[Comunicato stampa] Abbiamo indetto una manifestazione per il 28 Aprile ai Fori Imperiali a Roma per ribadire la nostra volontà di vivere in città a misura d’uomo. Come molti di voi già sapranno, dal 6 di Marzo ci stiamo scontrando contro un duro ostruzionismo da parte della Questura di Roma che per ben tre volte ci ha negato il nulla osta per la manifestazione.
Recita l’art.17 della Costituzione della Repubblica Italiana:
“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”
Poiché non è stato comprovato alcun motivo di sicurezza o di incolumità pubblica sufficiente a negare l’autorizzazione allo svolgimento della manifestazione (se non le condizioni delle strade romane a volte proibitive per chi deciderà di recarsi ai Fori Imperiali in bici), è evidente che siamo in presenza di una grave violazione della carta costituzionale.
Questa non è solo la nostra opinione ma anche di alcuni parlamentari italiani che, ieri hanno inviato un’interrogazione al Ministro degli Interni per chiedere conto della decisione di impedire che la manifestazione del 28 Aprile avvenga.
La cosa più triste non è la violazione di un diritto costituzionalmente garantito (di per se gravissimo), ma che questo sia accompagnato dal più totale silenzio del comune di Roma Capitale che, stando alle dichiarazioni del sindaco, Gianni Alemanno, ha aderito ufficialmente alla campagna, e da cui la questura si attende un assenso preventivo; nonché di buona parte della stampa italiana che in qualunque democrazia liberale dovrebbe avere il compito di vigilare e di denunciare le irregolarità commesse da chi gestisce il potere.
Questa volta tocca al diritto di riunione, il prossimo diritto negato quale sarà?
Uscendo dalla polemica e tornando alla cronaca, questo è il testo della lettera inviata dai Senatori Ferrante e Perduca al ministro degli Interni.
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