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Negli ultimi anni si è vista anche nel ciclismo la diffusione dei mailorder. Prima visti con diffidenza, ora sono diventati realtà ed alcuni marchi che vendono solo online hanno forzato altri ad adottare la stessa strategia, anche solo parzialmente, segnando una tendenza.
Non vogliamo ovviamente entrare nel merito dei pregi o difetti della vendita online, ma fare una considerazione sul modello del prezzo fisso imposto dalla vendita online, al netto di offerte speciali e Black Fridays vari, contrapposto a quello della contrattazione col dettagliante, la classica ricerca dello sconto.
L’idea alla base dello sconto spesso fonda le proprie basi sulla strutturazione del listino. È noto che ci siano aziende con prezzi di listino che non corrispondono poi al prezzo su strada, consentendo “sconti” consistenti da parte dei rivenditori. Ma è un modello ancora valido?
È anche noto come l’idea o meno di contrattare col negoziante dipenda da fattori culturali. In alcuni paesi l’idea dello sconto non è nemmeno presa in considerazione. Ma ormai il mercato è globale e molto competitivo. È una strategia ancora valida?
Abbiamo chiesto un parere ad uno dei distributori più importanti in Italia, anche se concentrato maggiormente nel settore MTB, Davide Bonandrini, titolare di DSB srl.
“Ci sono due aspetti importanti da considerare e capire, il primo è un fenomeno prettamente italiano: oltre il 50% delle biciclette di media-alta gamma, non consideriamo le cose da supermercatoni, sono vendute col sistema Trading, ovvero al momento dell’acquisto di una bici nuova dai dentro la bici usata. Questo è un sistema che chiude la porta ai canali internet, mail order, etc.. Ci sono oggi i mercatini, Ebay, etc..ma sono mezzi utilizzati da appassionati particolari. Io faccio un’indagine di mercato ogni anno presso i rivenditori, ed il 50% di Trading è un fatto. In questo sistema la trattativa fa parte del processo di vendita.
L’altro aspetto è quello della marginalità data dai listini di certe aziende. Marginalità ampia o molto ampia che consente la scontistica relativa ai rivenditori. Quello che sta accadendo oggi è che sempre più rivenditori chiedono più margine per fare più sconti e non per vendere più prodotti. Ma questo porta i clienti a comprare fondamentalmente lo sconto, non il prodotto.
Questo porta vari danni: il primo è che la gente pensa: “Cavolo quanto guadagnano le aziende di bici!“, io parlo per me che ho bilanci pubblici e per i bilanci pubblici che conosco, e mediamente il margine di guadagno annuale si assesta attorno al 2-3% del fatturato, quindi non è tra i più ampi del mercato. Quindi si dà un’idea sbagliata al cliente.
Secondo si da un’altra idea sbagliata, quella del prodotto: nel mondo delle bici si posizionano prodotti a valori che il mercato non ti riconosce. Inutile paragonare prodotti tramite il prezzo se poi per uno c’è mediamente uno sconto del 25%.
Oggi c’è una struttura sotto che è debole economicamente. Si inseguono tutti sullo sconto. E una certa politica sconto è una scelta quasi obbligata dai volumi che certe grosse aziende si prefiggono. Se io azienda ti do una marginalità più bassa, ma non ti obbligo a comprarmi tot bici il tuo rischio di impresa è più basso. Se invece sei obbligato a prenderti 30 bici al mese…le devi far fuori in qualche modo.
Un mail order lavora mediamente su una marginalità del 10%. Un negozio fisico non sta aperto con una marginalità del genere. Come fanno? Grazie ai numeri. I mailorder veramente grandi fanno ordini sulla componentistica con prezzi che non sono quelli del distributore. Comprano dalle Trading Company asiatiche un quantitativo enorme di pezzi. Spesso prodotti destinati al primo montaggio “avanzati”, cioé non montati sulle bici a cui erano destinati. Poi ci sono marchi che invece controllano il proprio mercato in modo più stringente, selezionando anche i mailorder.
C’è da considerare che poi il mailorder non dà un servizio, il negozio sì, o dovrebbe. Ad esempio nell’acquisto di un componente è quasi sempre compreso il montaggio. Se domani hai un problema vai dal negoziante. Il negozio deve offrire un valore aggiunto. Ma oggi i negozianti oggi si sono seduti su questo. È troppo dispersivo, troppo costoso in termini di tempo. Paradossalmente oggi se stai lì a spiegare troppo a lungo un prodotto al cliente questo pensa che lo vuoi fregare…tanti si sentono offesi perché pensano di sapere tutto grazie ad internet. Per me un classico esempio è il cliente che si offende perché non va nei Bike-Park, non va a Finale, etc.. e tu gli proponi la bici da 120mm di escursione invece che la 150mm.
L’unico modo per uscirne è adottare la politica americana del MAP (Minimum Advertised Price, il minimo prezzo a cui un prodotto può essere pubblicizzato/mostrato -ndr-). Serve l’onestà dei listini. Sono molto diretto: non si illuda il cliente, se gli viene proposto uno sconto del 25% lo stanno pigliando per il culo. Parlo di biciclette complete. E serve anche per le aziende nel lungo periodo. Le aziende devono aver maggior controllo su quanto producono. Non produrre l’impossibile e poi scontare tutto a meno della metà dando stock ai mailorder. Anche perché oggi i rivenditori non hanno più la forza economica per comprare la merce scontata. E controllare anche quando producono. Perché il continuare ad accorciare la stagione metti nei guai i negozi. Ormai le preview dei prodotti sono a maggio, i lanci ufficiali a luglio, nel momento in cui il negozio mediamente è nel pieno del suo lavoro. Ed immediatamente il suo magazzino viene toccato nel valore. In piena stagione! Oggi, dal 31 marzo i negozianti comprano solo quello che hanno già venduto, e le aziende si creano da sole il problema del magazzino bloccando le vendite per 3-4 mesi. Io negoziante non vado a comprarmi una bici da 3-4000eu da esporre sapendo che dopo 90gg magari è vecchia.
E pensiamo ad aziende grosse che cambiano davvero il mercato, che presentano il gruppo nuovo a gennaio, per renderlo disponibile a Luglio: questo blocca le vendite di tutte le bici. In particolare nell’alto di gamma, perché il cliente disposto a spendere 10.000eu mai e poi mai si va a comprare qualcosa sapendo che c’è il prodotto nuovo in arrivo. Non si può lavorare per obiettivi a 12 mesi. Non si fa nemmeno il bene del marchio.
Oggi il nostro è un settore che sta comprando più di quello che sta vendendo. L’ANCMA ha dichiarato per lo scorso anno un -10% di pezzi venduti. E’ un settore che si sta trasformando, ma che non si è ancora trasformato. Per me nel futuro ci saranno bravi meccanici, meno unità vendute, negozi di dimensioni più strutturate, con molto personale, molto bravi a vendere, ma con un’officina ed una passione molto bassa. E ci saranno anche sempre meno distributori (incluso DSB sia chiaro).
E voi cosa ne pensate?
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