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Rudy Pevenage si confessa

Rudy Pevenage, 65 anni, maglia verde al Tour de France 19980, vincitore di una tappa al Tour e di una al Giro, è stato il celebre direttore sportivo della Telekom/T-Mobile e mentore di Jan Ullrich dal 1989 al 2006 per poi venire licenziato in seguito all’ Operacion Puerto.

Recentemente ha pubblicato un libro (solo in fiammingo, ma alcuni stralci sono stati riportati dall’Equipe francese) in cui racconta alcuni retroscena interessanti degli anni neri del ciclismo. Oggi ancora attivo nel mondo dell’immobiliare, Pevenage ha atteso tutti questi anni, come lui stesso spiega, per raccontarsi per l’ovvia possibilità che prima queste confessioni avrebbero potute essere usate per incriminare non solo lui, ma anche alcuni corridori, Jan Ullrich in primis. A questo si aggiungono problemi personali come un cancro alla gola e una forte depressione per cui aveva anche contemplato il suicidio.

Interessante sapere come il mercoledì precedente al sabato della partenza del Tour de France 2006 a Strasburgo, alle 23h, ricevette una telefonata di Hein Verbrugge, allora ex presidente UCI, ma “eminenza grigia” al fianco dell’allora presidente Pat McQuaid, in cui lo pregava di inventarsi una scusa, tipo un infortunio, per non far partecipare Ullrich, allora fresco implicato nell’operazione Puerto assieme a Ivan Basso e Francisco Mancebo. Quel Tour fu vinto poi da Oscar Pereiro dopo la squalifica di Floyd Landis.

Pevenage ricorda, forse senza rendersene conto, le assurde contraddizioni per cui la Telekom, dopo l’Affaire Festina nel 1998, fu la prima squadra ad implementare dei controlli antidoping interni pagati da uno sponsor. Era l’epoca del limite di ematocrito del 50%. Allo stesso tempo Pevenage afferma che l’EPO era ovviamente dilagante e la cosa era nota a tutti:

Se si voleva rivaleggiare con i migliori bisognava fare come loro. Jan non lo aveva mai voluti. Voleva battersi come un pugile ad armi uguali, ma c’era un margine troppo grande tra gli italiani e gli spagnoli che utilizzavano l’EPO già da 10 anni, e gli altri, tedeschi, belgi e francesi che ne avevano solo sentito parlare. Sarebbe stato sufficiente che l’UCI avesse messo fuori dalle corse chi iniziava un grande giro con il tasso di ematocrito a 42 e lo finiva con 49. Tutti sapevano che non era possibile, a meno di non utilizzare EPO. Hanno veramente chiuso gli occhi per alcuni, i più potenti“.

Quindi su Armstrong:

Ho avuto molta ammirazione per lui quando è diventato campione del mondo nel 1993. Ma mi ricordo anche che nel 1995 al Tour, non aveva alcuna possibilità per la classifica generale. Dopo si è ammalato ed abbiamo visto le drammatiche foto sul suo d’ospedale. Mi dispiace, ma il mio cervello deve essere troppo limitato per capire come uno possa aver vinto 7 Tour de France in seguito“.

Noi eravamo degli amatori in confronto alla US Postal. Loro sapevano che bisognava avere altri mezzi a disposizione per vincere, e questo li rendeva arroganti e ad Armstrong piaceva ridicolizzare Jan in corsa. Era una cosa che mi faceva male sentire sempre i soliti confronti tra Armstrong, il grande professionista, e Jan che non sapeva allenarsi. Ma oggi preferisco di gran lunga essere al mio posto invece che in quello di Johan Bruyneel. Mi darebbe fastidio aver vinto 7 Tour de France in quel modo.”

Pevenage non si nasconde dietro un dito, ma un fondo di autogiustificazione, come sempre in questi casi, è presente:

“Erik Zabel, che pure ha ammesso di aver preso dell’EPO, era un attore minore rispetto i suoi avversari, ma questo non gli ha impedito di vincere quattro Milano-Sanremo e 12 tappe al Tour. Come Jan o Rolf Aldag è stato vittima del sistema.”

Come sempre in queste memorie è difficile avere un quadro completo di quello che veramente era “il sistema” all’epoca, tra omissioni più o meno volontarie, una sorta di cameratismo da veterani, ma anche grande diffidenza verso gli avversari. Auto-assoluzione per le proprie vittorie e indice puntato per le vittorie altrui.

Un’epoca buia non solo per le sostanze che evidentemente utilizzavano tutti, ma per l’anti-sportività che regnava sovrana ad ogni livello.

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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