Per noi la piccola e media impresa come fattore propulsivo è un ricordo legato agli anni '60/'70, quando in effetti fu un volano per l'economia italiana. Ma qual era il contesto di allora?
Il mondo del libero commercio era composto dai paesi dell'Europa occidentale (neanche tutti: Grecia, Spagna e Portogallo erano o stavano uscendo da un periodo di dittature e quindi erano ancora politicamente instabili), poi da USA, Canada, Giappone, HK, Singapore, Australia e Nuova Zelanda. Stop.
C'erano la cortina di ferro e quella di bambù, i paesi latinoamericani erano un continuo susseguirsi di rivoluzioni e colpi di stato, idem buona parte di quelli asiatici (quando non erano in guerra o dietro le suddette cortine), quelli africani non parliamone. Nessun imprenditore sarebbe mai andato ad investire in quei luoghi.
In questo contesto, l'Italia all'interno del mondo del libero commercio era il paese più povero, con il costo del lavoro più basso, e quindi era il più concorrenziale nelle produzioni labour intensive a basso valore aggiunto.
Oggi il mondo è ancora quello di allora? No. E non possiamo certo pensare di raggiungere di nuovo quel livello di concorrenzialità negli stessi settori, a meno di non adeguare i nostri stipendi (e le nostre pensioni) a quelli di Vietnam e Bangla Desh...
Il mondo è andato avanti, ma purtroppo la nostra visione è rimasta la stessa.
Ci autoassolviamo dicendo che la colpa è sempre degli altri, e mai che facciamo una riflessione seria sulle origini dei nostri problemi e dei nostri errori. I 'colpevoli' sono sempre gli stessi: l'Europa, i poteri forti, le multinazionali, mai la nostra scarsa capacità di adeguarci e governare il cambiamento. E' una visione di comodo, che giova ad alcuni politici che ci hanno costruito su una discreta rendita di posizione, ma che ci fa rimanere fermi, impantanati, mentre il mondo va avanti. Con noi o senza di noi, che siamo destinati a scivolare sempre più in basso.
E lo dico con grande amarezza, da padre di una figlia che da tre anni è emigrata in Svizzera, dove ha già cambiato quattro lavori (sempre in meglio), e che da quasi neolaureata prende uno stipendio che è oltre una volta e mezza quello che percepivo io da dirigente con trent'anni di esperienza. Cosa le offriva la mitica PMI nostrana? Stage a 400 euro al mese, ad andar bene...
E lo ripeto da padre di una seconda figlia che tra poco se ne andrà anche lei, come tanti altri figli di amici, via da questo paese che è capace solo di autoassolversi, trovare sempre dei colpevoli esterni per i propri problemi, ma mai di fare una diagnosi critica dei propri mali e di cercare delle soluzioni.
Perdonate lo sfogo, ma sono abbastanza stanco di leggere sempre gli stessi slogan, paravento solo dei nostri difetti e delle nostre incapacità.
ps: su Amazon vendono anche tantissime piccole imprese italiane (e di solito solo le più sveglie, le più dinamiche), e vederla come minaccia alla nostra identità mi fa sorridere, quando sono decenni che ci rimpinziamo senza problemi di prodotti dell'industria dello spettacolo americana (diffusi in primis da quelle tv private nostrane, le stesse che ospitano i talk show dove si blatera continuamente di italianità e che ospitano permanentemente i politici di cui sopra).