Princeton Carbonworks ha vinto la causa contro SRAM su un brevetto

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Princeton CarbonWorks è l’azienda che in pochi anni si è fatta rapidamente un nome nel mondo delle ruote grazie all’adozione dei suoi prodotti da parte della Ineos-Grenadiers. In particolare grazie alle ruote con il profilo “a onda”, o “a dente di sega”, che ora equipaggiano anche alcuni modelli Pinarello in primo montaggio.

SRAM aveva fatto causa 2 anni fa a Princeton CarbonWorks in quanto riteneva che quest’ultima avesse infranto il loro brevetto relativo al profilo del cerchio delle ruote utilizzato sui modelli NSW di Zipp, marchio nel portfolio SRAM.

Il brevetto di SRAM era stato depositato dall’inventore, il greco Dmitris Katsanis, che poi lo aveva assegnato all’azienda Metron IP Limited, di cui Katsanis è direttore. La Metron poi lo ha assegnato nel 2020 a SRAM. L’idea alla base del profilo del cerchio è quella della “biomimesi“, per cui il brevetto descrive un cerchio con una “configurazione ondulata” per ridurre la resistenza aerodinamica, soprattutto in presenza di vento laterale. Tra le pubblicazioni citate nei brevetti c’è l’articolo “Hydrodynamic Design of the Humpback Whale Flipper”, pubblicato nel 1995 sul Journal of Morphology, in cui appunto si citano le protuberanze (tubercoli) sulle pinne di alcune specie di balene che gli consentono di muoversi in un fluido con minor resistenza.

Ebbene, una giuria della corte del sud della Florida, negli USA, che trattava il caso, ha giudicato che il brevetto di Princeton CarbonWorks non viola il brevetto di SRAM. La decisione è stata presa dopo aver ascoltato i due esperti di parte, il Dr. Laurens Howle per SRAM e il Dr. Ronald E. Hanson per Princeton.

In questo modo Princeton potrà continuare a produrre e vendere le proprie ruote, senza dover versare danni a SRAM, la quale chiedeva anche la distruzione dell’inventario di Princeton. Questo verdetto probabilmente apre le porte ad un utilizzo anche da parte di terzi del profilo dei cerchi oggetto della contesa.

 

Una piccola curiosità divertente: Katsanis si fece un nome già da studente universitario, quando frequentava ingegneria dei materiali compositi  alla Plymouth University in Inghilterra, costruendo una bici in fibra di carbonio, chiamata Metron, rivestita con pannelli in Kevlar.

Nel 1994 Katsanis ricevette una richiesta da parte di Mario Valentini, tecnico della federciclismo dal 1968, e CT della nazionale italiana paraolimpica dal 1999 (88 mondiali, 108 coppe del mondo e 13 ori il suo palmares da CT). Valentini chiese a Katsanis di creare una bici simile per Gianluca Capitano, atleta della nazionale italiana su pista per i mondiali di Palermo del 1994, con cui Capitano arrivò al 9° posto nella gara del chilometro.

Divertente l’aneddoto relativo alla fabbricazione: Katsanis all’epoca della comanda era ancora uno studente, e si trovava in vacanza a casa ad Atene, e realizzò la bici nel suo appartamento. Creò un’anima in schiuma dura che poi rivesti con fogli di carbonio, usando degli inserti in alluminio per movimento centrale, forcellini e tubo sterzo. La forcella era realizzata in acciaio Columbus Max. Il punto è che per compattare la fibra con la resina epossidica è necessaria un’autoclave ad una temperatura di 70° mentre Katsanis non aveva nemmeno un forno abbastanza grande dove infilare il telaio intero. Per aggirare il problema misurò la temperatura all’interno della sua auto (una A112 Abarth) sotto il sole ateniese estivo, verificando che arrivava a 70°. Cosi lasciò il telaio un giorno intero dentro l’auto sotto il sole. La bici era cotta a puntino (ora è di proprietà di un collezionista italiano).

La bici fu notata anche da altri ovviamente nel fervore tecnologico degli anni ’90, e venne usata anche da Chris Hoy.

Poi questo genere di bici venne bandita dall’UCI nel 2000 per le competizioni, ma Katsanis nel frattempo aveva fondato la propria azienda, la Metron, e divenne consulente per la British Cycling, la federazione britannica, che per non fare riferimenti diretti per la concorrenza gli dette il nomignolo di Secret Squirrels Club, di cui avevamo parlato in un articolo di ben 10 anni fa (…).

Katsanis è poi diventato anche direttore della commissione materiali dell’UCI, con l’incarico di rivedere i regolamenti, anche se per ora senza aver prodotto grandi stravolgimenti.

Nel frattempo la sua azienda, la Metron, è cresciuta, non limitandosi al solo settore ciclo. Specializzandosi in ingegneria additiva (stampa 3D di componenti).

Katsanis continua a fare da consulente per varie aziende. Sua l’idea di dotare la bici del record dell’ora di Ganna dei famosi tubercoli anche sul tubo piantone.

Commenti

  1. Ser pecora:

    Gli esperti di SRAM non sono riusciti a dimostrare che il brevetto copre esattamente quanto rivendicato in un punto preciso:

    1) at least part of the radially inner edge [of the rim] has an undulating configuration and a radial distance that continuously varies between adjacent peaks and troughs of the undulating configuration,
    2) each peak of the undulating configuration having a convex exterior profile in a plane of the wheel.

    Ad esempio non avendo chiarito quale sia il bordo interno (inner edge) del cerchio ed in cosa si differenzi da quello esterno, e la confusione generata dalla descrizione dei "picchi adiacenti" del profilo seghettato, che però corrispondono a dove sono piazzati i raggi ed i nippli, che contrastano con quanto descritto per quella parte, oltre a non variare continuamente (an undulating configuration and a radial distance that continuously varies between adjacent peaks), i quanto i raggi sono distanziati uguali ed il profilo ondulato è quindi simmetrico.
    Abbastanza chiaro, grazie!
    Solo i due punti sembrano vaghi e mi sorge spontaneo chiedermi se non sia troppo vago il linguaggio in generale o se basare il ricorso su soli due punti non sia stato controproducente. Ma non ho certo letto tutto il brevetto e di quel tipo di diritto ne so ancora meno, tantopiù negli Stati Uniti.
  2. Sto tizio è fissato con i tubercoli, anziché gruppo scoiattolo doveva essere gruppo balena!! :mrgreen:
    (per chi non lo sapesse le balene hanno i tubercoli, con la stessa identica funzione)
  3. filixeo:

    Abbastanza chiaro, grazie!
    Solo i due punti sembrano vaghi e mi sorge spontaneo chiedermi se non sia troppo vago il linguaggio in generale o se basare il ricorso su soli due punti non sia stato controproducente. Ma non ho certo letto tutto il brevetto e di quel tipo di diritto ne so ancora meno, tantopiù negli Stati Uniti.
    Non sapevo neanche del contenzioso, ma ad occhio sembra solo l'ennesimo esempio di come si utilizzino oggi molti brevetti. Depositare un brevetto sostanzialmente non vuol dire niente, l'ufficio brevetti difficilmente neghera' ad un'azienda (seria) del proprio paese il deposito, senza contare che SRAM di certo sa come preparare il dossier e dove sia piu' facile farselo accettare. Altra questione e' farsi poi riconoscere dei diritti sulla proprieta' intellettuale.

    A me sembra inverosimile pensare di prendere royalty sul profilo di un cerchio, anzi sembra proprio ridicolo, e lo dice uno che campa con la PI tecnico-scientifica che produce. Allora come mai SRAM avrebbe iniziato questa procedura legale? _ipotizzo_ una successione di eventi, su faccende che non conosco. Quindi quel che scrivo e' frutto della mia immaginazione, e se non corrisponde a realta' in questo caso vi assicuro che va proprio cosi' in molti altri.

    Prima SRAM deposita un brevetto, impensabile che non ci siano stati prima cerchi di profili ondulati, simili, fossero pure le ruote di legno del maniscalco del medioevo, ma tant'e', si deposita proprio per questo. Quindi Princeton, piccolissima societa', se ne esce con una ruota col profilo ondulato. A SRAM non va bene in generale che ci siano concorrenti che fanno ruote di alta gamma, ancor meno se rendono il suo design meno originale. Inizia a mandargli varie lettere 'cease and desist'. Qui per Princeton inizia il dramma. Per una piccola azienda, solo far valutare ad uno studio legale la validita' delle affermazioni delle lettere e' un problema, di soldi ma anche di tempo. C'e' una spada di Damocle che pende sulla testa della societa', mettetevi nei panni della proprieta'. Le ruote vendono bene, si e' abbastanza convinti che le richieste siano infondate, ma gli utili che fate li investite nello stesso business o magari li prendete e mettete in tasca che non si sa mai? O magari avete iniziato da poco quel business, ci state investendo i vostri risparmi ed il prestito di un istituto bancario... continuate a mettere dollari in questo buco nero?
    Di certo avere contro un gigante come SRAM pieno di tanti brevetti, non vi spingera' ad investire. Alla fine i legali avranno rassicurato Princeton, quindi si decide di dire a SRAM marameo, e questi portano tutto in tribunale. La richiesta e' violentissima, neanche delle royalty, il profilo ondulato e' talmente importante nel definire la ruota che i prodotti vanno ritirati ed addirittura distrutto il magazzino. Per me siamo alle comiche, SRAM non ci pensa nemmeno a vincere... ma sa benissimo che e' molto lungo e costoso difendersi da una richiesta del genere, il costo dello studio legale e' proporzionale al valore della causa, e sostanzialmente SRAM chiede il valore massimo che puo', tutto cio' che l'azienda ha. Ci vogliono altri due anni a vedere la fine di questa pagliacciata, e chissa' quanti ne sono passati dalla prima lettera. In questi anni dubito che Princeton si sia lanciata in grandi campagne pubblicitarie, che sia riuscita ad avere finanziamenti esterni, e che proprieta' e dipendenti abbiano dormito sonni tranquilli. Per altro, se la societa' non fosse stata americana (ma avesse commercializzato in america), e' molto probabile che il giudizio sarebbe stato diverso o comunque si sarebbe deliberato tra altri quattro o cinque anni.
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