Altro Tour de France consegnato alla storia, altro giro di considerazioni. La prima va al Tour stesso: è stato meglio o peggio del Giro? È stato soporifero o emozionante?
Scherzo! E passiamo al dunque.
Tadej Pogačar: voto 10 e lode. Lo sloveno ha vinto il suo secondo Tour de France consecutivo a 22 anni. Avendone corsi 2 in carriera. Nell’unico altro GT a cui ha partecipato, la Vuelta 2019, da neo-pro, è arrivato 3°. Quest’anno viene accusato da alcuni di aver approfittato di un livello basso della concorrenza. Nei fatti l’unico grande nome che mancava era Egan Bernal (sulla cui condizione pre-Giro c’erano svariati interrogativi). Quest’anno Pogačar ha corso l’UAE Tour terminandolo 1°, Strade Bianche, 7°, Tirreno-Adriatico 1°, Paesi Baschi 3°, Liège–Bastogne–Liège 1°, Giro di Slovenia 1°, Campionati nazionali sloveni a cronometro 3°, su strada 5°. E vittoria al Tour de France con 3 tappe vinte (6 in carriera). Quindi, siamo seri, si tratta di un fenomeno come non se ne vedevano da decenni. Risultati eclatanti portano con se dubbi e antipatie come sempre. Ci sta, ma fino a prova contraria il giovanissimo sloveno è praticamente l’uomo da battere in ogni gara in cui si presenta al via.
UAE-Emirates, voto 8. La squadra del fenomeno viene spesso accusata di non essere all’altezza degli altri (2) squadroni del gruppo. Un po’ ingeneroso. In primis perché lo stile di corsa di Pogačar non sembra necessitare di treni e trenini per lanciare lo scatto a fine salita, e quindi il supporto datogli da Bjerg, McNulty, Formolo e Majka è stato del tutto adeguato. Hanno controllato e protetto il loro capitano quando serviva e questo è quanto. Va considerato anche che Formolo ha passato metà Tour sotto antibiotici, e che l’uomo per andare a caccia di qualche tappa, Marc Hirschi, è una delle vittime principali dell’ecatombe di cadute della prima settimana. Se proprio si deve criticare qualcuno mi dirigerei su Rui Costa, un po’ evanescente fin quasi allo svogliato. Considerato soprattutto che quando la voglia gli viene ed è in giornata è capace di numeri notevoli.
Ineos: voto 6. Dare un voto alla Ineos in questo Tour è difficile, in quanto c’è un certo cambio di prospettiva se si guarda ai risultati raggiunti ed alla modalità con cui sono stati raggiunti. Alla fine hanno piazzato Richard Carapaz (voto 7) al 3° posto. Poteva forse fare meglio, ma al massimo salire di un gradino sul podio. Troppa la superiorità di Pogačar, che infatti si è concretizzata con ben 7′ di distacco. A inizio Tour doveva essere una squadra con 3 capitani. Thomas, (voto 5) si è lussato la spalla ed è subito uscito dai giochi. Ma non sembrava comunque in grande spolvero, e onestamente, cade un po’ troppo. Spalla lussata a parte deve essere caduto almeno altre 3 volte nelle tre settimane. Ed il suo contributo alla squadra è stato molto limitato. Richie Porte (voto 5) dopo il podio dell’anno sccorso e la vittoria al Dauphiné sembrava molto brillante, invece in questo Tour è stato molto opaco. Limitato anche lui da una caduta nella prima settimana, ma senza conseguenze fisiche gravi, si è subito eclissato dagli schermi. Il voto non troppo basso glielo do per il fatto che poi evidentemente è stato relegato al gregariato dalla squadra, ma con una condizione peggiore di altri suoi titolati compagni. Geoghegan-Hart (voto 5) è più o meno sulla falsariga. Gli uomini migliori in aiuto di Carapaz sono stati Van Baarle (voto 7), eccellente tanto in pianura quanto in salita (un corridore persino sprecato a fare solo il gregario, che potrebbe aver miglior fortuna nelle classiche, come anche dimostrato alla Dwars van Vlaanderen), Castroviejo (voto 7) solidissimo in ogni circostanza e Michal Kwiatkowski (voto 9) immenso per qualità e quantità del proprio lavoro, senza contare l’abnegazione e l’umiltà per uno col suo palmarés. La Ineos quest’anno ha vinto Giro, Romandia, giro di Svizzera e Dauphiné (e pure due classiche) il che farebbe la stagione di 4 squadre WT. Ma il Tour è il Tour e una prestazione globalmente buona, ma lontana dal livello Pogačar, non può essere considerata un successo per la squadra più ricca del WorldTour.
Jumbo-Visma, voto 9 1/2. Uscita con le ossa rotte dalla prima settimana, letteralmente, con la caduta e ritiro di Robert Gesink, ha perso in corso d’opera per ritiro: Tony Martin, Steven Kruijswijk e capitan Roglic. E pure Kuss ci ha messo una settimana abbondante a riprendersi da una caduta. Alla fine tornano a casa con 4 vittorie di tappa, 3 con Wout Van Aert (voto 10), tra cui quella del doppio Ventoux, che dal punto di vista dell’immagine vale doppio, quella del redivivo Sepp Kuss; e con il 2° posto in generale di Jonas Vingegaard (voto 10) che si è rivelato rimpiazzo di superlusso di Roglic, ed è stato l’unico a battagliare realmente con Pogačar, almeno in qualche raro frangente, dimostrandosi abile in salita come a crono e di gran carattere, soprattutto trovandosi a gestire grande pressione di colpo e senza esserci mai stato abituato. A 24 anni un tesoretto da coltivare per la squadra olandese. Da tenersi ben stretto il tesoro formato gigante che è Van Aert, che se il Tour si fosse corso ai tempi della classifica a punti se la sarebbe giocata con Pogačar per la vittoria finale. Nella sfida con la Ineos la squadra olandese ne esce decisamente vincente.
Deceuninck-QuickStep, voto 10. La macchina da guerra belga non si smentisce e Patrick Lefévère confeziona l’ennesimo capolavoro: si porta a casa ben 5 vittorie di tappa, con l’enfant du pays Alaphilippe, e con la storia mediaticamente d’oro di Mark Cavendish. Il britannico che tornato dagli abissi della depressione e sul filo dell’appendere la bici al chiodo eguaglia il record di Merckx di tappe vinte al Tour. Senza contare che il tutto gli serve anche a dare uno schiaffone a Sam Bennett fedifrago, il quale non avrebbe comunque potuto fare meglio. E senza dimenticare la prestazione collettiva della squadra, vera artefice delle vittorie di Cavendish, che alimenta ancora di più il mito del Wolfpack. Una menzione pure a Mattia Cattaneo, che solo soletto si è conquistato un 12° posto che gli dovrebbe valere maggiore attenzione ed opportunità nel futuro.
Bahrain-Victorious, voto 9. Partita nel peggiore dei modi con la perdita alla 3^ tappa dell’uomo da classifica, Jack Haig, ha tirato su la testa lottando tappa dopo tappa e conquistandone ben 3, una con Teuns e due con Mohoric. Colbrelli ci ha provato in ogni modo ed in ogni dove, Poels pure per la maglia a pois, Pello Bilbao centra la Top10 con un 9° posto. Vittoria nella classifica a squadre. Missione compiuta.
Trek-Segafredo, voto 5. Salva la baracca la tappa vinta da Mollema con un bell’attacco dei suoi. Ma il resto è scarsetto. Nibali opaco e ritirato. Ma deludono soprattutto Jesper Stuyvens e Mads Pedersen. Il danese ha la giustificazione di essersi acciaccato presto, ma per il vincitore della Sanremo le occasioni per mostrarsi ci sono state. In particolare nella seconda tappa vinta da Mohoric quando era nella fuga buona assieme a Julien Bernard. E pure in vari sprint, soprattutto quando la concorrenza si era assottigliata.
Movistar, voto 4. Enric Mas termina con un 6° posto, che grossomodo ne fotografa il corretto collocamento tra i migliori, anche se da lui ci si aspetterebbe qualcosina meglio. Valverde da applausi per quello che fa a 41 anni, ma poi in pratica, tolta l’età, non ha fatto molto. Disastroso Miguel Angel Lopez, che non si è visto mai e non arriva nemmeno a Parigi. Soler sfortunato è andato fuori alla 2^ tappa. Ma in generale la squadra spagnola non si è mai vista, se non con Erviti nella fuga vinta da Politt ed uno sprint con Garcia Cortina, che onestamente è un altro che avrebbe potuto fare di più, ma anche lui ha dovuto arrangiarsi, e contro la Deceuninck era impresa improba. Una prova opaca come un po’ tutta la stagione della miglior squadra al Tour dell’anno scorso (per classifica).
Alpecin-Fenix, voto 8 1/2. Se si pensa che è una squadra continental si sta male per tante WT. Partenza kolossal con Mathieu van der Poel a vincere la 2^tappa ed indossare la maglia gialla per 6 giornate, in un climax emozionale. Ma poi, anche uscito di scena il fenomeno olandese, la piccola continental ha vinto un’altra tappa con Tim Merlier. Sfortunata a perderlo alla 9^ tappa. Ma la Alpecin è stata l’unica vera avversaria della Deceuninck-QuickStep negli sprint con l’ex ultimo uomo di Merlier Jasper Philipsen arrivato 3 volte 2° e 3 volte 3°. In un paio di tappe (la 4^e la 6^) però hanno invertito i ruoli tra Merlier e Philipsen cogliendo appunto un 2° ed un 3° posto. Un un po’ incomprensibilmente.
Groupama-FdJ, voto 4 1/2. Sfortunata a perdere un pezzo importante del treno di Démare, il lituano Ignatas Konovalovas, caduto e ritirato alla 1^ tappa, ma proprio lo sprinter francese ha deluso parecchio. Doveva essere uno degli uomini da battere negli sprint ed invece è stato impalpabile (miglior piazzamento allo sprint: 4°) ed è sembrato non in condizione, andando fuori tempo massimo alla 9^ tappa, assieme al fido Jacopo Guarnieri. Perso pure Scotson alla 11^tappa si sono ritrovati in 4 a metà Tour. Cocente la delusione di Stefan Küng nella prima cronometro, beffato da Pogačar, hanno poi visto naufragare definitamente ogni speranza nella tappa del Ventoux quando David Gaudu è andato in crisi nera perdendo 25′ ed uscendo da ogni gioco per la classifica generale. Da mangiarsi le mani se si pensa che il piccolo principe bretone è 11° in classifica generale a 3′ dal 10° posto. È lecito immaginarsi che senza quel tracollo avrebbe potuto ambire almeno ad una top5. Nel complesso è sembrata una squadra arrivata in precaria condizione.
Bora-Hansgrohe: voto 7. Sagan o non Sagan? Questo deve essere stato il dilemma di Ralph Denk prima del via. Col senno del poi è probabile che l’opzione “non” sarebbe stata la migliore. Anche se sarebbe stata improponibile dal punto di vista mediatico e di sponsor. Ma si sarebbero risparmiati un Pascal Ackermann furente per essere stato escluso, e probabilmente con lui avrebbero potuto centrare migliori risultati ( intanto ha già 3 vittorie alla contemporanea Settimana ciclistica italiana). Sagan invece non è mai stato nel vivo, né degli sprint, né altrove. Salvano il Tour con l’onesto 5° posto di Keldermann e la belle vittorie di tappa di Niels”moto”Politt e Patrick Konrad.
Israel-SUN, voto 4 1/2. La squadra più “vecchia” del Tour porta a casa davvero poco. Il miracolo Froome non è avvenuto e si è rivelata solo un’operazione simpatia. Michael Woods ha tentato di accendere la miccia in varie occasioni ed ha indossato la maglia a pois, ma senza mai concretizzare. Dan Martin idem, ed alla fine è 40° a 2h dal primo. Il gorilla Greipel evidenzia che 39 anni per uno sprinter sono davvero troppi, e a fine Tour saluta il gruppo. Resta tanta buona voglia e la storia di un Froome che arriva sino a Parigi nonostante le ferite, ma il bottino resta magro e per l’anno prossimo vanno ripensate tante cose.
Cofidis, voto 6 1/2. Pur soffrendo la squadra francese alla fine piazza Guillaume Martin 8° nella generale, ed un Christophe Laporte che ci ha provato in tutti i modi, infilandosi in ogni fuga possibile andando corto dietro Mohoric nella seconda tappa vinta dallo sloveno.
Astana-PremierTech, voto 5. Lutsenko termina 7° in classifica generale, generoso Ion Izagirre nelle fughe, ma per il resto poco altro da segnalare.
EF Education-Nippo, voto 5. Stava per riuscire la carrambata con lo stagionato Uràn, che alla fine termina 10° (chapeau comunque per la tigna), ma il resto della squadra latita, a parte un pimpante Higuita. Abbastanza deludente Bissegger nelle crono. Ed anche Magnus Cort e Valgren, mai incisivi nelle fughe. Sempre sugli scudi con le trovate alternative, questa volta con l’epopea in birkenstock di Lachlan Morton.
Arkéa-Samsic, voto 3. La squadra arriva a Parigi con 3 corridori: Elie Gesbert, Connor Swift e Nairo Quintana. Il colombiano ci ha provato per la maglia a pois, ma i giorni migliori sono molto lontani. Bohuanni tanto rumore per nulla come al solito. Warren Barguil è il cugino lontano di quello del 2017. McLay e Russo fuori tempo massimo nella tappa del Ventoux completano il quadretto di cene nella squadra bretone probabilmente non delle più ilari.
AG2R-Citroën, voto 6 1/2. Ottimo Ben O’Connor che con la vittoria della tappa di Tignes ed il 4° posto finale salva non solo il Tour, ma proprio tutta la stagione della squadra francese, sin qui illuminata solo dalla vittoria di tappa al Giro di Andrea Vendrame. Cosnefroy non pervenuto, bei segnali da Paret-Peintre, ormai bollito Van Avermaet. Anche Naesen sempre sotto le aspettative.
Lotto-Soudal, voto 4-5. La squadra era tutta per Caleb Ewan, il quale però si è frantumato alla 4^ tappa. Potevano salvare la barca i volonterosi Brent van Moer, che stava per mandare in porto una fuga epica, ma è arrivato corto di 50mt, e Harry Sweeney, 3° nella tappa vinta da Politt. Il resto è davvero pochissimo: un Gilbert evanescente, così come DeGendt, pure polemico.
Bike-Exchange, voto 3. L’ormai 31enne Esteban Chaves termina 13°. Michael Matthews rimedia un paio di podi in due tappe. E questo è tutto.
Team DSM, voto 2. La squadra tedesca si è fatta vedere in qualche bagarre per gli sprint dove Bol però non è andato oltre un 6° posto. Krag-Andersen e Benoot ritirati a metà Tour, ma comunque mai brillanti. Poco, molto poco.
B&B Hotels /KTM: voto 5. Una squadra dall’organico mediocre, con Pierre Rolland ormai in parabola discendente da un pezzo e Bryan Coquard grande promessa mai mantenuta (e forse sopravvalutata dai francesi). Ci mettono il cuore però, ed almeno Franck Bonnamour strappa il premio di super-combattivo del Tour.
Intermarché, Total-Direct Energie e Qhubeka-Assos: difficile dire qualcosa su queste squadre. Giusto Pierre Latour si è fatto vedere, mostrandosi un po’ sopra la media. Onesto Mentjes 14° assoluto, ma per il resto ruoli da comparse.
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