E’ giunto al termine il test di durata della Cannondale Supersix Evo HM Ultegra disc che abbiamo avuto in uso per la stagione ciclistica 2017.
Per le caratteristiche di montaggio, vi rimandiamo all’articolo di presentazione pubblicato ad inizio test e ci concentriamo su quella che è stata la resa sul campo.
La prova
Il test sul campo ha avuto inizio gli ultimi giorni di marzo. Per 10.100 km e 121.000 metri di dislivello, sino alla fine di ottobre, la Supersix è stata utilizzata in allenamenti specifici, granfondo o semplici giri ad ampio respiro nel centro Italia e sulle Dolomiti, con qualche sconfinamento estero:
Con Cannondale abbiamo optato per una versione disc, anche per dare una risposta come affidabilità e rendimento nel tempo a questa novità che tanto fa discutere nel mondo pro ed amatoriale. Abbiamo modificato il setup solo nella sella, la Fizìk Arione è stata sostituita prima da una San Marco Aspide e poi da una Prologo Nago Evo Pas. In determinate circostanze nella guarnitura la Hollowgram Si con corone 52-36 alternata con la Rotor Inpower con misuratore di potenza. Due modifiche ininfluenti al comportamento della bici nel suo complesso.
Già nei vari report redatti in occasione delle Granfondo disputate ho avuto modo di dare delle impressioni della Supersix.
Non è stato un approccio immediatamente agevole e naturale. La Supersix è nervosa e reattiva, non subito facile da addomesticare. Bisogna prenderci mano, specie se si proviene da bici più permissive, ma dopo le prime uscite diventa divertente guidarla nei tratti tecnici e appagante pedalarla in salita, il frangente in cui la Supersix, sempre al netto delle gambe, dà le risposte migliori, ancor più su pendenze impegnative.
Sulle lunghe percorrenze, oltre le 4 ore, è una bici impegnativa e non troppo comoda che esige il suo prezzo in termini di comfort. Non dovendo gareggiare, forse una Synapse, per rimanere in casa Cannondale, sarebbe più indicata, ma se si vuole una bici da gara, la Supersix è senza dubbio una prima scelta per resa in salita e reattività.
Se in salita, come accennato, rende al meglio, in discesa è una bici impegnativa da guidare, richiede concentrazione, impostazione e mantenimento di buone traiettorie, pur essendo agile e pronta nei cambi di direzione. Sui tratti sconnessi trasmette molto le vibrazioni.
Le ruote, delle assemblate in carbonio da 35 mm, copertoncino, con mozzi Formula, raggi Dt Swiss e cerchi No-tube marchiati Hollowgram, si sono dimostrate eccellenti, tanto per la salita, in virtù dell’eccellente peso per delle medio profilo pari a 1440 gr., quanto per i tratti pianeggianti e veloci, dove il medio profilo aiuta nel mantenimento della velocità.
Se le impressioni tecniche sono ricavabili anche da test più brevi, anche poche uscite, il vero scopo di un test di così lunga durata è la resa nel tempo della bici nel suo complesso quindi valutarne l’affidabilità.
Gli oltre 10.000 km percorsi fra gare, buche e asfalti dissestati, uscite piovose (poche), ci han detto che il complesso bici non ha avuto alcun tipo di problema.
Il telaio, salvo una scheggiatura sulla parte anteriore della forcella, probabilmente dovuta a un sassetto sparato da qualche altro ciclista o auto, è perfetto sia nella vivacità della verniciatura che nella assenza di segni di qualsiasi tipo (niente crepette superficiali ecc.ecc.). Il gruppo Ultegra 6800, come del resto tutti quelli di casa Shimano, non ha mai avuto bisogno di alcuna regolazione nel corso dei mesi, riuscendo a gestire, senza alcun problema né regolazione, anche il salto di catena da 18 denti sulla guarnitura quando, in occasione della 3Epic, una corona da 34 ha sostituito la 36 di serie. A giudizio di chi scrive, è anche un filino più secco nella cambiata del Duraace, avvicinandosi per precisione ai gruppi di casa Sram, che sono però più sensibili a microregolazioni non corrette.
Il sistema frenante, con pinze Shimano 805 e dischi 160 anteriore e 140 posteriore, ha sempre fatto egregiamente il proprio dovere non manifestando nessun rumore di sfregamento dei dischi, stortura degli stessi, nessuna regolazione a seguito dello smontare e rimontare delle ruote, né a seguito del cambio pastiglie (metalliche), avvenuto alla soglia dei 9.000 km per quelle anteriori e circa un migliaio dopo per quelle posteriori. In occasione del cambio pastiglie, unica accortezza quella di far rientrare del tutto i pistoncini prima di montarle altrimenti il disco non entrava (l’impianto si autoadatta nella fuoriuscita dei pistoncini in funzione dell’usura delle pastiglie).
In fondo a discese lunghe e impegnative è capitato che per qualche secondo i pistoncini anteriori rientrando un po’ più a fatica (probabilmente, a seguito dell’espansione del volume dell’olio dell’impianto dovuta al considerevole aumento della temperatura) abbiano lasciato sfregare quasi impercettibilmente le pastiglie sul disco davanti. Una breve pinzata, giusto per farli muovere e rientravano il giusto.
Sul bagnato….in confronto alle altre bici la differenza è imbarazzante: in occasione di una gara bagnata, nelle frenate decise, si trattava solo di indovinare la traiettoria libera per superare 5/6 concorrenti al colpo, senza il benché minimo rischio in fatto di aderenza consentendo in salita scollinamenti anche a 15/20 secondi (con fuorigiri risparmiati), consci che in poche curve si rientrava sul gruppo. Anche su asciutto la frenata decisa è superiore seppur in misura molto meno evidente, ma bisogna saper gestire e modulare bene la frenata, che se affondata troppo risulta molto potente e può scomporre la bici.
In occasione della 3Epic, una discesa molto pendente che ha mietuto vittime (anche fra forumendoli) su cerchi, pattini e camere d’aria a seguito del surriscaldamento dovuto a frenata prolungata, a parte il sopra accennato sfregamento disco/pastiglia di pochi secondi, non ha dato alcun problema alle ruote in carbonio con copertoncino.
Le ruote di serie salvo un paio di centrature susseguenti a gare con tracciati sfasciati fuori misura, non hanno dato alcun problema di affidabilità, così come i copertoncini Mavic Yksion da 25 mm, che, specie all’anteriore, han sempre dato ottime sensazioni di grip a fronte di una buona durata nel tempo (il posteriore intorno ai 7000 km ha cominciato ad essere bello spiattellato) e la giusta resistenza alle forature (2 in un anno). Da menzionare la comparsa di una antiestetica sfilacciatura della tela lateralmente agli stessi (simile a quella che fanno anche molti Continental), cosa che non influisce minimamente sulla affidabilità.
I mozzi sembrano ancora perfettamente efficienti, girano bene senza alcun accenno di necessità di manutenzione di sorta.
Conclusioni
Sicuramente l’impianto disc in fatto di incremento di peso e prezzo fa storcere il naso a più di qualcuno, eppure almeno dal punto di vista prestazionale, il malus è sicuramente inferiore ai bonus. La Cannondale così allestita si è dimostrata efficiente ed affidabile per tutto il corso della stagione ed in tutte le condizioni, eccellendo in salita (a dispetto di quel po’ di peso in più) e nei rilanci, oltre che, grazie al profilo delle ruote anche nel mantenimento di alte velocità, quindi ottima sia per uso granfondistico, magari su percorsi non monstre (Maratona, Oetztaler, Sportful) dove quel filino di maggior comfort non guasterebbe, sia per mediofondo e circuiti (al limite con ruote dal profilo ancor maggiore).
Report precedenti:
Gf Valerio Agnoli – Fiuggi (FR)
3 Epic – Auronzo di Cadore (BL)
Gf nel Parco – Villetta Barrea (AQ)
Gf La Medievale – Tivoli/San Polo dei Cavalieri (RM)
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