Chris Froome continua ad allenarsi senza problemi e di buona lena in vista della stagione imminente, mentre il suo team legale lavora dietro le quinte per dimostrare che il britannico non ha assunto salbutamolo oltre il limite consentito. Strategia molto rischiosa, da “tutto o niente”, in quanto se avesse ammesso una negligenza nell’assunzione, come nel caso di Diego Ulissi, avrebbe rischiato mesi di squalifica, 9 nel caso di Ulissi, mentre con l’approccio scelto, quello del test farmacocinetico per dimostrare la non espulsione della sostanza dal corpo, in caso di insuccesso porterebbe ad una squalifica fino a 2 anni, oltre alla perdita della Vuelta 2017 e della medaglia di bronzo a crono ai mondiali di Bergen.
In caso di successo l’UCI o la WADA potrebbero fare appello al TAS di Losanna e la questione potrebbe durare molto a lungo. Idem se lo facesse Froome.
Resta da vedere anche la questione della giurisdizione antidoping del caso Froome (presumibilmente dovrebbe essere quella dell’UKAD, l’agenzia antidoping britannica). Nel caso di Ulissi, ad esempio, tesserato per squadra svizzera all’epoca (Lampre) tutti i documenti riguardo la sua procedura sono stati secretati, in quanto procedura dell’antidoping svizzero (non è lo stesso per l’antidoping USA, ad esempio, come ben sa Lance Armstrong). L’approccio di Froome dovrebbe essere lo stesso. Quindi il pubblico probabilmente non saprà molto di più per un bel po’.
Nel frattempo le discussioni vanno avanti, in particolare sul fronte etico. A rilanciare sulla questione è il belga Tim Wellens (Lotto-Soudal) in un’intervista alla rete fiamminga RTBF:
“Ho eseguito dei test in ospedale, ed a volte ho i bronchi ostruiti, ed un inalatore potrebbe aumentare le mie capacità respiratorie del 7-8%. Ma sono contro l’uso degli inalatori. Non voglio aumentare le mie capacità respiratorie in questo modo. Se il pubblico sapesse il numero di corridori che usano l’inalatore…
Vorrei che le cose fossero o bianche o nere, non grigie. Sappiamo tutti come un prodotto come il cortisone da numerosi benefici in termini di prestazioni. Per me si tratta di imbrogliare. A volte quando siete malati non avete scelta e dovete prenderlo, ma potete anche decidere di abbandonare….
Mio fratello (-ndr- Yannick Wellens) ha dovuto smettere col ciclismo a causa di questo. Aveva talento e sarebbe passato pro di sicuro, ma ad un certo momento gli hanno diagnosticato un’asma da sforzo. Gli hanno lasciato la scelta: o utilizzare dei prodotti che alla lunga avrebbero potuto essere dannosi per la sua salute o smettere. Ha deciso di smettere. A volte bisogna fare delle scelte nella vita. Quando ero dilettante 5 dei miei 7 compagni di squadra usavano l’inalatore! Va bene accettare che uno abbia bisogno dell’inalatore, ma non 5 su 7…”
La realtà quasi sempre non è bianca o nera come piacerebbe a Wellens tutto sommato. Basti prendere il caso della squadra Novo Nordisk, team Continental composto interamente da diabetici di tipo 1, compreso parte dello staff ed il proprietario. Quindi tutta la squadra utilizza TUE per l’insulina.
La Novo Nordisk è un veicolo per far conoscere il programma Changing Diabetes, lanciato nel 2008. Programma che intende “instillare la speranza ed ispirare le persone affette da diabete nel mondo, in modo che sappiano che con una dieta appropriata, esercizio, farmaci e tecnologia chiunque col diabete può perseguire i propri sogni“.
“Farmaci e tecnologia” per inseguire i propri sogni o tutti a casa perché malati? La discussione resta aperta.
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