Ferriveloci è una nuova realtà dell’artigianato italiano che si è fatta già conoscere anche sul nostro forum, e non abbiamo perso l’occasione di fargli visita. Al loro laboratorio inondato dalla luce che filtra da grandi vetrate si accede per una scenografica scaletta. Siamo a Milano, ma l’atmosfera è più da tipico atelier d’artiste parigino.
Aldilà dell’atmosfera però la concretezza c’è tutta e si chiama Paolo e Gianmaria, due laureati in design industriale folgorati dalle biciclette che hanno deciso di intraprendere la strada da telaisti. Prima seguendo gli insegnamenti di Mario Camillotto, storico telaista che ha lavorato con nomi importanti della tradizione italiana, come Cinelli, poi con un workshop di Dario Pegoretti, uno dei numi tutelari dell’attuale panorama telaistico artigianale (non solo italiano), e poi mettendosi in proprio ed aprendo la loro bottega. Che forse di tutto il percorso, di questi tempi, in Italia, è il passo che merita più coraggio.
Avviare un’impresa del genere passa ovviamente dalle tante spese e burocrazie, e l’acquisto dei macchinari. Alcuni dei quali sono stati progettati da loro stessi al CAD e poi fatti realizzare da un’officina meccanica.
E poi c’è la pratica, che per un telaista passa inevitabilmente per lo sgolare, limare, saldare. E soprattutto sbagliare ed imparare. Per farsi uno stile proprio.
Stile proprio che nel caso di Ferriveloci passa per un certo gusto per il retrò, per la tradizione italiana, per la bici da pista, ma anche per l’ibridazione con le tante proposte e novità che si vedono ormai in gran numero nella nicchia dei telai in acciaio, sulla spinta di eventi come i saloni dedicati alle bici custom, come il noto NAHBS americano o il Bespoked inglese, e che si concretizza nell’utilizzo sia della saldobrasatura che del fillet brazing che del Tig.
Questo percorso, iniziato da poco, si è però già concretizzato in un modello interessante, sinteticamente chiamato B, che propone tubi oversize, carro posteriore con un wishbone infulcrato basso e freno posteriore sotto il movimento centrale (qui una galleria di foto). E con altri dettagli che via via verranno implementati, dal piantone in carbonio ad un interessante tubo sterzo con serie sterzo ribassata forato con taglio al laser, etc…d’altronde il bello del custom è che (quasi) tutto è possibile.
Come ripete Paolo però l’importante è sperimentare, ma tenendo d’occhio le cose basilari, in primis che la bici deve essere pedalata e quindi funzionare bene.
Ecco che quindi oltre ai progetti su carta e su CAD la maggior parte dell’attenzione di Ferriveloci è data alla cura del dettaglio, alle prove (uno scatolone di foderi bassi scartati ne è buona prova) al feedback dei clienti.
Si respira quindi un’aria diversa da Ferriveloci rispetto altre botteghe, si respira l’aria dell’entusiasmo, quello di giovani che finalmente si lanciano senza star sempre a guardarsi indietro o al passato, legati ad una tradizione che c’è, ma si è anche evoluta e si dovrebbe sempre più evolvere, consci anche delle tante difficoltà, ma sicuri di quello che sanno e non sanno e soprattutto di quello che vogliono.
Innanzitutto dal punto di vista stilistico, che sicuramente per degli italiani è una carta importante da giocarsi.
Ed infatti cominciano ad arrivare i primi ordini dall’estero. Grazie anche a dei prezzi competitivi, in particolare in rapporto alla qualità di esecuzione. Cosa che nella nicchia dell’acciaio non è sempre scontata.
Non si può quindi che fargli i migliori auguri. Forza ragazzi!
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