Nel 2018 avevo conosciuto Mads Pedersen alla Strade Bianche, quando non aveva ancora vinto il mondiale, ed era ancora incredibilmente sottovalutato. Mads era entrato nelle discussioni degli appassionati grazie al 2° posto al Fiandre, dietro Niki Terpstra, ma, appunto era ancora molto lontano dall’avere la reputazione che si è faticosamente conquistato fino ad oggi.
Aveva solo 23 anni, ma quello che mi aveva colpito era la personalità molto forte, per niente aduso a frasi di circostanza, anzi, condiva i propri discorsi di un numero incredibile di parolacce. La cosa era sorprendente per un corridore così giovane, ma pensavo fosse più una cosa dovuta al fatto che parlava in inglese, e mi dicevo che probabilmente nella propria lingua madre, il danese, sarebbe stato più contenuto.
Una recente intervista al sito belga In der Leidestrui conferma invece che le cose sembrano essere rimaste uguali sul fronte del linguaggio, infatti anche l’intervistatore belga non può non notare come una sua intervista sarebbe pesantemente censurata in un paese come gli USA, per l’abbondanza di Fuck e Shit pronunciati dal danese.
Alcuni pensieri di Pedersen sono interessanti e danno una prospettiva sul mondo dei professionisti, facendo capire come non sia un ambiente cosi granitico come vorrebbe una certa narrazione.
Ad esempio sul cosa abbia fatto una volta chiusa la stagione 2023, a cui Pedersen risponde ridendo: “Ho mangiato un sacco di merda e non sono andato in bicicletta: hamburger, patatine fritte, pizza… Tutto. Tutte le cose che gli altri mangiano occasionalmente…magari ne ho mangiata un po’ troppo durante questo periodo, ma dopo non sarà più possibile per molto tempo“.
Non saranno le (presunte) sbronze continue di Geraint Thomas, ma tant’è.
Pedersen spiega come durante questo ultimo periodo sia stato a casa, con la moglie Lisette, in Svizzera, preferendo rilassarsi e non viaggiando in mete esotiche, dato che per 200 giorni all’anno è già sempre in giro con la valigia. Ad ottobre ha fatto un rapido stage di Team Building con la squadra, mentre ora sta lentamente riprendendo la routine di allenamenti in vista dalla stagione che partirà a gennaio (il suo debutto stagionale sarà il 31/01 all’ Étoile du Bessège).
Mads pare sia anche contento dell’arrivo di grossi nuovi nomi nella squadra, come Tao Geoghegan Hart, Jonathan Milan, Andrea Bagioli e Tim Declercq, in particolare per il fatto che questo consentirà di diversificare i corridori tra le corse, senza che uno “debba correrle tutte”.
Il suo resta un calendario molto denso in ogni caso, con varie corse francesi a inizio anno, Sanremo, poi ovviamente tutte le classiche fiamminghe, Dauphiné, Tour, Vuelta e olimpiadi. Sulla sua preparazione è, come sempre, molto realista: “Credo di aver fatto tutto quello che potevo fare finora. Non è che ogni anno si possa fare qualcosa in più, io sto già facendo il massimo. Continuerò a farlo, con allenatori e nutrizionisti che cercano nuovi modi per essere forse un po’ più leggeri. Tutto fa parte della preparazione e siamo pienamente impegnati in questo senso. Non posso proprio dirti cosa devo cambiare esattamente per ottenere quegli ultimi punti percentuali per essere a livello dei Big Boys. Hanno solo più talento, ma non sono imbattibili“. Riferendosi ai “Big Boys” ovviamente si riferisce a Pogačar, van Aert e van der Poel, ovvero quei corridori che lo hanno relegato ai piedi del podio ai mondiali di Glasgow, o alla Roubaix o sul gradino più baso al Fiandre, insomma, i corridori che gli negano la vittoria in una classica monumento.
Quei pochi “punti percentuali” che lo separano dai Big Boys ovviamente si cerca di trovarli dove si può, e la Lidl-Trek non fa eccezione, cercando di investire maggiori risorse copiando le squadre vincenti: “Ho lo stesso allenatore, con la stessa filosofia. Ciò che cambia sono solo dettagli. A parte questo la squadra è molto più grande. La squadra guarda alle altre squadre che stanno facendo bene, noi cerchiamo di copiare quanto di buono fa la Jumbo-Visma. Ma facciamo anche quello che possiamo, con il pieno supporto della squadra. Forse i coach nutrizionisti extra non mi aiutano necessariamente, ma aiutano gli altri nella squadra. Ma forse aiuterà anche me, è sicuramente la prima volta che mi rivolgo ad un nutrizionista. Ci proveremo, forse trarrò qualche profitto, forse no.”
E già questo da una luce diversa sull’idea dell’ambiente pro, ma come dice Mads, forse poi questo si concretizza in dei risultati, forse no.
“Ho bisogno di persone mi dicano cosa fare, non lo posso capire da solo. So in cosa sono bravo, ma so che il mio nutrizionista o allenatore sanno cosa fare meglio di me. Questo vale anche per l’alimentazione: non ho idea di cosa funzioni e cosa no. Mi dicono quanto posso mangiare, come l’app Foodcoach di Jumbo-Visma. Anche se noi non abbiamo un’app. A volte è difficile rinunciare a una fetta di torta, ma dobbiamo farlo. Anche se la sera dopo la Parigi-Roubaix mi godrò patatine fritte e gelato. Dopo la Roubaix avrò tempo per raggiungere i miei prossimi obiettivi“.
Se Pedersen è aperto ai cambiamenti in termini di nutrizione ed ai consigli degli esperti per quanto riguarda la preparazione non ci sente invece per niente dal lato degli stages in altura:
“Li odio fottutamente. No, non li farò, anche se lo dice il mio allenatore. Magari posso guadagnare il 2 o 3% facendoli? Non me ne frega un cazzo. L’ho provato una volta, da qualche parte in Francia, ed è stata la peggiore esperienza di sempre.”
“Non voglio sedermi sulla cima di una montagna per tre settimane e non vedere la mia famiglia, per poi fare subito le gare, il che significa che non la vedrai per altre quattro settimane. Sono due mesi in totale, sono troppo per un uomo di famiglia come me per sacrificare tutto. Portare la famiglia con me non è un’opzione. Lavori in bici dodici ore al giorno lì, non è cosa per loro. È meglio stare a casa, dove hanno una vita. Preferisco completare i miei ritiri a Maiorca, al sole, ma non in cima a una montagna“.
100% Mads.
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