La discussione va avanti dal giorno uno del Tour de France: Tadej Pogačar è troppo più forte della concorrenza, e quel troppo rima ovviamente con “sospetto”. Lo sloveno “in salita fa il vuoto col 53, a cronometro ha bastonato tutti, compresi gli specialisti, pur senza squadra controlla la corsa senza problemi”, etc. etc.
Dall’altra parte c’è invece chi parla di “Tour di basso livello”, “concorrenti che sono comprimari o poco più”, “Roglic è uscito, Thomas è caduto, Bernal non c’è”, etc. etc.
In effetti le strategie di alcune squadre sono state pesantemente condizionate dalle cadute della prima settimana, con i ritiri in serie di Primoz Roglic, il più accreditato tra gli avversari di Pogačar, la caduta di Robert Gesink, che ha privato la Jumbo-Visma di una pedina importante in salita. La caduta e conseguente lussazione della spalla per Geraint Thomas, che lo ha messo praticamente fuori gioco sia per la classifica che per ogni tipo di strategia di attacco della Ineos. La caduta di Sepp Kuss, che si è ripreso solo negli ultimi giorni, ma che ha lasciato spuntata sempre più la Jumbo, ora privata anche di Kruijswijk, ritirato. Senza contare gli sprinter, che però qui non interessano nell’economia del discorso.
C’è però tutta una serie di corridori che obiettivamente sono molto al di sotto delle aspettative: Richie Porte, brillante al Dauphiné, galleggia a 1h30′ abbondante dalla testa della classifica generale, e non ha mai fatto vedere granché. In salita Michal Kwiatkowski sembra ben più in palla nella Ineos, compreso anche Geoghegan Hart, la maglia rosa 2020, mai minimamente in evidenza. Nairo Quintana sembra l’ombra del corridore che è stato, anche lui a 1h22′ in classifica, ed anche nella lotta per la maglia a pois, che sembra essere il suo obiettivo, non è in grande spolvero, lottando in una serie minore con Poels e Michael Woods. Woods, capitano della Israel, che seppur con impegno non ha fatto poi vedere grandi cose anche in tappe adatte a lui, che non sono mancate in questo Tour. Ancora peggio Dan Martin, l’altro co-capitano della Israel, naufragato a +2h. La Movistar non ha dovuto nemmeno scomodare la tattica: fuori Soler, Lopez e Valverde sono impalpabili. In particolare il colombiano, che non fa molto nemmeno da gregario. Fuglsang della Astana non pervenuto. Mollema ha salvato il Tour della Trek-Segafredo con una bella vittoria di tappa, altrimenti sarebbe stata notte fonda. La Groupama, tolto il disastro del comparto sprinter, non fa molto meglio, con un attesissimo David Gaudu, molto atteso, fuori dalla lotta coi migliori e che ora lotta per entrare nella Top10. Cosa che per ora riesce a Guillaume Martin della Cofidis, ma fuori da ogni speranza ulteriore. Nella Deceuninck–Quick-Step, sicuramente tutta concentrata nel far entrare Mark Cavendish nella storia, Julian Alaphilippe, dopo la vittoria di tappa iniziale non si è praticamente più visto, lasciando ad un solitario Mattia Cattaneo l’incombenza di fare classifica. Il migliore della Bike Exchange, fuori Simon Yates (nullo), è Esteban Chaves a quasi mezz’ora di ritardo in classifica.
Restano, i vari Keldermann, Mas, Lutsenko, Uràn, O’Connor, che però, per quanto mostrato fin qui, non hanno alcuna velleità se non quella di terminare col miglior piazzamento in classifica possibile. O’Connor già ampiamente soddisfatto della vittoria di tappa a Tignes. A parte Lutsenko e Uràn poi, questi non hanno grandi velleità nella cronometro finale. Di questi 5 nessuno è mai stato nemmeno lontanamente in grado anche solo di portare un attacco contro lo sloveno.
Si arriva quindi ai concorrenti diretti di Pogačar: Jonas Vingegaard e Richard Carapaz. Gli unici a tenere il passo in salita dello sloveno in questo finale di Tour, ma ciò dopo aver accumulato 5′ nelle prime due settimane, schiacciati soprattutto nella cronometro. E con una ancora da correre, che in particolare preoccuperà Carapaz. Niente vittorie di tappa però.
Al momento questo Tour, se finisse oggi, sarebbe il 48° per il maggior distacco tra 1° e 2° nella storia. Al 49° posto c’è il Tour del 2000 con i 6’02” inflitti da Armstrong a Ullrich.
Cosa succede quindi?
Alcuni osservatori hanno notato in particolare che il livello di questo Tour è molto più basso delle stesse corse precedenti della stagione. I vari e numerosi “contatori di watt” hanno notato un ribasso prestazionale rispetto le corse di una settimana svolte nel 2021. Con il giro dei paesi baschi che invece detiene il primato di più veloce e con il rapporto W/kg più alto.
La cosa è diventata evidente nella 8^ tappa, con arrivo a Grand Bornand, vinta da Teuns. La tappa nella quale Pogačar ha salutato i suoi concorrenti diretti per andare ad impossessarsi della maglia gialla. I vari esperti sono concordi nell’affermare che la prestazione dello sloveno nell’ultima salita sia stata attorno ai 6,3-6,5W/Kg. Mentre i suoi avversari abbiano prodotto attorno ai 6W/kg. È vero che la tappa è stata resa dura dal freddo e dalla pioggia, che Pogačar rende bene in queste condizioni, ma lo scenario si sta ripetendo in tutto il Tour: la gran parte dei corridori di classifica starebbe performando nelle salite a meno di 6W/Kg. 5,8-5,9W/Kg più precisamente. Molto al di sotto di quanto visto non solo nei Tour del passato, ma anche delle stesse corse di una settimana di questa stagione.
Nel complesso si parlerebbe di un 3-4% in meno del Tour 2020 ad esempio, come W/Kg massimi.
Ovviamente a questi discorsi va fatta la tara, essendo i soliti dati estrapolati perlopiù dal divano, ma anche le VAM sembrano coerenti con queste osservazioni, e soprattutto c’è una voce più autorevole che le conferma, quella dell’allenatore di Pogačar, il Dottor Iñigo San Millàn, professore associato all’università del Colorado, il quale segue la preparazione del talento sloveno come suo medico personale.
San Millàn, che i dati dei watt del suo assistito si presume li conosca nel dettaglio, non usa mezzi termini: Pogačar non ha mai raggiunto i numeri dell’anno passato in questo Tour. In parole povere, quelli che dicono che il fenomeno sloveno “sta andando a spasso” avrebbero ragione. Ed il motivo per il medico spagnolo è semplicemente perché non è stato necessario fare di più. Pogačar non sarebbe stato messo alla prova dai suoi avversari, e si sarebbe limitato ad andare a tutta per brevi lassi di tempo, per poi andare “a soglia o poco più “.
E San Millàn ha anche un confronto diretto in pratica, visto che conosce i dati di alcuni compagni di Pogačar, come ad esempio Davide Formolo, anche lui “molto sotto il suo massimo”. Cita ad esempio sempre l’8^ tappa, dove nella salita al Col de la Colombière Formolo era rimasto nel gruppo di inseguitori di Pogačar, che per San Millàn sono andati “molto, molto piano”, citando per Formolo 5,79W/Kg. Una prestazione “con cui non vai da nessuna parte”, considerando che “a corse come Tirreno, Paesi baschi, Paris-Nice e Catalunya i wattaggi erano superiori ai 6W/Kg, fino a 6,5W/Kg.”
San Millàn cita la tappa con arrivo a Tignes la sua più grande sorpresa, con Pogačar che avrebbe attaccato “poco oltre la propria soglia” per poi rallentare per risparmiarsi visto che tanto nessuno lo andava ad insidiare.
Insomma, San Millàn conferma che non è Pogačar ad essere un alieno, ma che sono gli altri ad andare più piano del solito.
L’osservazione stride con quello che alcuni corridori hanno esplicitamente dichiarato, ovvero che il ritmo di questo Tour è stato altissimo in ogni tappa, in particolare nelle prime, corse come delle classiche. Cosa confermata anche da altri.
E questo coincide con quanto detto da San Millàn, che cita la stanchezza per i ritmi elevati della prima settimana come una delle possibili cause per un livello più basso nelle salite da parte degli uomini di classifica. Ma contraddice il discorso sulla prima settimana corsa più piano rispetto le corse a tappe di una settimana di questa stagione. Forse queste sono state affrontate più con calma nelle parti iniziali? Difficile dirlo. Bisognerebbe non solo analizzare le medie, ma le medie nell’andamento delle tappe.
Forse una causa è il maltempo che ha flagellato la prima settimana abbondante di Tour? Le cadute che hanno messo fuori gioco alcuni corridori di riferimento e condizionato le strategie delle squadre più accreditate? Tutto può essere. San Millàn cita anche la preparazione delle squadre. A suo parere alcune squadre fanno troppi ritiri in altura, e non prendono in considerazione vari fattori, tra cui l’alimentazione, che in altura dovrebbe essere “totalmente diversa”. Cita esplicitamente la Ineos, che l’anno scorso avrebbe “combinato un casino”. Un’accusa forte, verso una squadra che di Tour ne ha vinti 7 negli ultimi 10 anni…
Chiaramente si può pensare che San Millàn con questo discorso voglia sviare i sospetti dal proprio cliente, ribaltando la prospettiva per cui non è lui ad essere più forte, ma gli altri che sono più scarsi, ed allontanando così gli spettri del doping. San Millàn poi ha dichiarato esplicitamente che lui ha come unico interesse la propria carriera accademica e che anche solo un minimo sospetto di doping di un suo cliente lo farebbe allontanare immediatamente, non volendo pregiudicare la propria rispettabilità. Nel corso degli anni San Millàn non è mai stato toccato da alcuna inchiesta o voce riguardo pratiche scorrette, nonostante abbia, per sua stessa ammissione, collaborato con corridori di ONCE, Festina, Saunier-Duval e Garmin. Con le prime tre che non sono propriamente di specchiata onorabilità, ma tant’è.
Lo stesso San Millàn ammette che c’è poco da fare, che le analisi delle prestazioni sono sempre opinabili, che anche i file delle prestazioni sono sempre sotto accusa di essere stati manipolati, che i powermeter siano truccati, etc…e che alla fine il ciclismo continua a soffrire di quanto fatto negli anni del doping selvaggio, un periodo in cui “i giovani corridori di oggi non erano nemmeno nati”.
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