Cerca
Cerca solo tra i titoli
Da:
Cerca solo tra i titoli
Da:
Menu
Home
Allerta prezzi
Forum
Nuovi Messaggi
Cerca...
Iscritti
Visitatori online
Novità
Nuovi Messaggi
Nuovi media
Nuovi commenti media
Ultime Attività
Nuove inserzioni nel mercatino
Nuovi commenti nel mercatino
Mercatino
Nuove inserzioni
Nuovi commenti
Latest reviews
Cerca nel mercatino
Feedback
Guarda le statistiche
Training Camp
Pianificazione
MTB
Media
Nuovi media
Nuovi commenti
Cerca media
EBIKE
Accedi
Registrati
Cerca
Cerca solo tra i titoli
Da:
Cerca solo tra i titoli
Da:
Nuovi Messaggi
Cerca...
Iscritti
Visitatori online
Menu
Install the app
Installa
Rispondi alla discussione
JavaScript è disabilitato. Per una migliore esperienza di navigazione attivalo nel tuo programma o nella tua app per navigare prima di procedere.
Stai usando un browser molto obsoleto. Puoi incorrere in problemi di visualizzazione di questo e altri siti oltre che in problemi di sicurezza. .
Dovresti aggiornarlo oppure
usarne uno alternativo, moderno e sicuro
.
Home
Forum
Altri temi
Emozioni & Imprese
Ciclisti over 70
Testo
<blockquote data-quote="Bert5quant1" data-source="post: 7598666" data-attributes="member: 121134"><p>Un raccontino relativo ad un altro pastore che annotai nel giugno 2015, per chi vorrà leggerlo.</p><p> - - - - - - - - - -</p><p></p><p>Storie vecchie di montagna - Festa Remo</p><p></p><p> Era un giorno delle mie ferie di agosto, anno 1983 Avevamo promesso ad amici poco avvezzi alle lunghe escursioni una serie di visioni memorabili pur evitando di sfinirsi, pertanto salimmo a Indren in funivia per poi scendere a piedi ad Alagna, tanta strada ma niente salite. Dopo un caffé al bar della vecchia stazione di Indren (oggi chiusa) iniziammo a puntare allo Stolemberg, aggirandolo per arrivare all'istituto Mosso e poi al col d'Olen, passando anche per il Vigevano. Scendemmo il sentiero che porta al Foric, dove trovammo 1500 pecore sparse per i pendii, in parte sotto il passo in direzione di Pian Misura e Otro, in parte sui pendii laterali in salita verso Alpe Zube. Su una roccia lontana, a 3-400 metri dal passo e più in alto, verso Zube e contro il cielo, si stagliava la figura vigile di un pastore. Vedevo solo il busto spuntare dalla pietra, ed era sempre là immobile, statua viva tra le rocce e i prati. Al passo c'erano molti escursionisti di passaggio e vari s'erano fermati qui a fare lo spuntino: il colle è un riferimento, un punto di arrivo e di partenza, un segno di matita nella carta dell'anima che ti dice di fermarti, guardare, fotografare, mangiare, chiaccherare. La salita e la discesa, il fianco della montagna sono un tramite, un qualcosa che deve essere passato al meglio e in fretta, durante la salita su sentieri difficilmente ci sono punti notevoli, pietre miliari dello spirito che ti facciano fermare: al massimo gruppi di baite, laghetti... ma anche se c'è nulla, è sul colle o ancor più sulla cima che senti il bisogno di sostare, lì la montagna ti lavora dentro e ti fa sedere, almeno un attimo, perché fermarsi, ma solo al colle o alla cima, diventa la cosa giusta da fare. Il pastore aveva un cane che gli girava vicino, poi a un tratto esso venne giù al colle, veloce come questi cani sanno essere, aggirando pecore troppo lontane. Poi, soddisfatto di averle radunate, venne a girare tra noi. Nessuno tra i presenti lo accarezzò, la giornata era particolarmente affollata di gente poco confidente con i cani, mentre io e Grazia, abituati, tendemmo la mano con un pezzetto di panino e poi di cracker. Dopo qualche titubanza il cane mangiò e questo gli bastò ad avvicinarsi di più e lasciarsi toccare. Si beccò qualche coccola, che apprezzava. Rimase vicino a noi e non correva più da nessuna parte e da nessuno. Non ci accorgemmo di nulla, ma il pastore era lì a pochi metri da noi, era sceso con gamba forte, per vedere chi erano quelli che il suo cane aveva accettato. Mi venne spontaneo, e non lo facevo mai, di parlargli in dialetto, una premonizione? ... e lui rispose in dialetto. Questo inizio sciolse qualcosa perché sembrò sollevato e amichevole come se ci fossimo conosciuti già da prima, quel modo consueto di fare</p><p>Ci disse qualcosa della sua vita, il suo nome, Festa Remo, e che le pecore non erano sue, che era povero per comprare bestie sue, quindi faceva il pastore delle pecore di altri. Non parlò con gli altri escursionisti, solo con noi. Ci regalò in modo esclusivo il suo momento di voglia di compagnia, un previlegio che non dimenticai. Ci disse che aveva parenti a Gattinara e a Ghemme e fummo tutti contenti di questa comunanza sia pur lontana, di questa prova che il mondo è sempre piccolo.</p><p></p><p>Non incrociammo più i nostri passi con i suoi.</p><p>Passarono gli anni, trovai altri pastori sperduti a pascolare per mesi le greggi in alpeggi lontani, a quote sopra i duemila, pastori che, tutti, conoscevano il Remo, e a poco a poco costruii una mia "rete" di nomi, pochi, ma tutti legati dalla conoscenza reciproca.</p><p>Finché qualcuno mi disse che Remo era morto, povero come sempre, che i pochi soldi che guadagnava andavano tutti nel mese e fine.</p><p>Al Foric in quell'83 aveva al collo un binocolo Zeiss che gli era rimasto da militare. La vernice nera limata nei punti sporgenti lasciava intravedere il corpo in ottone. Lo portava sempre al collo, ovunque, non lo lasciava in baita.</p><p></p><p>Mi dissero che in una festa di paese, non ricordo se Rassa, Campertogno o chissà dove, dopo aver mangiato, e bevuto fors'anche di più, si addormentò, con il binocolo al collo, che non toglieva mai, come alcuni fanno con la collanina d'oro o con l'orologio. Una mano infame glielo rubò. Ho immaginato che da quel momento fino alla morte sia rimasto veramente più solo, e anche ferito.</p><p></p><p>Trovai i suoi parenti, e diedi loro la copia della foto scattata nell'83.</p><p>E penso ancora oggi che il suo spirito vada libero per i pascoli alti a dialogare in dialetto, ma solo con chi vuole lui.</p><p>Ciao Remo, ovunque tu sia.</p><p>[ATTACH]464407[/ATTACH]</p><p></p><p>Ennio Bertona, 3.6.2015</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Bert5quant1, post: 7598666, member: 121134"] Un raccontino relativo ad un altro pastore che annotai nel giugno 2015, per chi vorrà leggerlo. - - - - - - - - - - Storie vecchie di montagna - Festa Remo  Era un giorno delle mie ferie di agosto, anno 1983 Avevamo promesso ad amici poco avvezzi alle lunghe escursioni una serie di visioni memorabili pur evitando di sfinirsi, pertanto salimmo a Indren in funivia per poi scendere a piedi ad Alagna, tanta strada ma niente salite. Dopo un caffé al bar della vecchia stazione di Indren (oggi chiusa) iniziammo a puntare allo Stolemberg, aggirandolo per arrivare all'istituto Mosso e poi al col d'Olen, passando anche per il Vigevano. Scendemmo il sentiero che porta al Foric, dove trovammo 1500 pecore sparse per i pendii, in parte sotto il passo in direzione di Pian Misura e Otro, in parte sui pendii laterali in salita verso Alpe Zube. Su una roccia lontana, a 3-400 metri dal passo e più in alto, verso Zube e contro il cielo, si stagliava la figura vigile di un pastore. Vedevo solo il busto spuntare dalla pietra, ed era sempre là immobile, statua viva tra le rocce e i prati. Al passo c'erano molti escursionisti di passaggio e vari s'erano fermati qui a fare lo spuntino: il colle è un riferimento, un punto di arrivo e di partenza, un segno di matita nella carta dell'anima che ti dice di fermarti, guardare, fotografare, mangiare, chiaccherare. La salita e la discesa, il fianco della montagna sono un tramite, un qualcosa che deve essere passato al meglio e in fretta, durante la salita su sentieri difficilmente ci sono punti notevoli, pietre miliari dello spirito che ti facciano fermare: al massimo gruppi di baite, laghetti... ma anche se c'è nulla, è sul colle o ancor più sulla cima che senti il bisogno di sostare, lì la montagna ti lavora dentro e ti fa sedere, almeno un attimo, perché fermarsi, ma solo al colle o alla cima, diventa la cosa giusta da fare. Il pastore aveva un cane che gli girava vicino, poi a un tratto esso venne giù al colle, veloce come questi cani sanno essere, aggirando pecore troppo lontane. Poi, soddisfatto di averle radunate, venne a girare tra noi. Nessuno tra i presenti lo accarezzò, la giornata era particolarmente affollata di gente poco confidente con i cani, mentre io e Grazia, abituati, tendemmo la mano con un pezzetto di panino e poi di cracker. Dopo qualche titubanza il cane mangiò e questo gli bastò ad avvicinarsi di più e lasciarsi toccare. Si beccò qualche coccola, che apprezzava. Rimase vicino a noi e non correva più da nessuna parte e da nessuno. Non ci accorgemmo di nulla, ma il pastore era lì a pochi metri da noi, era sceso con gamba forte, per vedere chi erano quelli che il suo cane aveva accettato. Mi venne spontaneo, e non lo facevo mai, di parlargli in dialetto, una premonizione? ... e lui rispose in dialetto. Questo inizio sciolse qualcosa perché sembrò sollevato e amichevole come se ci fossimo conosciuti già da prima, quel modo consueto di fare Ci disse qualcosa della sua vita, il suo nome, Festa Remo, e che le pecore non erano sue, che era povero per comprare bestie sue, quindi faceva il pastore delle pecore di altri. Non parlò con gli altri escursionisti, solo con noi. Ci regalò in modo esclusivo il suo momento di voglia di compagnia, un previlegio che non dimenticai. Ci disse che aveva parenti a Gattinara e a Ghemme e fummo tutti contenti di questa comunanza sia pur lontana, di questa prova che il mondo è sempre piccolo. Non incrociammo più i nostri passi con i suoi. Passarono gli anni, trovai altri pastori sperduti a pascolare per mesi le greggi in alpeggi lontani, a quote sopra i duemila, pastori che, tutti, conoscevano il Remo, e a poco a poco costruii una mia "rete" di nomi, pochi, ma tutti legati dalla conoscenza reciproca. Finché qualcuno mi disse che Remo era morto, povero come sempre, che i pochi soldi che guadagnava andavano tutti nel mese e fine. Al Foric in quell'83 aveva al collo un binocolo Zeiss che gli era rimasto da militare. La vernice nera limata nei punti sporgenti lasciava intravedere il corpo in ottone. Lo portava sempre al collo, ovunque, non lo lasciava in baita. Mi dissero che in una festa di paese, non ricordo se Rassa, Campertogno o chissà dove, dopo aver mangiato, e bevuto fors'anche di più, si addormentò, con il binocolo al collo, che non toglieva mai, come alcuni fanno con la collanina d'oro o con l'orologio. Una mano infame glielo rubò. Ho immaginato che da quel momento fino alla morte sia rimasto veramente più solo, e anche ferito. Trovai i suoi parenti, e diedi loro la copia della foto scattata nell'83. E penso ancora oggi che il suo spirito vada libero per i pascoli alti a dialogare in dialetto, ma solo con chi vuole lui. Ciao Remo, ovunque tu sia. [ATTACH]464407[/ATTACH] Ennio Bertona, 3.6.2015 [/QUOTE]
Riporta citazioni...
Verifica Anti SPAM
Invia risposta
Home
Forum
Altri temi
Emozioni & Imprese
Ciclisti over 70
Alto
Basso