Mai come per il test di questa bici mi sono sentito sotto pressione, vista l’attesa che si è creata dopo l’anteprima sulla nostra pagina Facebook: numerosi i messaggi privati e le mail di chi chiedeva informazioni e curiosità varie.
Difficile non pensare che questa curiosità non sia dettata anche dal prezzo della nuova Trek Madone 9 RSL (Race Shop Limited), modello di punta della gamma, dal costo di ben 13.339eu (5799eu solo telaio). Un prezzo che inevitabilmente fa ricadere questa bici in una categoria di “superbike” che prima era riservato solo a qualche composizione esoterica artigianale. Qui invece si tratta di una bici “industriale” che viene consegnata davvero “chiavi in mano”, nel senso che la Madone 9 (M9) è un esempio del livello di integrazione che si può raggiungere oggi, e che sembra la tendenza per il futuro.
La M9 RSL è l’ultima incarnazione della venerabile Madone, una delle serie di bici più di successo degli ultimi decenni. Con questa versione 9 la Trek svolta decisamente pagina, ed invece di proporre una bici per utilizzo 360° propone una bici che rientra in modo deciso nella categoria aero.
La particolarità di questa bici non si riduce solamente ai profili troncoconici (kammtail) delle tubazioni (sempre che si possa definirli ancora tubi…), ma risiede nel design globale della bicicletta, in cui ogni componente è stato concepito per essere armoniosamente integrato con gli altri.
Questa scelta sacrifica la compatibilità della componentistica che vi si può montare. Ad esempio i freni, in questo caso Bontrager, costruiti appositamente per la M9, aderendo alla sagoma del ponticello posteriore del carro di cui ricalca la forma, o integrandosi a scomparsa nella parte anteriore del telaio e della forcella. Il tutto per garantire la massima aerodinamicità.
La parte anteriore della M9 è forse la più impressionante a livello costruttivo. Tutto quello che un tempo si chiamava nodo sterzo è un unicum in cui si fondono diagonale e orizzontale accogliendo non solo il cannotto della forcella, ma anche il sistema di spessori sotto il manubrio integrato e le due ali in carbonio che aprendosi (e poi richiudendosi grazie ad una molla) consentono al filo del freno anteriore di uscire dal tubo sterzo ruotando il manubrio. In questo caso i nodi sterzo tradizionali, con viti di attacchi e spessorini sembrano di colpo un po’ retrò.
L’accorgimento, denominato “Vector Wings”, é necessario visto che tutto il filo scorre nascosto dentro il tubo sterzo.
Gli spessori sotto il manubrio integrato in realtà sono composti da 2 pezzi ciascuno, e vanno a raccordarsi attorno alla base della stessa forma a freccia del tubo sterzo.
La M9 è praticamente disegnata attorno al gruppo Shimano Dura Ace 9000 DI2, permettendo di avere tutti i cavi interni, junction box compreso. La centralina del gruppo infatti è alloggiata nel tubo diagonale dentro un apposito vano.
Sulla M9 si deve però montare la centralina per bici da cronometro a 5 porte, e non quella normale con 3.
Ovviamente è possibile montarla con gruppi meccanici, ma si perderebbe molto del senso di questo telaio.
Altra particolarità di questo telaio è la presenza del sistema IsoSpeed, ovvero un elastomero che permette al tubo sella, integrato ovviamente, di flettere dando un maggiore comfort verticale. Soluzione introdotta con la sorella Domane.
Il reggisella è anch’esso un “sistema”, composto da una guida verticale in cui scorre il reggisella vero e proprio che si fissa con due viti a brugola nella parte posteriore. Su questa parte è presente un attacco per la luce Bontrager Flare.
Anche il manubrio è integrato e con profilo aerodinamico. Un monopezzo molto bello con la scritta Madone nero su nero nella parte anteriore.
Già previsto il supporto per Garmin, sia Gps che accessori vari (videocamera Virb).
La M9 RSL è costruita in carbonio OCLV 700, e solo questa è Handmade in USA, le altre in OCLV600 e sotto, sono prodotte a Taiwan. Montata con DI2, guarnitura 53-39 (pedivelle 177,5mm), ruote Bontrager Aeolus 5 TLR, sella Bontrager Paradigm RXL in carbonio, copertoncini Bontrager R4, luce posteriore Bontrager FlareR, senza pedali, in taglia 60 ferma l’ago della bilancia a 7,55kg.
Se dal punto di vista estetico e costruttivo la bici non può non lasciare indifferenti (fermandosi per la classica sosta caffè è raro che qualcuno non si fermi ad osservarla), dal punto di vista pratico è una bici con un carattere per niente ostico. La bici è sicuramente molto rigida, sia lateralmente che torsionalmente, come ci si aspetta da una bici aero dalle forme generose, ma per niente scomoda, questo grazie al sistema IsoSpeed, che seppur non morbido come quello della Domane, stempera bene buche ed avvallamenti vari, oltre che la probabile notevole rigidità verticale del telaio.
La graniticità del telaio la si apprezza bene in discesa, situazione in cui è praticamente impossibile metterla in crisi. Sul dritto poi dà una sicurezza notevole, vista la grande stabilità. D’altronde il telaio non è leggerissimo e sarebbe stato sorprendente il contrario. La M9 si guida molto bene: le geometrie sono quelle comprovate di Trek e sorprese non ce ne sono.
In pianura l’unico limite della bici sono i watt di chi ci pedala sopra. In questo senso si rivela una bici persino esigente, nel senso che sarebbe una bici da utilizzare, come si suol dire, col “53 in canna”. Una bici che può dare sicuramente grandi soddisfazioni in gare in circuito a ciclisti molto potenti.
La salita non è propriamente nel suo terreno d’elezione, ma certamente non sfigura. Anche con ruote non esattamente da salita, come le Aeolus 5, in taglia grande, sta appena sopra i 7kg. La sensazione non è la stessa che possono dare telai ultraleggeri sotto il chilo, in particolare pedalando in fuorisella, dove la massa del telaio viene non solo fatta avanzare, ma viene spostata lateralmente (la traiettoria reale del baricentro del telaio non è una retta orientata in avanti e inclinata coma la strada, ma è una sinusoide attorno alla retta direttrice), così che il telaio più leggero compie un minor lavoro per avanzare rispetto ad uno più pesante. Sensazione che si ritrova anche in discesa, dove telai molto leggeri, ma molto rigidi (es. Trek Émonda, Bianchi Specialissima) danno una sensazione di maggior prontezza nei cambi di direzione, soprattutto se repentini. Nel complesso la M9 può dire la sua anche in salita, ma sempre al passo, non pretendendo di salire a scatti continui come si farebbe con i telai ultralight (che d’altronde hanno il loro senso proprio per questo).
Le ruote Aeolus5 si sono rivelate molto buone, con una frenata ottima e di media aggressività. È una bici che non ha molto senso utilizzare con ruote che non siano ad alto profilo, sia per non rovinare l’impatto estetico, sia per la destinazione d’uso.
Meglio prestare attenzione all’utilizzo con ruote di ultima generazione con cerchi molto larghi, visto che i freni Bontrager, seppur molto regolabili e con una comoda levetta per aprirli posta lateralmente sul corpo, non permettono grandi escursioni dei pattini e potrebbe rivelarsi complicato farceli entrare.
Il tipo di costruzione del telaio obbliga ad una certa pratica con i passaggi interni dei cavi, cosa che per tanti (rivenditori senza esperienza in merito compresi) rappresenterà una certa complicazione.
Anche la compatibilità con il DI2 potrà far storcere il naso agli utenti che si sentiranno limitati nella scelta della trasmissione, con Campagnolo EPS che probabilmente dovrà essere adattato pesantemente e SRAM eTap che lascerà vuoto il comparto della centralina, seppur semplificando notevolmente il montaggio e l’eventuale manutenzione. D’altronde l’integrazione spinta ha il suo rovescio della medaglia.
La parte posteriore del reggisella era pesantemente rovinata nella bici in test, con la vernice saltata lungo la slitta. La bici in generale era evidente fosse già molto sfruttata in test vari, ma probabilmente è meglio prestare attenzione in quella zona facendo scendere delicatamente la sella, se necessario.
Chi pensava che una bici da 13.000eu andasse da sola per il solo fatto di essere costosa rimarrà deluso. La M9 è una bici che sicuramente darà il meglio di sé a chi dispone di tanti watt per farla viaggiare a dovere su terreni piatti o vallonati. Per gli altri che potranno permettersela sarà sicuramente una bici che darà comunque delle soddisfazioni a livello di qualità costruttiva e per l’impatto estetico molto forte (in particolare in questa versione pro replica, ed a patto che piaccia). In ogni caso è una bici che rimarrà probabilmente un’icona da questo punto di vista e da quello dell’integrazione, segnando la nascita di un nuovo filone di superbikes extralusso.
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