Miguel Indurain: “nel ciclismo di oggi conta solo vincere”

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Miguel Induráin, intervistato recentemente a margine di un evento amatoriale, ha commentato un aspetto del ciclismo attuale che non gli piace. Il 5 volte vincitore del Tour de France ritiene infatti che il ciclismo attuale abbia perso parte dell’essenza che questo sport aveva ai suoi tempi, quando i corridori che entravano nella “top 10” in un grande giro erano valutati molto di più. Ovvero i piazzamenti erano qualcosa che era chiaro anche al grande pubblico che fosse molto difficile da raggiungere e per cui si richiedono doti e sacrifici non comuni:  “Prima finire tra i primi 10 in un grande giro era un successo, mentre ora se non sei sul podio o anche se sei solo sul podio, pare conti poco, perché conta solo vincere“.

Induráin ritiene che questo sia una cosa negativa per lo sport, non solo per il ciclismo, ma che sia una mentalità che si è diffusa a tutti gli sport poiché solo chi vince viene considerato, e nient’altro: “Questo non succede solo nel ciclismo, è nello sport in generale , ora conta solo vincere”, ha commentato la leggenda del ciclismo spagnolo.

Il cinque volte campione del Tour de France ha raccontato che ha fatto questa riflessione dopo aver parlato con un ciclista professionista che corre oggi in gruppo, il quale gli ha detto che oggi “soffrono mentalmente” mentre gareggiano. Indurain ha cosi sottolineato che nel ciclismo attuale “si soffre più di testa che di gambe“.

Un attuale corridore professionista che corre da molto tempo mi ha detto che andare in bicicletta oggi è molto stressante e che finiscono per essere più stanchi di testa che nelle gambe, perché devono passare tutto il giorno a dieta, allenarsi, viaggiare… e che devono correre sempre a tutta, cosa che li sfinisce mentalmente, rendendoli molto stressati. Ora il ciclismo è uno sport diverso da quello della mia epoca”, ha commentato Induráin.

Questo aspetto è stato sottolineato da molti professionisti veterani, come Thibaut Pinot ad esempio, il quale ha spesso lamentato l’enorme stress a cui sono sottoposti i ciclisti oggi, per cui un grande giro non è più una grande festa anche per i ciclisti, e non ci sono più momenti di “leggerezza”, ma è tutto stressante, calcolato e pressante.

In tempi recenti vari vincitori del Tour de France hanno confessato di avere avuto momenti di difficoltà psicologica dopo le loro vittorie, andando in alcuni casi anche in depressione, come Bradley Wiggins, Geraint Thomas e Jonas Vingegaard. Questo a causa della vita monacale che richiede la preparazione per un grande giro oggi, e per le grandi pressioni a cui sono sottoposti i ciclisti una volta che hanno vinto, per cui gli enormi sacrifici a cui si sottopongono devono diventare permanenti per continuare a vincere. Dan Martin, ora ritirato, ha ben definito questo aspetto, definendo il ciclismo attuale come “prescrittivo”.

Ma quello che dice Indurain è un aspetto ormai evidente anche nelle discussioni tra gli appassionati: l’unico interesse è per chi vince, i piazzamenti sono tenuti in scarsa o nulla considerazione. Corridori che fanno piazzamenti nella top 10 di un grande giro sono considerati “mezze cartucce”. Questo, oltre che dare una visione distorta della realtà, ha anche degli effetti pratici: oggi le 4-5 superstar che vincono le gare importanti sono molto ben pagate, ma i gregari, in rapporto, molto meno rispetto anni fa. Gregari che non solo sono indispensabili, ma fanno esattamente gli stessi sacrifici dei supercampioni, tra diete, stage e viaggi continui. Il tutto nella più scarsa considerazione.

Commenti

  1. Chi si ricorda il primo Tour di Indurain? dopo la decima tappa è stato fatto ritirare, e tanti fino ad allora erano gestiti in questo modo per poi vincerne di GT. Ora se non fai una top5 prima dei 25 anni torni nelle professional o diventi gregario più o meno pagato.. e se Remco fosse stato gestito come Indurain avrebbe avuto i problemi e i dubbi che si è trascinato fino alla vuelta 2022?
  2. igor_ferro:

    Questa cosa è terrificante. Sentir dire che ha avuto una stagionedeludente uno che ha fato 2° al tour (vincendo la maglia bianca) e 1° al lombardia, 3 valli, Montreal, Giro di Slovenia, Tirreno Adriatico, Strada Bianche e UAE Tour.

    Se si ritirasse solo col 2022 sarebbe un supercampione, diciamoci la verità...

    Restando all'articolo sono d'accordo con Miguelon, ma onestmente non credo ai suoi tempi ci fosse poca pressione. Quando vinse il Giro Berzin lui era dato per finito. Poi la storia gli ha dato ragione...
    Mi piacerebbe sapere chi è che ha definito deludente la stagione 2022 di Pogacar...
  3. bradipus:

    Dipende anche da chi la esprime questa considerazione, e di chi ne è oggetto... tanto per dire, per un Beppe Conti il trentaseiesimo posto di un ciclista italiano al Tour è sempre degno di considerazione.
    Guardando le cose con spirito un po' critico, non credo che il secondo posto alla Vuelta 1975 di Domingo Perurena (davanti a gente come Lasa, Ocana e Kuiper, mica picopalla) gli abbia all'epoca fatto spuntare l'aura del campione, così come i piazzamenti di 'Ciccio' Uran al Giro lo abbano fatto considerare un brocco.
    A me sembra che l'uscita di Indurain sia il solito refrain da 'ai miei tempi era meglio', tipico di noi anziani... non è meglio o peggio, è diverso. Sicuramente girano più quattrini, e questo avvantaggia tutto il movimento, gregari compresi.
    Oggi un buon gregario guadagna ben più di un dirigente d'azienda medio italiano (https://www.ciclonews.biz/quanto-guadagnano-i-ciclisti/), non credo proprio che ai tempi di Miguelon fosse così.
    Ovvio che, a fronte di maggiori guadagni, sia richiesta a chi corre un certo livello di professionalità, che in passato non c'era: ma non c'era nemmeno in chi doveva controllare e gestire corridori e squadre, era fatto tutto 'alla buona', un tanto al chilo. Come in ogni settore, se cresce l'interesse cresce il business, e cresce il livello di professionalità richiesto dal 'sistema' per stare in piedi.
    Oggi, per dire, sarebbe improponibile una gestione di una squadra alla Teofilo Sanson.
    Mah... I titoli come sempre fanno una sintesi ma confondono il contenuto.

    Da come la leggo io la critica di Jndurain è forse rivolta a questo passaggio:
    "In tempi recenti vari vincitori del Tour de France hanno confessato di avere avuto momenti di difficoltà psicologica dopo le loro vittorie, andando in alcuni casi anche in depressione, come Bradley Wiggins, Geraint Thomas e Jonas Vingegaard. Questo a causa della vita monacale che richiede la preparazione per un grande giro oggi, e per le grandi pressioni a cui sono sottoposti i ciclisti una volta che hanno vinto, per cui gli enormi sacrifici a cui si sottopongono devono diventare permanenti per continuare a vincere. Dan Martin, ora ritirato, ha ben definito questo aspetto, definendo il ciclismo attuale come “prescrittivo”

    Che poi oggi nei prof girino piu' soldi nelle tasche dei corridori, che a metà anni 90 credo sia pura fantasia ...

    Forse ne girano di piu' nei negozi di bici....
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