Ormai delle cadute nel gruppo dei pro e dei possibili rimedi se ne parla da giorni e ovunque. Molti danno la responsabilità ai corridori, altri agli organizzatori, qualcuno vorrebbe tornare alle bici degli anni ’70….un giornalista di Eurosport Francia, Colin Bourgeat, ha avuto un’ottima idea: ha raccolto in una videochiamata 16 corridori francesi di varie squadre e li ha fatti discutere dell’argomento.
Riassumendo dal video, per gli unicorni che preferiscono ancora leggere che guardare i video, i punti toccati sono molti ed anche interessanti.
Quasi tutti danno una grossa fetta di responsabilità agli stessi corridori, sempre meno inibiti nei comportamenti rischiosi. Come dice Julien Bernard (Lidl-Trek) ormai la ricerca del posizionamento ed i comportamenti pericolosi si hanno praticamente dal via. Guillaume Martin (Cofidis) ne cita alcuni, come il gettare le borracce a caso, anche contro muri, per cui poi le stesse rimbalzano nella strada causando cadute e pericoli. Ma anche a comportamenti pericolosi messi in atto da corridori in scadenza di contratto, più propensi a prendersi dei rischi, o che rientrano alle corse dopo degli stop, e che sono quindi piuttosto “arrugginiti”. Sgravando quindi gli organizzatori da particolari colpe, in quanto, a dire di G. Martin, i pericoli si hanno in particolare in certi momenti dell’anno e per certe corse, quelle di maggior risalto.
Sia Martin che Maël Guégan, corridore della continental CIC U Nantes Atlantique, criticano fortemente l’abuso che si farebbe in gruppo della caffeina nei finali. Dal 2004 la caffeina non è più sostanza proibita a nessun dosaggio e secondo loro oggi se ne assume troppa nei finali di corsa. Questo porterebbe i corridori che ne abusano ad essere “iper-aggressivi e cattivi”, ed a tentare mosse pericolose per i posizionamenti. Guégan dice che ne nota un abuso anche tra gli juniores e che vorrebbe una limitazione dei dosaggi anche perché secondo lui si potrebbero avere ripercussioni a livello cardiaco nel tempo.
La questione dei posizionamenti nei finali, in particolare per gli sprinter, è un altro punto di Julien Bernard e Guégan, per cui le proposte riguardo una limitazione degli sviluppi metrici (oggi gran parte del gruppo usa 54 o 55 con l’11, e qualcuno propone di tornare al 53×11), che secondo loro sposterebbe ancora di più il problema in fase di posizionamento per gli sprint, rendendo questa fase ancora più pericolosa. Però non escludono potrebbe essere un modo per limitare le velocità crescenti.
Il trio della Arkéa-B6B Hotels: Kevin Vauquelin, Louis Barré e Anthony Delaplace si dice perplesso delle limitazioni sul materiale tecnico, tenuto conto degli investimenti degli sponsor e dell’inevitabile progresso tecnico, che è “complicato da limitare”, idem per tutto l’arredamento urbano (rotonde, marciapiedi, paletti, etc..). Delaplace in particolare si dice fautore di sospensioni da parte dell’UCI per i corridori responsabili di comportamenti pericolosi: “4 mesi senza stipendio sarebbero un bel deterrente per tutti”.
Sulla questione dell’arredamento urbano torna Axel Laurance (Alpecin-Deceuninck), che prende ad esempio la recente Amstel Gold Race. Secondo lui già dai primi chilometri il percorso era “una cosa mai vista” di buche, marciapiedi, rotonde, ostacoli di ogni tipo, e questo ha reso tutti molto nervosi. Inoltre punta il dito sulle abilità tecniche di molti suoi colleghi non solo “disattenti”, ma “incapaci di salire su un marciapiedi” o di frenare al momento giusto. Viene suggerito che questo può essere causato dai pochi giorni di corsa che farebbero i corridori oggi (non si sa rispetto quale epoca, di sicuro non negli ultimi 30 anni) e del fatto che spesso si allenano da soli o in stage con pochi compagni. Questa eventualità è respinta da Pavel Sivakov (UAE-Emirates) per il quale le sensazioni della guida in gruppo “tornano velocemente”. Per lui la responsabilità è maggiormente a carico del sistema dei punti UCI attuale, che spinge molti corridori a rischiare per agguantarli: “non ci rispettiamo più in gruppo“.
La cosa è confermata dal veterano Bernard: “siamo passati da un ciclismo in cui contavano le prime 3 posizioni ad un ciclismo in cui contano le prime 20”. “Oggi uno che è 14°, in discesa tenta l’impossibile per uscire 12° da una curva”.
Un altro veterano, Rudy Molard (Groupama-FdJ), caduto pesantemente al Tour Down Under con conseguente trauma cranico, conferma: “una volta lottavi per il posizionamento in cima alla salita e poi tenevi quello durante la discesa, senza cercare di infilare tutti all’interno di ogni curva. Se restavi indietro e facevi un piccolo elastico non era un problema, ti organizzavi e rientravi. Oggi arrivi in fondo alla discesa che sei sfinito. Prima curva ed è un macello, seconda curva un altro macello…“.
Molard che poi precisa una cosa interessante riguardo gli auricolari, mettendo in luce un aspetto forse non noto agli appassionati: “dalle ammiraglie mettono pressione via radio perché la squadra resti unita sempre, e cosi ci sono corridori pronti a tutto per non perdere le ruote dei compagni. Questa pressione di dover correre sempre tutti assieme ha degli effetti perversi e pericolosi“.
In accordo Geoffrey Soupe (TotalEnergies), per il quale “togliere gli auricolari potrebbe essere una cosa buona. Si dovrebbe tornare un po’ indietro, a studiare i percorsi prima della gara invece di farsi guidare dalle ammiraglie, e non avere continuamente la pressione di stare compatti coi compagni. Anche perché in 5 ore di corsa non puoi dover lottare per posizionarti ad ogni ostacolo che c’è in strada: al km 0 perché c’è la curva, al km 5 perché c’è la rotonda, al km 10….ad un certo punto perdi lucidità“.
Conclude anche lui dicendo che il problema è la mancanza di rispetto ed il sistema dei punti: “ognuno fa veramente qualunque cosa per raccattare 1 punto qua o un punto la…è un sistema che va rimaneggiato“.
Anche Kevin Vauquelin (Arkéa-B&B Hotels) rifiuta le motivazioni sul materiale tecnico, ma enfatizza il fatto che “oggi il livello è molto omogeneo”, c’è molta più gente che lotta assieme. E prende ad esempio proprio l’ormai famosa curva della caduta ai Paesi Baschi “mancava ancora molto all’arrivo ed erano li in 30 a sgomitare per prendere davanti la discesa“. Aggiunge però che secondo lui gli auricolari sono importanti proprio per una questione di sicurezza, e che dovrebbero servire per avere le informazioni date da radio corsa, come cadute, restringimenti, distacchi, rifornimenti, etc.. (in breve, non vorrebbe avere il DS che gli urla in cuffia). E conclude facendo l’esempio dell’Amstel per cui “c’era gente che sprintava per la 50^posizione come fosse per la 5^“…
Sull’impatto del materiale tecnico invece è d’accordo Hugo Hofstetter (Israel-PremierTech) per il quale c’è stato veramente un “pre-dischi e dopo dischi”: “oggi prima di una curva a volte ti guardi negli occhi con quelli che ti stanno accanto e pensi a chi sarà quello che staccherà la frenata per ultimo”. In particolare con la pioggia una volta prendevano delle distanze enormi prima delle frenate, “se prima staccavi a 40mt dalla curva oggi lo fai a 20mt“. Secondo lui anche le lunghissime fughe che si vedono oggi sono possibili grazie al materiale “super-performante”. Anche se non spiega in che modo, visto che ce l’hanno tutti… ad ogni modo vorrebbe un sistema di penalizzazioni per i comportamenti pericolosi.
Riguardo le penalizzazioni, i famosi cartellini gialli e rossi ipotizzati dallo youtuber Benji Naesen, è scettico Alexis Guérin (Philippe Wagner/Bazin), che probabilmente si sente coinvolto in prima persona, correndo per una continental: “…funzionerà solo per il Tour e le corse importanti, che hanno la diretta Tv integrale. Per chi corre le gare minori senza Tv come si fa?“.
Ma la soluzione arriva da Vauquelin: “bisognerà mettere videocamere su tutte le bici. Il ciclismo diventerà un gruppo di sbirri“.
A questo punto si inserisce Anthony Perez (Cofidis), un tipo con molti pochi peli sulla lingua, che se la prende con Marc Sarreau (Groupama) citando la maxi-caduta alla gara La Roue Tourangelle (qui il video) a dire di Perez causata da un compagno di Sarreau: “l’abbiamo insultato tutti, ma se ne è sbattuto le palle, quindi sono andato dal suo DS dicendogli che il suo ragazzo ha asfaltato tutto il gruppo con un comportamento di merda e lui mi ha risposto che allora devo solo rompergli la faccia“. Perez quindi si chiede sarcastico: “ok, ma poi chi sarà quello squalificato?”
Sarreau, rispondendo, solleva un’altra questione: ovvero quella dei corridori delle squadre sviluppo, le Development, che non hanno “per forza” la stessa abilità di guida ed abitudine alle dinamiche di gara di un pro consumato. Infatti dice che il suo compagno che ha causato la caduta incriminata è proprio uno di questi corridori (non dice chi, ma nella Groupama erano in 3 WT e 4 Conti): “ragazzi che vengono da Zwift, hanno watt da pazzi, ma non sanno limare o stanno male in gruppo, e non riescono nemmeno ad esprimerli questi watt a causa di ciò” (poi aggiunge che non è stata colpa del suo compagno, ma di chi lo ha sgomitato, per l’ilarità di Perez).
Per Mikaël Cherel (ex AG2R, ritirato a fine scorsa stagione): “le strade sono spesso arredate per far andare piano gli automobilisti, mentre le velocità del ciclismo crescono. Le due cose spesso non vanno d’accordo. Solo le grosse organizzazioni hanno la possibilità di far smontare certi arredi urbani o mettere veramente in sicurezza dei punti pericolosi, ma ovviamente non è sempre il caso“.
In generale quindi le misure che a grande maggioranza andrebbero adottate secondo questo gruppo di pro d’oltralpe per risolvere la questione sicurezza sono i cartellini gialli e rossi con penalità, sanzioni ed esclusione per chi si comporta in modo pericoloso. In più rivedere il modo di utilizzo delle radio ed i dosaggi permessi della caffeina.
E dal fronte francese è tutto.
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