Visita a Cinelli/Columbus

Alle porte di Milano, a Caleppio di Settala, sorge lo stabilimento in cui si trova una delle realtà, anzi due, italiane più conosciute al mondo ciclistico: Cinelli e Columbus.

Queste due realtà sono legate oggi tra loro in un unico gruppo, che si chiama per l’appunto Gruppo, e condividono parte degli stessi spazi.

Come introdurre una visita a questa realtà? Cino Cinelli, SuperCorsa, Laser, Unicanitor, Eubios, Spinaci, Ram, Nivacrom, Niobium….questi nomi hanno fatto la storia della bicicletta ed ognuno di loro ed il prodotto che nominano meriterebbe un articolo dedicato.

Quindi lascio parlare le immagini della realtà attuale, l’oggi che per Cinelli è un passaggio sospeso tra un passato che è un patrimonio forse unico nel mondo del ciclismo ed un domani continuamente ricercato, disegnato, anticipato.

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Capannoni industriali, perché nel caso di Columbustubi di industria si parla, ma anche spazi moderni, riempiti di oggetti d’arte e di design. Columbus nasce infatti come produttore di mobili in tubi metallici disegnati dai migliori designer italiani del dopoguerra, e l’attuale presidente Antonio Colombo non viene dalla gavetta di telaista o meccanico, ma è un raffinato collezionista d’arte, uno che è a suo agio tanto nel parlare di Rothko quanto di Merckx. Una figura sicuramente eccentrica rispetto il milieu ciclistico nostrano, ma anche una persona concreta, diretta, non un sognatore (non solo).

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In questi spazi molto chic, metà luogo di lavoro, metà vernissage, si confondono i prodotti con le opere esposte. Una certa idea di design qui si concretizza

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Il reparto progettazione e grafica è unico. La grafica qui è il progetto, il manufatto

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Nello showroom interno fanno mostra di se questi prodotti, con attenzione per l’allestimento ovviamente, ed il contemporaneo si incontra con il passato.

I prodotti storici non sono il “passato”, anzi.

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Basta una porta per cambiare atmosfera ed entrare davvero nel mondo della bicicletta: fatto di odori di grasso, rumori metallici, l’atmosfera di officina

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Qui si montano le bici, o perlomeno alcune. Oggi la produzione per la media e bassa gamma è inesorabilmente asiatica, ma i top di gamma in acciaio e carbonio (Supercorsa, XCR e Laser) sono fatti in Italia, da vari artigiani selezionati. Come sempre è stato per Cinelli. Anche ai tempi di questo Supercorsa “speciale”, quello usato da Ole Ritter nel 1968 per il record dell’ora. Record che durò 4 anni, quando il signor Merckx lo infranse facendo segnare quello che durerà 30 anni.

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al suo fianco un pezzo per cui certi collezionisti sarebbero pronti ad uccidere per averlo: La Laser Air

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Attraversando un “muro virtuale” dello stesso capannone si passa nel lato Columbus.

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Qui si fabbricano i tubi in metallo, ma si fanno anche i test sui telai in carbonio e sulla componentistica con vari macchinari per misurarne rigidezza, resistenza a fatica, etc..

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Ovviamente ci sono macchinari industriali per fare le misure sui tubi, come le prove di elongazione

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Tubi che qui si vedono nascere, dal tubo grezzo e poi lubrificato

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ai mandrini per creare gli spessori variabili

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alle trafile vere e proprie, una per ogni serie, per ogni tubo, per ogni artigiano, con la sua etichetta

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alla trafilatura vera e propria

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alla lucidatura

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fino ai tubi finiti e pronti per essere saldati

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I tubi che ancora oggi vanno nelle mani dei vari artigiani di tutto il mondo.

Ed anche di artigiani si parla con Antonio Colombo, nel suo impressionante ufficio

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Artigiani che vanno preservati, come patrimonio della tradizione italiana, ma come? Le idee sono tante, ma Colombo giustamente dice “in astratto, ma poi la pratica è altra cosa, e poi io intanto devo preservare me stesso“.

Già e la via di Cinelli e Columbus è chiara: “impossibile oggi essere concorrenziali con gli americani ed i tedeschi sul campo delle sponsorizzazioni…servono 2-3 milioni a stagione per un team WorldTour, con tutti i rischi che ti prendi…e comunque loro possono metterne il doppio…

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Quale quindi la via per gli italiani? Colombo non ha esitazioni: “le nicchie, le ibridazioni, far capire alla gente che non c’è solo 1 modo di andare in bicicletta, che non si deve per forza fare il verso ai super-pro, che ci sono le fisse per riconquistare le città, le lunghe distanze, il piacere del viaggio, del cicloturismo

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Annuisco, dico la mia, vedo perplessità, forse dico cose ingenue o semplicemente stupide. Colombo sorride, annuisce, scuote la testa.

Sia nel parlare con lui che con l’ingegnere che mi ha guidato o il product manager che mi ha introdotto ai luoghi si capisce che l’atmosfera qui, per quanto ovattata non è impermeabile alle preoccupazioni di tutti, il momento non è facile, Cinelli in particolare è in crescita globalmente, ma i mercati emergenti sono in Asia, in Italia si naviga a vista. Le idee ci sono, ma l’inerzia e la difficoltà del metterle in pratica oggi è tangibile ovunque.

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Alla fine una stretta di mano, saluto e me ne vado. Mentre esco penso che Cinelli è un buon esempio di quello che di buono possiamo ancora offrire in Italia: quella Cultura in equilibrio tra tecnologia e sensibilità artistica.

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