Ormai il dibattito sulla sicurezza in corsa dei corridori pro infiamma da tempo. Sono state analizzate un po’ tutte le cause e le possibili soluzioni, ed ora la questione sembra convergere sulla necessità di ridurre le velocità, che invece aumentano anno dopo anno.
Un punto importante della discussione è se siano gli avanzamenti tecnologici riguardanti bici e componenti ad aver fatto aumentare le velocità. Tema difficile da valutare, sopratutto singolarmente e senza considerare altre variabili come le condotte di gara. Le dinamiche delle corse oggi sono molto cambiate infatti, con ritmi forsennati dal km 0, con squadre che necessitando punti per non retrocedere o farsi promuovere tentano il tutto per tutto in ogni frangente per conquistarli. Senza contare che la rivoluzione dell’età media dei partecipanti (età media del gruppo WT di 3 anni più giovane rispetto 8 anni fa) porta corridori agguerriti e con carta bianca per i risultati (ma forse anche un po’ inesperti) a non avere timori reverenziali nei confronti di chicchessia.
Tutto questo considerato, ecco che il quotidiano francese l’Équipe ha raccolto alcune considerazioni dei protagonisti, che riassumiamo qui brevemente. Cominciando da chi è a favore di misure per ridurre le velocità:
Valentin Madouas (Groupama-FdJ): “Non è innaturale volerlo fare. È una questione di sicurezza rispetto alla velocità. Si può andare veloci se si è sicuri, non c’è alcun problema. Ma al momento si pensa solo alla velocità e non alla sicurezza, quindi per me è una questione di riequilibrio“.
Julian Alaphilippe (Tudor): “È un grosso problema che non può essere risolto con una sola discussione. Anno dopo anno sentiamo che c’è più pericolo, perché si va sempre più veloci e alcune persone corrono più rischi”.
Geraint Thomas (Ineos): “Il CPA (il sindacato dei corridori -ndr-) sta davvero lavorando su questi temi. I corridori hanno solo bisogno di maggiore unità. A Bessèges abbiamo visto che metà voleva continuare a correre e l’altra metà no. Non è un bene per l’immagine di questo sport. Eppure dovrebbe essere la priorità numero 1, non negoziabile, la corsa deve essere sicura”.
Opinione diversa quella di Mads Pedersen (Lidl-Trek) che semplicemente non sta al gioco della discussione pubblica: “Ridurre la velocità non è qualcosa che dovrebbe essere discusso dai media; sarebbe una stronzata. Dobbiamo parlarne con la CPA, con l’UCI, con le parti interessate, e non litigare sui media. Non vedo la dimensione mediatica della cosa, almeno per il momento”.
Realista Matej Mohoric (Bahrain-Victorious): “Ridurre la velocità sarebbe positivo, perché in media le cadute sarebbero meno gravi. Ma come si fa? È piuttosto complicato, perché qualsiasi nuova normativa venga decisa alcuni ne beneficeranno e altri ne soffriranno. Non esiste una soluzione valida. C’è sempre del denaro in gioco. Non si corre su una pista, ma su strade pubbliche che sono state progettate per far circolare il traffico, non per le gare ciclistiche. Questa è la realtà.”
Sulle soluzioni per ridurre le velocità si erano già espressi Wout van Aert e Chris Froome, partigiani della riduzione degli sviluppi metrici dei rapporti. A cui si aggiunge Madouas: “Nel frattempo è l’unica cosa da fare. Da quando sono diventato professionista prendo un dente all’anno. Prima era 52 × 11, 53, 54, ora ci sono fasi in cui metti 55 o 56. Ci sono squadre che hanno 54 × 10, che equivale a 58 × 11. Quanto lontano andremo? L’effetto scia del gruppo fa sì che tutti vadano più veloci anche senza spingere, mantenendo la stessa potenza. È una storia di aerodinamica. Più si procede velocemente, più tempo ci vorrà per frenare e più è probabile che si vada a sbattere. 54×11 è già molto buono. È fattibile con una sola regola, firmi, fatto“.
Marc Madiot, Team Manager di Madouas, si rivolge invece direttamente ai costruttori di bici: “Dobbiamo rallentare le bici. Spetta ai produttori di biciclette farlo, è semplice: si cambiano le forcelle, il manubrio, si aggiunge un po’ più di peso. Questa è quello che va fatto per una bicicletta. Non chiederemo ai corridori di rallentare, non sono pagati per questo. Quindi bisogna rallentare il mezzo”.
Di queste soluzioni non è convinto Mohoric però, anche se resta nell’ipotetico: “Si limiterà la velocità massima, certo, ma si agirà anche sul gruppo che sarà spesso meno allungato, il che significa più contatti tra i corridori, quindi potenzialmente più cadute, anche se forse meno gravi“.
Ed ecco che entra in gioco il nuovo fattore su cui agire, gli pneumatici, come nell’opinione del ciclista-filosofo Guillaume Martin, che auspica un ritorno agli anni ’30 del Tour de France: “In Formula 1 hanno un partner unico per gli pneumatici; si potrebbe immaginare la stessa cosa. Non ci sarebbero problemi di equità se tutti fossero equipaggiati allo stesso modo“.
Ancora una volta, Mohoric sottolinea alcuni svantaggi: “Questo andrebbe a vantaggio dei corridori più alti e potenti rispetto ai pesi più leggeri ed esplosivi. Sarebbe più difficile andare in fuga, favorirebbe la resistenza a scapito dell’esplosività”.
Eggià, non si tratta solo di ridurre le velocità, ammesso che questi km/h in più a pioggia siano dovuti solo ai componenti, ma di considerare l’impatto che potranno avere sempre sulle dinamiche di corsa. Basti pensare alla rivoluzione che hanno portato nel tennis le palline più lente, facendo letteralmente sparire una certa tipologia di giocatori e di gioco, ed incrementando alcuni infortuni.
A questo si aggiunge la rivoluzione copernicana che queste limitazioni significherebbero per le aziende del settore ciclo, che dopo 130 anni dovrebbero smetterla di investire e fare ricerca per rendere più veloci le biciclette e tutti i vari componenti per crearne invece di più lenti apposta, come ad esempio dei copertoni. Una mossa che potrebbe rivelarsi molto rischiosa dovendo ingegnerizzare “al contrario” alcuni propri prodotti, cosa che potrebbe rivelarsi non cosi facile poi da far digerire a livello di comunicazione (vedere la componente peso-leggerezza negli ultimi anni).
Inoltre il pubblico sembra molto apprezzare l’attuale svolta “spettacolare” data dalle velocità crescenti. Sarà lo stesso pubblico contento di veder arrancare il fenomeno di turno a 35kmh coi copertoni appesantiti da 40mm?
Nel mezzo l’UCI che si trova nell’ingrato compito di mediare tra tutte queste istanze. E comunque crocefisso per la lunghezza dei calzini che ormai sono come “il piove governo ladro” dei boomer.
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