Il Dottor Yannis Pitsiladis della Glasgow University, la cui unità di ricerca è finanziata dalla WADA, ha annunciato che un nuovo risultato della loro ricerca scientifica potrebbe essere un punto di svolta per la lotta al doping.
Questo risultato sarebbe un metodo di rilevamento dell’EPO (eritropoietina) attraverso gli effetti che questo ha sull’anatomia cellulare del corpo umano, invece che i metodi normalmente in uso basati sulla presenza di questa sostanza nel flusso ematico o nelle urine.
Questo sistema si basa sull’analisi dell’anatomia cellulare dell’atleta al fine di determinare come la sostanza dopante abbia agito. L’EPO è un ormone glicoproteico che controlla la crescita dei globuli rossi del sangue, ed il suo utilizzo ne aumenta il numero e con esso il trasporto di ossigeno ai muscoli.
Questo nuovo metodo di rilevamento si basa dunque sull’espressione genetica che proverebbe l’uso di EPO, e secondo i risultati del Dottor Pitsiladis il test sviluppato è assolutamente conclusivo nel caso di assunzione massiccia della sostanza. Non ancora su bassi o micro-dosaggi, che sarà la prossima tappa dello sviluppo di questo metodo.
Come dice lo stesso Pitsiladis: “queste droghe in bassi dosaggi spariscono in tempi brevissimi dall’organismo dopo l’assunzione“. Verificandone gli effetti sulle cellule invece che cercare di rilevare la sostanza in se sarebbe il passo in avanti decisivo quindi. “L’idea è che questa tecnologia possa essere usata non solo nel rilevamento di una singola sostanza, ma anche per altre droghe difficili da rilevare come l’ormone della crescita, il testosterone ed il cortisolo“.
In effetti il metodo usato oggi per rilevare queste sostanze consiste in una spettrometria di massa che espone un campione di urine o sangue ad un fascio di elettroni che caricano le particelle ricercate in modo che in un campo magnetico siano distinguibili. Questo sistema è efficace per molti stimolanti, come le amfetamine, ma meno per piccole quantità di EPO e per il GH (ormone della crescita).
Un’altra direzione di ricerca in questo campo, non basata sugli effetti come quella scozzese, ma su nuovi rilevatori, è quella dell’università del Texas, il cui team di ricerca è guidato dal dottor David Armstrong, che si chiamano Paired Ion Electrospray Ionisation (PIESI) che rendono le sostanze molto più facilmente (circa 1000 volte di più) rilevabili, in particolare ampliando la finestra di tempo in cui le sostanze sarebbero rilevabili.
Questo metodo sarebbe particolarmente poco costoso secondo il Dott. Armstrong, visto che in parte è già utilizzato per rilevare minuscole quantità di contaminanti industriali, grazie a dei traccianti chimici già attualmente sul mercato.
Quest’ultima ricerca è stata presentata ad una conferenza della American Chemical Society a Dallas, ma al contrario di quella scozzese, WADA, CIO e USADA non si sono ancora mostrate interessate, fa sapere il Dottor Armstrong.
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