Unzué (Movistar) vorrebbe "un ciclismo più umano" | BDC Mag

Unzué (Movistar) vorrebbe “un ciclismo più umano”

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Eusebio Unzué, storico team manager del Team Movistar, si è aperto con alcune dichiarazioni a margine dell’imminente giro di Colombia, dove la sua squadra ha grandi ambizioni con il ritrovato Nairo Quintana e Ivan Sosa.

Innanzitutto Unzué ha confermato che ci sono delle discussioni e trattative i corso per la creazione di una super-lega, e che la Movistar ne fa parte: ““Stiamo pensando al futuro di questo sport, siamo parte delle squadre che fanno delle riunioni a riguardo. Il ciclismo è lo sport più immobile attualmente, continuiamo a fare le cose come facevamo quarant’anni fa quando ho cominciato io”.

1983: Unzué con un giovane Miguel Indurain

Vedremo a cosa porteranno queste riunioni, ma nel frattempo Unzué ha anche condiviso la sua visione su che direzione dovrebbe prendere il ciclismo: “Bisogna umanizzare le normative. Smettila di essere così brutali, così eccessivamente disumani“.

Il team manager dall’esperienza quarantennale nell’ambiente fa esempi concreti: “Oggi ad esempio un corridore che cade per poter ripartire il giorno dopo a volte deve fare 60 o 80 chilometri con un polso rotto. Perché può effettuare gli esami solo una volta arrivato, quindi dopo aver sofferto come un animale. Davvero non possiamo umanizzare tutto questo? Se un corridore cade non è forse un motivo sufficiente per andare in ambulanza, vedere se si è rotto qualcosa, e in questo caso ripartire il giorno dopo senza dover finire la tappa? Non chiederemo, come nel calcio, che tutto si fermi mentre i corridori recuperano. Ma dobbiamo tutelare la loro salute. Anche se ciò significa riclassificare i ciclisti sul tempo dell’ultimo, in modo che nessuno tragga vantaggio da una caduta, ma per evitare di farli soffrire inutilmente“.

Lo spagnolo 68enne fa un’altra proposta concreta: “Perché non consentire le sostituzioni nei Grandi Giri quando si verifica un ritiro nella prima settimana?. Tutte le squadre si preparano con dieci o undici corridori per i GT, e ne lasciamo due o tre a casa all’ultimo momento,  però se cade un corridore in corsa non hai diritto a nessuna sostituzione? Non sto dicendo un cambio per motivi tecnici o tattici ovviamente. Nel calcio per anni non c’è stata alcuna possibilità di sostituzione… Perché non provare, testare? Facciamo un passo avanti e vediamo se tutti lo trovano interessante. Abbiamo bisogno di cambiamento”.

Che il ciclismo abbia bisogno di cambiamenti lo si sente dire ormai da ogni parte. Il ciclismo è uno sport fortemente radicato nella tradizione e nella storia, e gran parte della sua immagine è stata creata proprio su una narrativa di epica, sofferenza, dolore e, fondamentalmente, disumanità, in mancanza di altri aspetti da veicolare. Ora però i tempi sono cambiati, lo sport è cambiato, e sono cambiati i modi di usufruirne e quindi raccontarlo, quindi dei cambiamenti sono necessari, ma le idee in merito ovviamente sono contrastanti, in particolare in questo periodo storico dove varie soluzioni vengono cercate nel passato, in mancanza di idee sul futuro.

Commenti

  1. Scaldamozzi ogni tanto:

    A leggere certi articoli viene l'impressione che siano scritti solo per riempire le pagine dei giornali o dei siti internet.
    Ma che senso ha quello che ha detto?
    Se un corridore, come purtroppo capita, cade e si procura diverse abrasioni sul corpo e a volte si rompe anche le ossa, ma continua per arrivare alla fine, ha già fatto la sua scelta: pur essendo fuori corsa, non vuole ritirarsi.
    La sua gara é segnata, difficilmente potrà essere utile alla squadra nelle tappe successive, tanto vale fermarlo subito.
    Dare la possibilità di andare al traguardo in ambulanza e partire il giorno dopo incerottato e magari ingessato é inutile ai fini sportivi.
    Per questo non servono regole nuove, basta che i direttori sportivi decidano diversamente per i propri atleti.
    Il punto è che se non lo fermi non lo sai se ha un polso rotto. Magari il polso rotto non ce l'ha, ed il giorno dopo può partire. Invece trascinarsi per tot km col polso veramente rotto che senso ha? Oltre che a mettere ulteriormente a rischio la sua incolumità?

    E' anche il senso del protocollo concussioni, che secondo il tuo ragionamento porterebbe a tirar fuori dalla corsa chiunque cada.
  2. Ser pecora:

    Beh, perché magari la situazione è meglio che sia verificata da un medico piuttosto che dal corridore o dal tifoso sul divano? Magari dopo cadute apparentemente senza gravi danni, senza sangue a fiotti. Vedere la caduta di Nibali al Tour 2018 dove si è rotto una vertebra. Uno continua ed è pure pericoloso.

    Anche Küng con la testa aperta ha deciso che voleva continuare...

    Vale appunto lo stesso per il protocollo concussioni: ci vogliono almeno 10' perché venga svolto. Però è un'opportunità che viene data per poter continuare la corsa dopo avere verificato l'integrità del corridore e magari poter essere utile nei giorni successivi. Ma non facendo il check dal divano o dall'ammiraglia.

    E comunque si arriva al secondo punto del povero DS che vive nelle favole: permettere una sostituzione nel caso uno si rompa.
    Ma si parla sempre di sofferenza per finire le tappe e mai del dover continuare quelle successive.
    Se decidono di continuare non servono altre regole, in caso di sospetta frattura la corsa é comunque andata, fare gli eroi per continuare é disumano quanto arrivare al traguardo, se non di più, visto che si protrae per più tappe.

    Quanto alle sostituzioni ancora peggio, il ciclismo é fondamentalmente uno sport individuale, avrebbero forse senso se i sostituiti non farebbero classifica, al limite, altererebbero troppo i valori.
    Un corridore fresco la terza settimana farebbe troppo la differenza rispetto gli altri.
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