Durante la scorsa estate si era cominciato a parlare del “caso” dei corpi chetonici, delle sostanze non proibite e non inserite nella lista dei prodotti dopanti della WADA, ma comunque al centro di discussioni riguardo la loro opportunità da un punto di vista etico e dei loro effetti sulla salute sul lungo periodo, ancora sconosciuti.
Ieri, in radio, Laurens de Plus, scalatore in forza alla Jumbo-Visma, una delle squadre che apertamente ne fa uso, ha dato la sua opinione a riguardo:
“Basta dire alla squadra che li vuoi utilizzare e loro organizzano tutto includendoli nella vostra dieta. Hanno il gusto del Gin-Tonic, con un po’ di immaginazione, ma a nessuno piacciono nella squadra. Non tutti li utilizzano, io ne parlo senza problemi. Ne sono soddisfatto e sono contento che sul loro utilizzo non ci sia un atteggiamento isterico. Tutti li possono acquistare, ma è solo il modo in cui si utilizzano che può fare la differenza“.
L’argomento quindi è tornato di attualità, e Richard Plugge, Team Manager della Jumbo-Visma, ha subito precisato: “È un complemento alimentare che potete utilizzare come se si trattasse di vitamine. Il prodotto non è proibito ed è noto che altre squadre utilizzano i chetonici.”
I corpi chetonici sono tre composti normalmente presenti nel sangue in piccole quantità e sono sintetizzate dal fegato. Il loro utilizzo esogeno serve come carburante per risparmiare le riserve glucidiche limitando la produzione di acido lattico. Vengono utilizzati in particolare accoppiati a diete a bassissimo tenore di carboidrati (vedi Chetosi).
Come per quasi ogni “supplemento alimentare” la diatriba si pone sugli effetti sul lungo periodo, che nel caso dei copri chetonici sono sconosciuti, vista la loro recente disponibilità, in particolare come supplemento per gli sportivi di alto livello.
Se per squadre come Ineos e Jumbo-Visma si tratta solo di equivalenti delle vitamine, altre squadre sono di parere diverso, da quello moderatamente diverso della AG2R, il cui medico di squadra, Éric Bouvat, lamenta una mancanza di conoscenza che porta a non avere un protocollo di utilizzo definito con conseguenti rischi possibili, a quello decisamente contrario, come nel caso di Jean-Jacques Meneut, medico della Arkéa-Samsic, che ha dichiarato: “non vorrei dover ricevere una lettera tra dieci anni di un mio corridore che mi dice che ha il fegato in malora…“.
Il dibattito resta aperto.
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