Nubi fosche si addensano in cielo. Il 2017 è sicuramente un Annus Horribilis per il Team Sky: innanzitutto per il caso delle esenzioni terapeutiche dubbie e della borsa misteriosa del Delfinato che hanno gettato un’ombra sulle vittorie di Bradley Wiggins, ed ora per la bomba ad orologeria del caso Froome, per ora non ancora scoppiata, ma con effetti potenzialmente devastanti come il ritiro del titolo spagnolo ed una conseguente squalifica che ipotecherebbe in negativo la prossima stagione. A questo si aggiunge il danno d’immagine monumentale per una squadra che si è presentata come il modello del rinnovamento e della “tolleranza zero” in materia antidoping. Modello che ovviamente ha messo la Sky nel mirino perché a dichiarazioni impegnative si accompagnano critiche dello stesso livello.
E niente gli è stato risparmiato, ma i piccoli intoppi di questi anni erano stati gestiti abbastanza bene: dal licenziamento (dopo una prima difesa) di Geert Leinders, medico bannato a vita per il suo ruolo nel doping di squadra ai tempi della Rabobank, impiegato (part-time) dalla Sky tra il 2010 ed il 2013; all’allontanamento di Bobby Julich nel 2012, altro dopato anni’90 dello staff; ai misteriosi valori ematici di Sergio Henao, sospeso dalla squadra stessa per eseguire “analisi interne” che poi lo hanno scagionato (sempre tutto internamente); al licenziamento di John Tiernan-Locke per doping pre-Sky; all’allontamento di Oliver Cookson, figlio dell’ex presidente dell’UCI, responsabile per 1 anno degli atleti di lingua spagnola della Sky (ora da 3 anni alla Dimension Data).
Fino alla gestione delle antipatie (eufemismo) tra Wiggins e Froome, riportate in auge ieri dalla moglie di Wiggins, Cath, che su Facebook ha scritto, e prontamente rimosso con tanto di scuse, una tirata complottista della miglior specie secondo cui la Sky avrebbe “gettato sotto l’autobus” il marito per “coprire questo rettile strisciante” (Froome-ndr-). Segno che in casa Wiggins non si parla solo di canottaggio ora…
Dave Brailsford, team manager, e deus ex machina del ciclismo britannico, l’uomo che ha trasformato, prima su pista e poi strada, una nazione in cui il ciclismo era relegato nei giornali dopo Cricket e corse di cani a superpotenza mondiale, prima di essere interrogato dalla commissione parlamentare sulla borsa misteriosa del Delfinato ha dichiarato che quel caso avrebbe potuto significare “la fine della Sky”. Cosa stia pensando in queste ore è difficile da sapere, ma probabilmente qualche dubbio viene.
Soprattutto se ci allontaniamo dal campo sportivo e si da un’occhiata a quello che succede in queste ore dal punto di vista “aziendale”.
La 21st Century Fox di Rupert Murdoch ha venduto circa 60 miliardi di dollari del proprio asset alla concorrente Disney, ed in questo pacchetto è compreso il 39% della Sky (reti televisive). Il Team Sky (squadra ciclistica) è di proprietà al 15% della 21st Century Fox e per l’85% della Sky (Tv), ma il prossimo anno è previsto che la Fox prenda il 100% del controllo.
Quale sarà l’interesse della Disney per il ciclismo? In particolare se James Murdoch, 45enne figlio di Rupert, chief executive della Fox e principale supporter del Team se ne andrà per fondare una nuova impresa invece che essere assorbito in un più modesto “senior role”? La Disney sarà interessata ad investire su un Team con gli attuali problemi di immagine? Una squadra che prima dei fatti recenti era stata accolta da sputi sull’ammiraglia sulle strade del Tour e Froome con un bicchiere di urina in faccia come sarà accolta ora?
Altro sponsor non proprio contento del proprio impegno con la Sky è stato Rapha, che nelle parole del proprio fondatore, Simon Mottram, non ha ricevuto il riscontro sperato. Il motivo? Secondo Mottram probabilmente l’immagine del ciclismo professionistico è quella di uno sport “a bit broken“, uno sport un po’ marcio. Non confortante (e questo prima del caso Froome…).
E che i riscontri non siano più confortanti per il mercato lo dicono anche le statistiche. Dopo anni di sbornia grande per il mercato UK, il 2017 si rivela l’anno dell’hangover, (l’italico dopo sbronza) con 2,5 milioni di bici vendute, 1 milione in meno rispetto il 2016. Peggior risultato degli ultimi 17 anni. La Brexit probabilmente non ha aiutato, e il resto dell’Europa non se la passa poi tanto meglio, persino i Paesi Bassi, uno dei mercati più forti tradizionalmente sono in ribasso, ma il Regno Unito fa il peggior risultato, con molti mail order in crisi, come Evans, ed altri che corrono ai ripari con fusioni strategiche, come CRC-Wiggle-Bike24 ed altri che “tagliano i costi”, come la catena CycleSurgery che ha chiuso 6 dei suoi 30 negozi nell’ultimo anno.
Quest’anno la Slipstream, l’entità dietro la squadra Cannondale-Drapac di Johnatan Vaughters si è salvata in extremis trovando all’ultimo minuto un nuovo sponsor e vendendo un po’ di pezzi pregiati, ma per le squadre non tira grande aria. Basti pensare che una con il budget più alto, simil-Sky, la BMC, in queste ore sta cercando una soluzione per il proprio futuro, in quanto Andy Rihs, il miliardario degli apparecchi acustici che da anni supporta incondizionatamente la squadra, pare abbia detto basta, ed a fine 2018 stringerà i cordoni della borsa. Jim Ochowitz, Team Manager BMC, ha dichiarato che l’obiettivo è trovare uno sponsor principale, sapendo che BMC rimarrà ma solo come sponsor tecnico, e che probabilmente dovranno ridimensionare le spese.
Nel mentre, il ciclismo è sulle prime pagine di siti e giornali di tutto il mondo. E non essendo Luglio è un pessimo segnale.
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