Tempo di raccogliere un po’ di pensieri e voti sul Giro d’Italia appena trascorso. Un Giro fortemente condizionato da due eventi soprattutto: il ritiro di Remco Evenepoel causa covid, ed il disegno del percorso, con una terza settimana che se da un lato si è dimostrata molto avvincente garantendo un finale serrato, dall’altra ha consigliato grande prudenza da parte dei big nell’affrontare la prima settimana e mezza, scontentando il pubblico per la “noia”.
Un Giro che ha visto sugli scudi, in controtendenza rispetto ai tempi recenti, gli ultratrentenni, a cominciare da:
Primoz Roglic, voto 9: a 33 anni il campione sloveno ha conquistato il suo primo Giro d’Italia, il 4° grande giro in carriera. Una carriera in cui sicuramente manca il Tour de France, perso in modo traumatico nel 2020, ma anche una carriera che lo pone tra i grandi di questo sport. In questo Giro d’Italia Roglic ha corso bene, ottimamente supportato da un super Sepp Kuss, in cui ha fatto praticamente nessun errore, se non una piccolissima flessione dopo il secondo giorno di riposo. Segno che quando Primoz non cade (cosa che gli è sempre successa tanto e volentieri) è uomo pericolosissimo sempre. Un Giro corso molto bene che poteva trasformarsi ancora in un altro incubo come al Tour per il guasto meccanico, caduta catena, occorso nella cronometro del Monte Lussari. Questa volta però invece di andargli contro violentemente il destino gli ha riservato un aiuto, nella persona di Mitja Meznar, ex compagno di camera di Roglic quando il quartetto sloveno vinse i mondiali di salto con gli sci juniores a Tarvisio nel 2007, il quale lo ha spinto con veemenza assieme al meccanico della Jumbo dopo il cambio bici. Da li in poi Roglic ha fatto tutto al meglio demolendo la concorrenza, e Thomas in particolare, per coronare il proprio sogno rosa.
Geraint Thomas, voto 8 1/5. Il gallese, che ha soffiato le 37 candeline proprio durante la corsa rosa, ha corso un gran Giro. Ha fatto quello che doveva fare, non correndo per niente in difensiva, in particolare contrattaccando su Roglic nella tappa di Monte Bondone e creandosi un po’ di vantaggio, rispondendo all’attacco dello sloveno in val di Zoldo guadagnando tempo su Almeida, perdendo solo 3″ nella tappa delle tre cime di Lavaredo su un Roglic al meglio. Thomas è stato ben supportato dalla propria squadra, ma nei fatti questa non si è mai dimostrata capace di mosse tattiche che potessero impensierire gli avversari, né ha potuto contare su un gregario capace di fare da esca, come avrebbe potuto fare Geoghegan Hart, sfortunato nel doversi ritirare. Alla fine sono state solo le durissime rampe del Lussari a piegarlo. Lui stesso si è detto “devastato” dopo la tappa, ma nei fatti ha dimostrato, a 37 anni, di essere ancora competitivo tra i migliori al mondo. Perdere un Giro d’Italia per 14″ (il secondo minore nella storia) non deve essere facile da digerire, ma come lui stesso ha detto “meglio per 14 che per 4”. Thomas per l’ennesima volta ha dimostrato di essere un corridore solidissimo, che in carriera avrebbe potuto ottenere moltissmo di più per pochissimo di più.
Joao Almeida, voto 7. Il portoghese, famoso per essere uno che non fa dell’attacco la propria cifra, si è mosso bene, attendista si, ma non con anche il coraggio di attaccare e quindi vincere, sul Monte Bondone. A quel punto del Giro aveva incamerato una tappa e si trovava 2° a soli 18″ da Thomas in classifica generale. La vittoria però pare gli sia costata cara ed essergli rimasta sulle gambe. Due giorni dopo era scivolato al 3° posto a 39″ in val di Zoldo. Quindi ha perso altri 20″ sulle tre cime di Lavaredo restando a 59″ da Roglic. Colpo di grazia sul Lussari dove ha perso 2″ da Thomas, ma è finto a 1’15” da Roglic. Nel complesso una prestazione maiuscola per il portoghese, che ricordiamolo, ha solo 24 anni, e centra il proprio risultato più prestigioso. Un percorso non facile per uno come lui, ma ha dimostrato di poter stare coi due migliori fino all’ultimo per una manciata di secondi. Su un percorso un po’ più adatto alle sue caratteristiche e senza le rampe di un Lussari magari non avrebbe vinto, ma sarebbe stato ancora più a contatto. In ogni caso può maturare e crescere ancora, già quest’anno lo ha fatto tanto, ed una vittoria al Giro d’Italia prima o poi se la dovrebbe meritare.
Derek Gee, voto 9. C’è chi ama solo i vincenti (o quello che rappresentano), e chi guarda anche ai piazzamenti per valutare un corridore. Il canadese della Israel in questo Giro viene riassunto proprio da questi: 4 volte 2° di tappa, 2° nella classifica a punti, 2° nella classifica della montagna, 2° nella classifica dei punti agli intermedi, ma soprattutto chiaro vincitore del premio di super combattivo di questo Giro non solo per l’organizzazione, ma anche nel cuore di tutti gli appassionati che hanno fatto il tifo per lui tappa dopo tappa. Corridori come questo canadese sono l’essenza dello sport.
Remco Evenepoel, voto 9. Il voto sembrerà esagerato a chiunque voglia trovare un motivo per denigrarlo, ed il carro è bello capiente da quando si è ritirato per covid: dalla scemenza regina del “sapeva che avrebbe perso”, fino ai rimbrottini-allisciamenti a Rcs per la “maleducazione” per non aver annunciato meglio il ritiro, che magari avrebbe dovuto fare con un balletto vestito di rosa con pizza e mandolino su tiktok per “onorare” cosi la corsa …. stando piuttosto ai fatti: Remco ha disintegrato la concorrenza nella prima cronometro e vinto, col covid, la seconda cronometro, ritirandosi con 45″ di vantaggio sul secondo in classifica (Thomas). Ovviamente niente garantisce che avrebbe vinto ancora tappe e tantomeno la classifica generale (per banale principio di realtà), ma ancora di meno è garantito che sarebbe uscito dalla lotta per la maglia rosa per misteriosi motivi. Evenepoel era venuto al Giro come favorito per la vittoria finale e nelle prime 9 tappe aveva dimostrato di poterlo fare vincendo due tappe. “Onorando la corsa” nel modo migliore per qualunque corridore con le sue capacità. Meno onorevoli le illazioni, i provincialismi e persino gli insulti uditi attorno al ritiro.
Jonathan Milan, voto 8. Una tappa vinta e la maglia ciclamino (simbolo del primato punti che ha vestito dalla 2^ alla 21^ tappa ) dovrebbe bastare a definire il grande Giro corso dall’italiano, ma non basta. L’imponente corridore italiano si è imposto all’attenzione di tutti grazie a delle prestazioni che sono andate oltre i meri risultati: 4 secondi posti in altrettante tappe, e quasi tutti arrivati con rimonte impossibili in cui ha risalito il gruppo degli sprinter per centinaia di metri. Con posizionamenti migliori ad inizio voltata ed un accordo migliore col proprio ultimo uomo avrebbe fatto incetta di tappe. Ora speriamo che gli resti questa condizione con l’aggiunta della consapevolezza di poter essere uno dei migliori sprinter, ed i risultati dovrebbero fioccare.
Anders Leknessund, voto 9. Il norvegese, asoli 24 anni, ha vestito la maglia rosa per 5 giorni, ma sopratutto arrivando 8° in classica generale. Questo risultato non sarà scenografico come vestire il simbolo del primato, ma è di grande sostanza, se si considera che è arrivato davanti un talento come Lennard Kämna e dietro di solo 1″ all’eccellente Eddie Dunbar della Jayco. Anche lui come Almeida maturando potrà essere protagonista nel futuro, oltretutto essendo un prodotto di una scuola all’avanguardia, quella della Uno-X, in termini di allenamento e accademia di giovani.
Mark Cavendish, voto 10. Eh si. Il 10 pieno lo diamo a lui, che a 38 anni è diventato il più anziano vincitore di tappa della storia del Giro d’Italia. Una vittoria ottenuta all’ultima tappa di un Giro durissimo, a cui il britannico è arrivato caparbiamente sorbendosi una montagna di dislivello e maltempo. Un monumento alla caparbietà e professionalità.
Senza treno nessun velocista combina un cazzo