La visita prosegue lasciando l’etereo mondo delle idee del centro di ricerca per passare alla produzione era e propria.
Passando anche per la mensa, grande quanto uno stabilimento di medie dimensioni.
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La produzione avviene nel “cuore” del sito di produzione e si tratta di industria vera e propria.
In particolare il cuore della produzione è rappresentato dall’edificio in cui si trovano i due miscelatori per la produzione del caucciù.
Veramente enormi. L’edificio in cui sono contenuti lo si puo’ in parte vedere dietro il camion che sta scaricando il nero di carbone in foto (più che scaricato, estratto da una pompa che lo riversa in un magazzino sotterraneo)
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Hutchinson è il primo produttore mondiale di caucciù ed ha differenti siti di produzione in tutto il mondo. Quello di questa visita produce il caucciù per la produzione, oltreché dei pneumatici da bicicletta, per guarnizioni per automobili (vetri, portiere, cinghie, tubazioni, etc.). Infatti in questi stabilimenti si producono guarnizioni per praticamente la gran maggioranza dei marchi automobilistici. La quasi totalità di quelli tedeschi per esempio.
In cima all’edificio vengono portate tramite dei montacarichi le materie prime. E quella basilare qui è il caucciù naturale, estratto dalle piante, coltivate intensivamente nel sud-est asiatico
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Al caucciù naturale si aggiunge il nero di carbone che lo fa diventare del colore che tutti conosciamo, oltre che fargli prendere il noto odore. Ma che lo fa diventare anche resistente al calore e ne migliore alcune caratteristiche meccaniche.
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Il nero di carbone pero’, oltre ad essere sempre più costoso, essendo un derivato del petrolio è pure molto probabilmente cancerogeno e quindi si sta cercando di eliminarlo o comunque di ridurne l’uso, utilizzando altri composti chimici.
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Componenti chimici che vengono aggiunti nella miscelazione a seconda del tipo di gomma che si vuole ottenere. Il più comune è la silice, ma ce ne sono altre decine, dal diossido di titanio fino ad altre materie più esotiche. Tutti questi elementi vengono pesati ed aggiunti da una macchina computerizzata, che non ho potuto fotografare, che li prende da dei cassetti e li aggiunge in modo automatico in base alla formula che un ingegnere chimico inserisce al computer. Predisponendoli in sacchetti della quantità desiderata
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Alla fine tutti gli elementi vengono disposti su un nastro trasportatore, pronti per essere fagocitati dal miscelatore
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A questo punto bisogna scendere di una ventina di metri al piano di sotto dove si trovano i due miscelatori. Uno automatico ed uno semi-automatico. Solo quest ultimo era in funzione, visto che l’altro era in manutenzione. Per fortuna a quanto pare, perché quando sono in funzione assieme pare che il rumore prodotto sia mostruoso. Per capire bene l’atmosfera del luogo, provate ad annusare e toccare un copertone nuovo: quel tipico “unto” che lascia sulle mani ed il tipico odore qui sono moltiplicati di svariati ordini di grandezza. I tappi per le orecchie sono necessari e si cammina in un dedalo di macchine che producono un gran calore. Un’atmosfera abbastanza infernale.
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Il miscelatore fa cadere dall’alto la melassa di caucciù calda, che viene passata per svariati metri in dei rulli per raffreddarla ed impedire che parta il processo di vulcanizzazione.
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Una volta raffreddato, il caucciù viene tagliato ed arrotolato in matasse e stoccato in un magazzino
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A questo punto il risultato viene prelevato a campione e controllato di nuovo in un laboratorio giusto a fianco dei miscelatori per verificare che la mescola rientri nei parametri voluti
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Fatto cio’ dal magazzino vengono prelevati gli stock di gomma ed indirizzati ai reparti produttivi. E finalmente per noi si arriva alla produzione dei pneumatici da bici.
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Vari macchinari producono i differenti componenti dei copertoni: carcasse e battistrada. Differenziando tra mtb e bdc, tubeless e no.
Nel caso dei battistrada per i copertoncini da bdc, una macchina automatica li salda termicamente assieme e li fa raffredare in una vasca d’acqua. O meglio lo fa raffreddare, perché il battistrada è un’unica striscia kilometrica che viene poi tagliata.
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Una volta pronti, vengono preparati in matasse pronte per essere tagliate ed andare a comporre il copertoncino finito. Divise per colori del fianco. Questa parte è comune anche ai copertoni da mtb, cambia solo la dimensione e la mescola del battistrada.
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Altro passaggio comune è la preparazione delle carcasse. Per cui dei fili di nylon vengono annegati nel caucciù. Il n° dei fili da il famoso TPI
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Questa “stoffa” viene tagliata da una macchina e poi le tele vengono disposte e saldate secondo l’angolo voluto
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Successivamente i vari componenti vengono assemblati assieme da un’altra macchina che aggiunge anche i cerchietti in kevlar.
Macchina che non ho potuto fotografare. Solo le matasse di filo di kevlar.
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A questo punto i copertoni sono delle lunghe matasse continue. Per farli diventare veri pneumatici vengono arrotolati su dei cilindri (la misura è controllata da computer) che poi si espandono mettendo in tensione il copertone. Delle addette incollano dei rinforzi che vengono termosaldati sia longitudinalmente che trasversalmente. Quelli in foto sono i nuovi tubeless da strada Galaktik che hanno cerchietti e rinforzi in fibra di carbonio. Per piazzare con precisione i rinforzi un laser proietta dei riferimenti sul copertone
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Ogni tipo di copertone ha i suoi parametri di tensione e dimensione. Dopo questa operazione i copertoni sono quasi finiti
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O meglio, lo sono quelli da bdc, mentre quelli da mtb devono ricevere il battesimo della tassellatura. Per fare cio’, il copertone viene inserito in uno stampo in due pezzi, con il disegno della tassellatura lungo la circonferenza
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Lo stampo viene chiuso ed una membrana si gonfia ad alta pressione all’interno, grazie a del vapore. Ed il copertone viene lasciato in forma per 3 minuti alla temperatura di 177°
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Ovviamente tanti copertoni uguale tanti stampi
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E cosi’, il copertone da slick diventa tassellato
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A questo punto mancano solo i test a campione per verificare la qualità. Passato questo test gli stock vengono etichettati ed inviati con un nastro trasportatore al magazzino imballaggio. I copertoni tubeless vengono testati su cerchi appositi ed infilati in una macchina per verificare che non perdano aria. Una macchina davvero carina, che pero’ non mi è stato permesso fotografare (“Le cose semplici sono le migliori, ma anche quelle più facilmente copiabili” mi viene detto)
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Per concludere la visita vi lascio due foto degli edifici storici del 1853 che ha costruito Mister Hutchinson in persona. O meglio l’architetto in voga all’epoca: Gustave Eiffel. Edifici ora utilizzati come magazzini e per l’amministrazione. Edifici piuttosto cadenti.
Il motivo è che sono classificati come monumenti storici e da 15 anni Hutchinson non riesce a mettersi d’accordo con la versione francese della sovrintendenza delle Belle Arti sulle modalità di restauro.
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Ed un piccolo aneddoto: in una saletta vengono tenute le maglie dei vari Pro che hanno utilizzato Hutchinson negli anni.
Mi cade l’occhio su una foto in particolare e chiedo: “L’avete già tirato giù dal muro?“.
La malinconica risposta: “E’ caduto da solo“.
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Avec tous mes remerciements à: Clémentine Sillam, Gilles Cazier, Norbert Gangloff, Yann Fromont e Charlie Hancock
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