Vincenzo Nibali è una persona pacata, lontana dall’avere toni accessi o concentrare su di se troppe attenzioni, un uomo che tiene spesso uno sguardo senza un obiettivo preciso, ma che d’improvviso può fissare il proprio interlocutore con occhi penetranti e tono fulminante. È in quelle occasioni che si capisce da dove venga probabilmente il suo soprannome: “lo squalo”.
Nibali in passato ha tenuto toni molto concilianti anche di fronte a delusioni cocenti e fatti che sicuramente gli hanno fatto ingoiare rospi belli grossi: la Liegi persa su Iglinsky, la Vuelta persa su Horner, la tracolla assassina che lo ha messo fuori dal Tour l’anno scorso.
In questo Giro invece ha continuato a nuotare a cerchi sempre più stretti attorno a Primoz Roglic. Battute ficcanti contro lo sloveno (l’invitarlo a casa propria a “vedere i propri trofei”), le accuse di non lavorare abbastanza in corsa.
Roglic ha sempre incassato senza colpo ferire, rifiutandosi di farsi mettere pressione e cadere nella trappola della squalo. Ma Nibali recentemente ha rincarato la dose: i commenti sulla “borraccia incollata” di Roglic e la multa che ne è conseguita (come da perfetto regolamento: alla sanzione pecuniaria si aggiunge la penalizzazione di tempo solo se avviene negli ultimi 20km), ma soprattutto le domande retoriche molto poco “sportive” sugli eventuali motorini elettrici ed il cambio di bici di Roglic dopo la caduta nell’ultima tappa, rilanciate dalla stampa italiana a gettare benzina sul fuoco.
Interrogato dall’Equipe Nibali getta il sasso e non ritrae la mano: “Bisognerebbe che si ristabilisse il servizio corse, che l’UCI possa controllare le bici“. Riesce a restare sereno? A non cadere nei sospetti? -Le domande tranello del quotidiano francese- “Non posso che aspettarmi dai miei rivali il massimo della correttezza, della lealtà…” è la risposta il più diplomatica possibile del messinese, ma anche piena di sottintesi.
Roglic ha la sua forza nella cronometro finale di Verona, che secondo alcuni, al momento, lo farebbero essere “leader virtuale”, ma sono giustificate tutte queste pressioni verso lo sloveno quando alla fine solida maglia rosa è un galvanizzato Richard Carapaz? Tra l’altro l’ecuadoriano è molto meglio attrezzato a livello di squadra rispetto a Roglic, che di fatto, orfano di De Plus e Gesink si sta correndo il Giro praticamente da solo…
Forse per capire si deve dare una qualche interpretazione ad un’altra dichiarazione di Nibali: “dopo quell’episodio ho l’impressione che ce l’abbiano con me“. L’episodio è il Giro d’Italia 2016, vinto da Nibali grazie alla caduta di Steven Kruijswijk in maglia rosa sul muro di neve del colle dell’Agnello. In che modo si sia materializzata l’avversione della Visma-Jumbo (ex-Jumbo.Nl all’epoca della caduta di Kruijswijk) a Nibali è difficile saperlo. Ad ogni modo, se cosi è, Nibali non le sta certo mandando a dire.