E’ innegabile che il ciclismo, soprattutto in Italia, sia uno sport popolare anche e soprattutto nella popolazione adulta. Questo per motivazioni culturali e ancor più spesso perché l’avvicinamento agli sport aerobici avviene sempre più in età non più giovanile; questo è anche un processo sociale oltre che culturale. Questa distribuzione “demografica” è dissimile in altri paesi e contesti per esempio negli USA (esperienza personale recente) dove vi è una forte spinta su discipline e attività collaterali, per esempio con il ciclocross, ma questo potrebbe essere tema di un altro articolo.
Spesso atleti “sopra” i 40 anni si avvicinino a questo sport pensando di essere in svantaggio rispetto ad atleti anagraficamente più giovani. La fisiologia e la scienza applicata allo sport riporta -e ha riportato- più volte in maniera oggettiva come vi sia un declino MEDIO delle proprie capacità aerobiche massimali (VO2max, vedi precedente articolo) dopo i 30 anni quantificabile in un decremento del 10% per ogni decennio: questo minor picco massimale si ripercuote, potenzialmente, sulla percentuale di effettivo utilizzo di questa quota per tempi protratti, per esempio su una salita di 20’ ed oltre e naturalmente sui valori di picco di potenza su brevi tratti massimali di 3-8’.
Sempre le ricerche e gli studi indicano che come conseguenza dell’invecchiamento vi sia un declino nella massa muscolare. L’interazione tra i due fattori -anche se è da indagare come effettivamente la perdita di Vo2max sia causa o conseguenza del processo di fisiologiaca sarcopenia- e la loro correlazione comporta inevitabilmente un declino nelle proprie performance.
Sulla base di queste premesse come è possibile spiegare la possibilità in atleti over 40 di esprimersi ancora ad alto livello, anche in competizione e comparazione con atleti con la metà (o quasi) dei loro anni? Come poter compensare gli effetti, inevitabili, dovuti all’insorgere degli anni?
Innanzitutto va messa in prospettiva la letteratura scientifica che spesso arriva a calcoli e previsioni su un gruppo di studio rappresentato da soggetti moderatamente allenati, un confronto tra differenti categorie ha portato infatti ad interessanti riscontri: i processi di invecchiamento sono inevitabili, ma uno stile di vita attivo e l’attività motoria aerobica (e non solo, vedi seguito) continuativa sono tutti stimoli che possono dimezzare questi andamenti portando ad una riduzione del proprio valore di VO2max ad un moderato declino del 5% ogni 10 anni.
In secondo luogo è necessario massimizzare il proprio “bagaglio condizionale”, ossia il proprio livello raggiunto e potenziale. Questo cosa significa? Che anche se i livelli massimali sono in inesorabile e, più o meno, lento declino vi è sempre un margine di lavoro e miglioramento, soprattutto per gli atleti che hanno iniziato l’attività in più tarda età. Un atleta sportivamente più maturo potrà invece cercare di gestire questa flessione fisiologica cercando di limitare le perdite nelle proprie capacità aerobiche. In entrambe i casi due sono i principi su cui basarsi: mantenere, e in molti soggetti è necessario anche incrementare, la qualità del carico allenante, ossia, aumentare la quota di lavoro ad alta intensità e/o densità (es. riduzione recuperi intra allenamento) ma nel contempo apportare una maggior polarizzazione al carico, ossia, fornire maggior tempo di recupero tra i lavori e carichi specificatamente allenanti. Questo perché con l’età e come conseguenza dei processi sopra descritti vi è anche una maggior latenza nelle capacità di recupero. Questo paradigma, con piccole e opportune modifiche sempre soggettive, è valido sia per l’atleta relativamente novizio over 40 che per l’atleta che si allena da anni ed ha quindi consolidato nel tempo una buona base aerobica ed endurance sia generale che specifica. E’ prioritario quindi, anche e soprattutto con l’avanzare degli anni, cercare di stimolare le capacità aerobiche massimali e submassimali con l’obiettivo di mantenere o addirittura incrementare tali parametri, per esempio quantificabili con riferimenti quali CP e FTP (ovviamente facendo riferimento a corretti protocolli di identificazione di questi parametri).
Ulteriore elemento da prendere inconsiderazione è la gestione del proprio peso: con il passare degli anni è sempre più difficile perdere massa grassa ma è importante cercare di ridurre questo processo sia per motivazioni salutistiche che per incrementare le proprie performance atletiche.
Un esempio pratico: un soggetto di 75kg deve erogare 3,5W/Kg (= 262W) per scalare una salita, ipotizziamo, per semplificare, di 20’. Se lo stesso soggetto pesasse 5Kg in più (= 80 Kg) dovrebbe erogare ben 280W per poter completare la stessa salita nel medesimo lasso di tempo. Questo rappresenta un delta notevole (+7%) e per tutte le motivazioni sopra espresse probabilmente è più redditizio e fattibile perdere un po’ di peso che incrementare le proprie capacità aerobiche. Ovviamente un obiettivo non esclude l’altro anche se perdere peso e allenare la propria performance richiede necessariamente un approccio diversificato e pianificato onde evitare… di non raggiungere nessuno dei due obiettivi (!).
Per migliorare le proprie performance sopra i 40 anni è necessario capitalizzare su piccoli margini di ottimizzazione come: migliorare il proprio profilo potenza >20’ rendendolo meno pendente (= mantenere per un lasso di tempo più esteso una maggior % relativa a Vo2max) e/o ridurre la propria massa grassa di alcuni punti percentuali.
Come quarto punto identifico anche la necessità ed opportunità di svolgere attività collaterali anche di potenziamento muscolare NON limitata ai soli arti inferiori per compensare la perdita di tono e massa magra nel soggetto adulto. Le forze in gioco nell’attività aerobica massimale e sub-massimale aerobica non sono l’elemento focale per questo suggerimento -considerando che i valori in campo non superano la massa del soggetto- ma hanno lo scopo di mantenere tono e trofismo muscolare oltre a fornire uno stimolo sull’attività osteoblastica (= maggior densità ossea) scarsamente incentivata dall’attività ciclistica ed intaccata dai processi di invecchiamento.
Per ultimo, ma non meno importante fattore, vi è l’esperienza: un atleta maturo e con più anni di attività alle spalle può vantare un bagaglio di esperienze ed errori che possono sicuramente indirizzarlo sul comprendere come il proprio corpo reagisce all’allenamento e a determinati carichi. Questo in ogni caso non preclude l’opportunità di uscire da schemi prefissati e routinari per cercare di diversificare e migliorare proprio livello di fitness e performance ponendosi sempre obiettivi fattibili. “The best training program is the one you haven’t done yet”
Dott. Massa Roberto
BIBLIOGRAFIA
– Decline in VO2max with aging in master athletes and sedentary men.
– A comparison of longitudinal changes in aerobic fitness in older endurance athletes and sedentary men.
– Effects of muscle strength and aerobic training on basal serum levels of IGF-1 and cortisol in elderly women.