Tadej Pogačar conquista il pubblico per la sua pacatezza e la sua umiltà, ma conquista anche vittorie a ritmi frenetici. Dato come uno dei favoriti prima del giro delle Fiandre di ieri, ha poi fatto una corsa che rimarrà negli annali, non solo per la vittoria in sé, ma per la condotta della gara, praticamente perfetta sia come tempi e strategia generale, che per la gamba stratosferica su cui si basa il tutto.
Pogačar è spesso paragonato a Merckx, ma nella realtà non sono poi molti quelli che possono fare un confronto “a memoria visiva”, e giustamente lo ha anche osservato Pierre Rolland, ex corridore ed ora voce in telecronaca: “Sono troppo giovane per aver conosciuto Merckx, ma in tutta la mia vita ciclistica è il più forte che abbia mai visto“, riferendosi al talento sloveno.
La strategia della UAE, la squadra di Pogačar, è stata molto ben pensata. Lo sloveno non ha aspettato come l’anno scorso il ripido, ma troppo corto Paterberg, per attaccare, ma ha assestato attacchi micidiali su ogni passaggio sul Kwaremont, ben più lungo. Al secondo passaggio la UAE è uscita allo scoperto poche centinaia di metri prima dell’inizio del pavé con uno sforzo brutale di Mikkel Berg, a cui ne è seguito un altro a lingua di fuori di Nelson Olivieria (questi due corridori non erano presenti alla Ronde del 2022 e sono stati quindi un ottimo rinforzo) i quali hanno messo in riga la concorrenza e preparato il primo decollo di Pogi, il quale ha scollinato con 15” di vantaggio.
Il favorito n°1 della corsa e grande rivale dello sloveno Van der Poel ha raggiunto Pogacar e i due hanno corso insieme nel terzo e ultimo passaggio del vecchio Kwaremont a 18 km dall’arrivo, in un gruppo di una decina di corridori, tra cui alcuni ex fuggitivi. Tra questi c’era Matteo Trentin, compagno di squadra di lusso di Pogacar e capitano su strada della UAE , mentre MvdP era da solo. È stato l’italiano a guidare il gruppo sull’ultima curva prima di attaccare il pavé. Un altro dettaglio favorevole per “Pogi”, che ha fatto la sua seconda e decisiva mossa pochi metri prima del pavé. A quel punto ultima sparata a razzo con la quale Pogačar ha definitivamente staccato MvdP, il quale solitamente ha scatti brutali in salita, ma non a gambe stanche.
Da lì all’arrivo Pogačar ha prima gestito il Paterberg, fatto a suo stesso dire a gambe finite, e poi con una piccola cronometro di 15km nella pianura finale. MvdP ha dichiarato di aver fatto la sua miglior prestazione in watt dal Paterberg al traguardo, ma non è bastato. L’olandese ha fatto una prova maiuscola, rimasto pure subito isolato grazie alla fuga iniziale, perdendo Dillier e Kragh Andersen, ma rimanendo attaccato a Pogačar e van Aert, e riuscendo poi a sbarazzarsi pure di quest’ultimo sul Kruisberg, ma alla fine non potendo niente contro l’attacco decisivo di Pogačar sul Kwaremont. Difficile rimproverarsi qualcosa per MvdP. Ha fatto tutto quello che doveva fare, ma ha semplicemente trovato uno più forte sulla sua strada ieri.
Doccia fredda per Wout van Aert e la Jumbo-Visma invece. Il belga correva in casa, nella corsa a cui tiene di più, quella che “vorrebbe assolutamente vincere in carriera”, con la squadra sulla carta più forte, ma ieri lo ha trovato con la miccia bagnata nell’attacco di MvdP sul Kruisberg. L’analisi l’ha fatta lo stesso Wout: “La gara è andata bene fino a quel momento, Nathan (Van Hooydonck -ndr-) era in un gruppo pericoloso e non dovevamo stare dietro. Ma quando Pogacar e Van der Poel hanno preso il sopravvento, era troppo veloce per me. Questo mi ha sorpreso, soprattutto la bomba di Mathieu sul Kruisberg. Sapevo che era finita. Mi dispiace per la squadra, perché tutti avevano lavorato duramente“.
Proprio grazie a van Hooydonk il belga è riuscito a rientrare nel gruppo dei primi inseguitori, per poi rimanere corto di pochissimo nello sprint per il 3° posto contro Pedersen. Un terzo posto che non avrebbe addolcito la pillola in ogni caso. Van Aert subisce quindi un ennesimo colpo, più che altro psicologico, ma come sempre ha dimostrato saprà riprendersi, e di solito lo fa pure bene, come visto alla E3. Vedremo il prossimo weekend alla Roubaix, che probabilmente resta la corsa a lui più congeniale.
Si diceva del 3° posto di Mads Pedersen. Ammesso che di più non poteva fare, quello che poteva lo ha fatto alla perfezione, dimostrando di essere un gran corridore e sempre uno dei più sottovalutati. Ha fatto la corsa prima in fuga, poi praticamente tirando i suoi 7 compagni di fuga per mezza gara, fino al momento in cui ha deciso di salutarli e provarci da solo. Sul Kwaremont però lui stesso ha descritto la scena quando Pogacar lo ha raggiunto e superato: “mi ha superato a velocità doppia…non ho nemmeno provato a seguirlo, ho pensato “ciao, goditi la corsa“. Pedersen però è rimasto lucido, non ha nemmeno resistito a MvdP , anche lui con un altro passo, ma è rimasto col gruppo degli inseguitori, per poi prendersi un meritato podio con una bella volata lunga con cui ha anticipato e battuto van Aert. Ora ha un 2° ed un 3° posto in carriera al Fiandre, ed un palmares complessivo che comincia ad essere difficile da ignorare.
Il Fiandre di ieri è stata gara nervosa, con un sacco di cadute, tra cui quella sicuramente evitabile causata da Filip Maciejuk e che è costata la gara a Biniam Girmay (trauma cranico) e Tim Wellens (frattura clavicola). Il fattore Pogačar (ma “3 tenori” in generale) ha comunque condizionato la gara, con attacchi da lontanissimo, in particolare col gruppo che ha fatto in testa 3/4 di gara: Stefan Küng, Neilson Powless, Kasper Asgreen, Fred Wright, Matteo Jorgenson, tutti eccellenti corridori che sono sempre tra i piazzati nelle ultime gare e mostrano grande costanza. Dato per scontato che qualcosa bisogna inventarsi per contrastare lo strapotere delle 3 star (e dei loro squadroni, in particolare UAE e Jumbo) hanno animato la gara, magari in modo più “umano”, ma alla fine con queste azioni possono anche trovare il jolly, soprattutto perché alcuni poi in volata non sono per niente perdenti assicurati contro i magnifici 3.
E questo a tutto beneficio dello spettacolo, tanto caro agli spettatori, ma che poi non può riassumersi sempre in assoli di 3 corridori.
Nel frattempo Pogačar sembra toccato dalla grazia, non solo per le prestazioni, ma proprio per quella combinazione di fattori che rendono una carriera leggendaria, compreso le cadute evitate: ieri di un soffio sulla maldestra manovra di Maciejuk, con Wellens che gli stava a fianco, ma finito però fuori dalla corsa. Come sempre per qualcuno “fortuna” per altri “abilità”. In generale però queste cose sono proprio quelle che spesso fanno la differenza nella carriera di un ciclista vincente e no.
Si potrebbe chiudere con uno dei tanti peana sulla generazione d’oro, i talenti epocali, etc.. che riempiono il web oggi, ma invece va anche ricordata la realtà per intero, con una parte di mondo che nelle superprestazioni di Pogačar (ri)vede il modo di correre dei magnifici anni ’90, con attacchi mostruosi a ripetizione e pavé sorvolato a Mach2 anche da corridori da salita come lo sloveno (Moreno Argentin l’ultimo corridore <70kg a vincere un Fiandre, nel ’90), il tutto nell’edizione con la velocità media più elevata della corsa fiamminga (44 km/h e rotti). Ed è ero che tanto “spettacolo” nel ciclismo ha sempre fatto rima con tanti problemi sul lungo periodo.
Detto questo Pogačar nel frattempo aggiorna i libri di storia, essendo il 3° corridore a vincere Tour de France e Fiandre, un’accoppiata cosí difficile da essere riuscita solo all’inevitabile Eddie Merckx ed a Louison Bobet prima di lui (ma il belga ed il bretone lo hanno fatto a 30 anni suonati). È inoltre il 7° corridore nella storia a vincere il Giro delle Fiandre, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro di Lombardia (assieme a Roger de Vlaeminck, Rik van Looy, Eddy Merckx, Moreno Argentin, Michele Bartoli e Philippe Gilbert.). Con 4 monumenti, è già a 24 anni uno dei 6 corridori che hanno vinto più monumenti nel XXI secolo, dietro Tom Boonen (7 monumenti), Fabian Cancellara (7), Philippe Gilbert (5), Paolo Bettini (5) ed a pari merito con Alejandro Valverde (4). È il corridore in attività che ha vinto più classiche monumento, davanti a Mathieu van der Poel.
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