Su vari media in questi giorni si legge che Wout van Aert e Mathieu van der Poel non avrebbero raccolto i successi che molti si aspettavano a causa dei loro impegni agonistici su più fronti. Loro, o chi per loro, pretenderebbero troppo, tenendoli impegnati oltre che su strada anche in ciclocross, e, nel caso di MvdP, anche in mountainbike.
Queste osservazioni sono fondate? O sono più frutto del fatto che questi due corridori non rispettano i canoni del ciclismo professionistico su strada, perlomeno quelli degli ultimi 30 anni, per cui serve non solo massima concentrazione su strada, ma anche specializzazione?
Si potrebbe intanto partire dai risultati: van Aert ha vinto 13 gare, tra cui la Gent-Wevelgem, l’Amstel Gold Race, il campionato nazionale su strada e soprattutto le 3 perle al Tour de France in tre contesti diversi: cronometro, salita e sprint. Un exploit storico. Una certa delusione può venire dal non avere centrato una classica monumento, ma è arrivato 3° alla Sanremo ed un più modesto 6° posto al Fiandre. Ma può contare sul secondo posto alla freccia Brabante. Presumibilmente sono stati brucianti per molti (soprattutto per lui osiamo immaginare) i secondi posti alle olimpiadi ed ai mondiali a crono, con un finale amaro al mondiale in casa ed alla Roubaix.
Per quanto riguarda MvdP le vittorie stagionali sono state meno, “solo” 8. Con acuti la Strade Bianche e la tappa al Tour de France. Nelle classiche monumento si è piazzato 5° alla Sanremo, 2° al Fiandre e 3° alla Roubaix. Per lui c’è stata la soddisfazione del mondiale nel ciclocross, il terzo consecutivo (proprio a spese di van Aert, che comunque ha vinto i 3 precedenti), e come somma delusione il ritiro alle olimpiadi in mountainbike. MvdP è il terzo corridore dal 1990 ad aver centrato la Top Ten in tutte le classiche monumento (dopo Rolf Sørensen e Philippe Gilbert). Il tutto in 14 mesi. Un pelo di più del solito recordman Eddie Merckx, che per centrare lo stesso obbiettivo ci ha messo 13 mesi tra il 1967 ed il 1968.
Tirando le somme, MvdP ha corso 37 giorni in Bdc (8 vittorie, 18 Top Ten) , 14 in Cx (8 vittorie, un 2° posto) e 5 in Mtb (2 vittorie, un 2° posto), per un totale di 56 giorni di gare. van Aert ha corso 49 giorni in Bdc (13 vittorie, 32 Top Ten) e 14 in Cx (4 vittorie, 6 secondi posti, due terzi posti), per un totale di 63 giorni di gare.
Per confronto, un corridore paragonabile per ecletticità, Tom Pidcock, ha corso 37 giorni in Bdc (1 vittoria, 7 Top Ten), 13 giorni in Cx (1 vittoria, 1 secondo posto e sei terzi posti) e 5 giorni in Mtb (3 vittorie tra cui l’oro olimpico, ed un secondo posto), per 55 giorni totali di gare.
Se si prendono come raffronti dei professionisti solo dediti alla strada si ha ad esempio che Sonny Colbrelli quest’anno ha corso 60 giorni. Primoz Roglic 61, Tadej Pogačar 59, Julian Alaphilipe 62. E sono corridori la cui stagione, al contrario di van Aert e MvdP, non è ancora terminata.
Si può dire che quindi van Aert abbia corso parecchio, ma a fine stagione non avrà più giorni di gara di altri campioni (se prendiamo un gregario come Tim Declerq i suoi giorni di gara sono attualmente 68, anche se fatti diversamente). Addirittura per MvdP sono meno.
Si può considerare il fatto che, affrontando i due fenomeni in questione la stagione di ciclocross, questa inizi abbondantemente prima di quella su strada. Ed in effetti le prime gare della stagione 2020/21 sono arrivate per van Aert il 28 novembre scorso (cx di Kortrjik) ed il 12 dicembre per MvdP (cx di Anversa), quando i loro omologhi stradisti erano in pieno riposo. Roglic ha ripreso le competizioni il 7 marzo alla Paris-Nice, Alaphilippe l’11 febbraio al giro di Provenza (assieme ad uno specialista delle classiche come Asgreen, per dire), Pogacar il 12 febbraio all’UAE Tour, Colbrelli il 27 febbraio alla Het Nieuwsblad. Decisamente più tardi insomma, al netto del fatto che il Tour Down Under è stato annullato, altrimenti alcuni avrebbero iniziato un 20 giorni prima, ma tendenzialmente non molti corridori da corse di un giorno. Ad ogni modo è vero che la stagione per i ciclocrossisti è iniziata full-gas quasi 3 mesi prima di chi è concentrato solo sulla strada.
È lecito pensare che ad esempio van Aert sia arrivato in questo finale di stagione piuttosto stanco e svuotato. E che un obbiettivo per lui importante come la Roubaix sia stato condizionato nel risultato da tutto ciò, con la sfortuna, per lui, che questa sia stata spostata ad ottobre. È lecito pensare che senza questo spostamento la sua stagione sarebbe terminata coi mondiali.
MvdP ha corso complessivamente meno, anche a causa dell’infortunio alla schiena, e questo sembra avergli giovato in freschezza nel finale di stagione.
Non avranno però troppo tempo di rifiatare, dato che la stagione di CX è appena iniziata, con già la vittoria al Superprestige di Toon Aerts domenica scorsa.
C’è da considerare che le gare di ciclocross (e pure quelle di Mtb) non sono gare impegnative da “smaltire” come quelle su strada, dato che si tratta di sforzi massimali di un’ora circa, ma chiaramente vanno preparate, e quindi presentarsi ad inizio stagione su strada con già 14 gare di CX nelle gambe più il relativo allenamento può avere un impatto, sicuramente positivo all’inizio, ma forse stancante mentalmente 11 mesi dopo.
In particolare van Aert è sembrato proprio un po’ appannato mentalmente in questo finale di stagione. E per lui bisogna anche considerare l’impatto psicologico di aver completato l’intero Tour de France, non solo vincendo l’11^, la 20^e la 21^tappa, ma aver fatto da gregario per tutte le altre. Al contrario MvdP ha corso solo 8 tappe al Tour prima di ritirarsi. Inoltre dopo il Tour non ha partecipato ad altre corse a tappe, mentre van Aert ha completato, e vinto, il Tour of Yorkshire, peraltro in un crescendo tiratissimo.
Ancora diversa la stagione di Pidcock, che dopo una Vuelta corsa da gregario si è riposato ed allenato solo per partecipare ai mondiali. Per poi chiudere la propria stagione.
Per concludere: se si guardano ai soli giorni di gara e si considera la tipologia di sforzo di CX e Mtb non sembra che van Aert e MvdP possano pagare dazio per un volume o carico maggiore. MvdP in particolare, che corre quasi sempre da capitano e in corse molto selezionate. Può essere che un certo peso lo abbia il non staccare mai nettamente come i loro colleghi solo stradisti, di fatto restando impegnati agonisticamente tutto l’anno. Questo può forse avere un impatto a livello di stanchezza mentale, in particolare per van Aert, che in ogni caso ha corso in questa stagione più di MvdP e spesso anche con ruoli da (super)gregario. In particolare al Tour di giorni “facili” ne ha avuti ben pochi.
A tutto questo si aggiunge lo stress mentale dell’essere ormai marcati a uomo da mezzo gruppo ad ogni gara di un giorno e l’avere comunque enorme pressione addosso da tifosi e media. Anche in questo caso van Aert paga lo scotto maggiore dell’essere belga, paese in cui il ciclismo è religione. Mentre MvdP in questo sembra potersi defilare un po’ di più.
Vedremo quindi i loro programmi per la prossima stagione, ma almeno per van Aert forse qualche cambiamento potrebbe starci, in particolare per arrivare agli appuntamenti più importanti tirato a lucido. Anche perché altri argenti brucianti come quelli degli ultimi mondiali ed olimpiadi o i podi a Sanremo e Fiandre, alla lunga potrebbero scaricarlo ancora di più.
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