Per essere più chiaro porto l'esempio del giro del Lago d'Iseo, che per quanto breve rende il concetto. In qualche ora ci si gode l'intero lago e ci si ritrova alla macchina senza avere nessun problema di rientro. L'altro caso è l'itinerario Peschiera Mantova, la cui segnaletica va e vien dalla sponda del fiume con lunghi tratti asfaltati privi di senso turistico, ed a volta si perdono le traccie. Una volta arrivato a Mantova l'itinerario è consumato. Per rientrare al punto di partenza mi ci vuole un viaggio ad hoc in bici o con un altro veicolo. Evitare questa impostazione è molto, nel rapporto tempo-benefici, anche se capisco non sia possibile in tutti i casi, ma bisogna pur cercarle delle soluzioni adatte a utilizzare al meglio tutto il tempo trascorso in bicicletta. Si nota invece che nella mente dell'architetto della ciclabile c'è l'impresa di collegare due nomi importanti e non la vera esperienza cicloturistica, che tu "popolo", subirai in quanto tale ed io perpetuerò in quanto intoccabile, unico motivo, oltre quello economico, per cui lo faccio e mi ci spippiolo nel quartiere. Sono tradizioni che hanno delle ragioni storiche, ma sono troppo lontane dai sistemi di progettazione contemporanea, dove il ventaglio dei bisogni dei destinatari è al centro dell'attenzione. Niente che non sia osservabile, dove tutto è discutibile.
Quella evidenziata è l'idea di creare un percorso continuo, in perfetta linea con quelli già esistenti nel resto d'Europa.
Se permetti, le considerazioni retoriche lasciano (in me) il tempo che trovano.
Tanti anellini chiusi non servono a niente, se non a quello che arriva con la propria automobile, fa il giretto e torna indietro.
Questo non è il cicloturista medio, è il pensiero del "ciclista" della domenica che vuole la pistina ciclabile che faccia il giro a suo uso e consumo.
Mentre il cicloturista vero magari arriva con il treno, parte da Torino e dopo una decina di giorni arriva a Venezia, ripiglia il treno e torna a casa.
Ma tu, in giro per l'Europa, ci sei mai andato con la bici e i bagagli?
Io si, dal lontano 1998 ho saltato solo qualche anno.
Ero a Dresda nel 2007, conversando con altri cicloturisti bavaresi incontrati lungo l'Elba, raccontavo di dove ero: Belluno, tra Dolomiti e Venezia, per farmi capire.
Ahhh... wunderbar! e mi chiedevano se dal Brennero c'era modo di scendere a Venezia lungo la valle dell'Adige e la Valsugana.
Io mi vergognavo a dir loro che era impossibile, c'era qualche pezzettino ma un itinerario continuo, segnalato e lontano dalle strade trafficate, ahimè, non esisteva ancora.
Meno chiacchiere, più concretezza.
Sennò ci giochiamo pure questo genere di turismo, che a differenza delle megacrociere porta lavoro anche e soprattutto nei meravigliosi paesini che abbiamo.