo “di vecchi”, a cominciare dal suo connazionale Greg Lemond, con cui ha sempre intrattenuto rapporti piuttosto freddi, sino a diventare poi di aperta ostilità.
La cosa la mette in chiaro subito, già dalla sua partecipazione al Tour de l’Avenir 1992, in cui per lui era chiaro che mai avrebbe accettato di fare il gregario prima di diventare capitano “come nelle squadre italiane”. “Se fossi stato obbligato a farlo, avrei smesso subito“.
E come noto Armstrong passò dalle parole ai fatti immediatamente, non rispettando le regole non scritte del gruppo, fregandosene bellamente dei malumori che questo provocava nei suoi colleghi.
Armstrong bisogna dire che è sempre stato coerente anche con la cultura della propria provenienza, il Texas, come ricorda l’ex-pro britannico Paul Sherwen, mentore degli anglofoni nella Motorola, prima squadra pro di LA: “tutti i texani sono cosi, sicuri di loro. Non hanno paura di niente e sono sempre sicuri che il futuro gli darà ragione“.
Poi in futuro avrebbe cambiato radicalmente idee, diventando tutt’altro che tenero nei confronti di chi non avrebbe rispettato certe regole non scritte, in particolare le sue.
Anche per quanto riguarda le tattiche di gara quelle dell’epoca sembravano limitare non poco il suo ego: “c’è troppa tattica nel ciclismo, è uno sport molto vecchio…so che è molto complicato da cambiare, ma non sopporto di essere in una fuga dove nessuno collabora“.
All’epoca tutte queste dichiarazioni gli costarono la convocazione ai mondiali di Benidorm 1992.
Armstrong poi ricorda l’umiliazione dell’essere arrivato ultimo alla Clasica de S.Sebastian, e la promessa di vendicarsi vincendola, cosa che farà effettivamente nel 1995.
Altra dichiarazione dell’epoca, dopo la vittoria del campionato del mondo di Oslo 1993, che oggi fa sorridere: “Un campione del mondo deve essere innanzitutto un corridore da classiche. Il Tour forse è la corsa più importante del mondo, ma so che non è fatta per me, c’è troppa alta montagna. Bisogna essere seri, non ho niente da provare sul Tour, questa esperienza non mi tenta“.
La sua arroganza ed il suo modo di correre molto “fisico” (se c’era da menare gomiti e mani non si tirava certo indietro) non gli attirarono grandi simpatie. Alcune dichiarazioni di suoi colleghi:
“non sapeva niente di ciclismo, ho dovuto spiegargli la differenza tra una classica, una corsa in linea ed un grande giro“. Jim Ochowicz, che lo fece passare pro nel 1991, oggi Team Manager della CCC.
“È un tipo strano…una cosa è certa, non vincerà mai un Tour“. Claudio Chiappucci
“Un presuntuoso. Il suo essere americano lo rende arrogante“. Stephen Roche
“Uno molto americano. Anche quando ha torto vorrebbe distruggerti“. Pedro Delgado
Per il resto Armstrong rivela che il suo primo incontro con il doping risale al 1992, un anno prima del suo titolo mondiale, mentre il passaggio dal “doping leggero” (cortisonici & c.) al “carburante per aerei”, l’EPO, risale al 1995 con l’incontro con Michele Ferrari.
Il che non rappresenta certo una sorpresa, se non solamente rispetto la stessa narrazione di Lance negli anni, che a quanto pare, sta diventando semplicemente, ma faticosamente, una lenta ammissione dell’ovvio.
Il documentario uscirà il 24 maggio.
Per cui no,non era come tutti gli altri,era ben oltre.
E in più ci ha fatto assistere ai 7 Tour della noia...almeno avesse dato spettacolo con la "forza" e la "potenza" che aveva...i Tour più noiosi della storia,alla prima tappa si sapeva già chi sarebbe stato il vincitore finale...è un gran bene che non ci sia un albo d'oro di quei 7 tour,sono una pagina davvero brutta del ciclismo.