La notizia da commentare è:
l’unione ciclistica internazionale (UCI) ha deciso di adattare le attuali regole sul diritto delle atlete transgender a partecipare alle gare del calendario internazionale UCI:
“D’ora in poi alle atlete transgender che hanno effettuato la transizione dopo la pubertà (maschile) sarà vietato partecipare alle gare femminili del calendario internazionale UCI – in tutte le categorie – nelle varie discipline.
Il Comitato direttivo dell’UCI ha preso atto dello stato delle conoscenze scientifiche, che non confermano che almeno due anni di terapia ormonale di conferma del sesso con una concentrazione plasmatica di testosterone target di 2,5 nmol/L siano sufficienti a eliminare completamente i benefici del testosterone durante la pubertà negli uomini."
Il corollario:
...la categoria maschile sarà rinominata Men/Open, e qualsiasi atleta che non soddisfi le condizioni per la partecipazione agli eventi femminili sarà ammesso senza restrizioni.
Significa che nel ciclismo (come in altri sport) si è preso atto che la categoria femminile deve essere riservata a quegli esseri umani che hanno un tasso di testosterone (o di altri parametri) sufficientemente basso. Fino a non molto anni fa questa "restrizione" ha coinciso con la semplice ammissione automatica nella categoria Donne di tutti quegli essere umani che erano stati classificati alla nascita di genere femminile.
Da qualche tempo, che ci piaccia o no, anche nello sport si è preso atto che una parte significativa di essere umani non è strettamente definibile come maschio, o femmina, secondo i canoni classici (cromosomi, aspetto fisico, organi sessuali esterni), ma sta in qualche modo a metà strada, o perchè sono nati così, o perchè ad un certo punto della loro vita hanno deciso di avviare un percorso di transizione (supportato da farmaci, o anche no).
La cosa non ha a necessariamente che fare con l'identità di genere percepita dall'essere umano in questione (che qui si sta prendendo più o meno garbatamente per i fondelli), ma con il suo assetto ormonale e biochimico e quindi con il potenziale in termini di prestazioni fisiche (che è cosa che riguarda lo sport).
La libertà di espressione degli essere umani comprende anche questo aspetto (che ci piaccia o no) e l'amministrazione dello sport è semplicemente costretto a dover gestire un nuovo "problema" . L'inclusione nella categoria Donne di un essere umano che è per caratteristiche fisiche, troppo "più uomo" delle altre, regala indubbiamente un vantaggio "unfair", che deve essere regolamentato. La categoria Donne diventa quindi di fatto una categoria "protetta".
Credo che tutti si ricordino della Caster Semenya e di come anche per lo spettatore fosse disorientante vedere come, e di quanto, batteva le sue avversarie.
Senza un protocollo e un regolamento (molto complesso da concepire ed applicare), si potrebbero avere altri casi, e lo sport femminile diventerebbe un giungla.
D'altra parte è noto come il doping in campo femminile abbia in passato contemplato trattamenti per rendere le donne un po' più uomini, e dare loro un vantaggio rispetto alle altre.
Come gestire le categorie a questo punto non è chiaro; se un essere umano inizialmente classificabile come Donna non rientra nei parametri di questa categoria, al momento va iscritta negli Uomini/Open. Se vi sarà una o più nuove categorie, lo vedremo.
Che poi il mondo andasse avanti benino anche senza questi complicati regolamenti, è certamente vero; ma (per fortuna dei tanti esseri umani con identità sessuale non binaria, o in transizione), il mondo va avanti. Questo lo fa certamente anche diventare un po' più complicato, ma dobbiamo semplicemente prenderne atto visto che tutto ciò non sembra danneggiare "gli altri", cioè chi è già ben sicuro della propria identità sessuale.
Quindi non è chiaro il fastidio che si percepisce in alcuni, come se appunto includere (nello sport e nella società) altri (che di fatto prima non erano inclusi) implichi l'escludere quelli che erano già inclusi prima.