Sui Rapporti Agili...

albertop

Apprendista Scalatore
20 Aprile 2004
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@ciclettico
fa sempre piacere vedere che i propri consigli sono stati utili
ricordo che a suo tempo avevo definito il mio discorso rivoluzionario
per me lo è, se consideri il fatto che uno come te (all'epoca non potevo sapere che tu viaggiassi così forte) fa fatica a fare il giau col 39x28 e c'è gente che va la metà di te e si ostina ad usare lo stesso rapporto su qualunque salita

per tutti gli altri
riporto una mia esperienza personale
sulla bici precedente montavo una DOPPIA 44-29
avevo due ruote
- su una avevo un 12-23 9v al quale avevo tolto il 12 per mettere l'11
- sull'altra mi ero assemblato un 11-13-15-17-19-21-23-25-28

tenete in considerazoine quello che ho fatto per avere un 11-13-14-15-16-17-19-21-23
se ci fate caso, il 44x11 è come un 52x13 e può essere spinto solo in discesa (da noi comuni mortali)
il 44x12, che manca in questa scala, è pure un rapporto destinato solo alle discese - se provate a pensare a quanto tempo potrete utilizzare l'uno e l'altro, vi accorgerete che la mancanza del 44x12 sarà impercettibile, mentre il fatto di avere il 16 sarà molto utile in pianura (col 44) e in salita (col 29)
 

30x26

Apprendista Scalatore
21 Aprile 2004
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boldo ha scritto:
dimenticavo : cercherò in rete , ma qualcuno di voi ha mai percaso visto in giro un'analisi "biomeccanica" dell'agilità?
Mi spiego : un motore a scoppio ha un certo numero di giri-minuto al quale esprime la massima potenza , dopodichè spesso c'è un "muro" ovvero il motore non riesce a spingere più e si blocca
Mi chiedevo se le nostre gambe funzionassero allo stesso modo , ovvero se c'è modo di stabilire a quanti rpm esprimiamo la massima potenza e se c'è un limite "superiore" di agilità oltre il quale è insensato cercare di spingersi.

imho puoi avere buone indicazioni osservando la frequenza scelta dagli atleti di alto livello. sono loro a *scegliere* il rapporto (hanno la potenza per far girare i rapporti tradizionali), a rigor di logica dovrebbero inconsciamente scegliere quello che offre il miglior rendimento.
 

Ser pecora

Diretur
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16 Aprile 2004
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boldo ha scritto:
dimenticavo : cercherò in rete , ma qualcuno di voi ha mai percaso visto in giro un'analisi "biomeccanica" dell'agilità?
Mi spiego : un motore a scoppio ha un certo numero di giri-minuto al quale esprime la massima potenza , dopodichè spesso c'è un "muro" ovvero il motore non riesce a spingere più e si blocca a un determinato regime-prima di arrivare a quel punto il pilota dovrebbe cambiare marcia se vuole andare ancora più veloce.
Mi chiedevo se le nostre gambe funzionassero allo stesso modo , ovvero se c'è modo di stabilire a quanti rpm esprimiamo la massima potenza e se c'è un limite "superiore" di agilità oltre il quale è insensato cercare di spingersi.

Ovviamente ci sono dei fattori soggettivi in gioco.
Una cadenza più alta implica generalmente una frequenza cardiaca maggiore a parità di potenza espressa in watt(ovvero per andare a 30km/h con un rapporto più agile rispetto alla stessa velocità con un rapporto più duro). Questo si trqduce in un maggior consumo di ossigeno a frequenze di pedalata più alte. A questo punto entra in gioco la Vo2max, ovvero il rapporto dell'ossigeno consumato e del sangue "pompato" ad una certa frequenza cardiaca, che è soggetiva.
Cio' si traduce nel fatto che atleti con un'elevata Vo2max possono permettersi un'agilità maggiore che non altri con una più bassa. Ecco perchè ci sono professionisti che utlizzano "l'agilità" ed altri che spingono rapporti impossibili. Non è solo una questione di potenza come generlmente si crede. Ad esempio Armtrong non esprime potenze max in watt molto minori di Ullrich, ma Armstrong puo' contare su una Vo2max superiore al tedesco.
Molto dipende dalla composizione delle fibre muscolari che variano molto da soggetto a soggetto. Indipendentemente dal tipo di fisico (alto, basso, etc.) Sempre ad esempio, un velocista raggiunge potenze max; altissime in tempi brevissimi a causa della preponderanza di fibre muscolari rosse "veloci", un cronoman tiene potenze molto elevate per un tempo abbastanza lungo per la preponderanza di fibre "rosse e bianche" misto di resitenza e velocità. Ci si puo' allenare in una caratteristica piuttosto che in un'altra, ma una delle due perde efficacia. Ecco perchè u velocista più di tanto non si allena alla forza resistente: perderebbe in esplosività; e pertanto non credo vedremo mai una compact sulla bici di Petacchi. Anche se lo sviluppo metrico di certi rapporti è identico.
 

boldo

Novellino
16 Giugno 2004
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Michelangelo ha scritto:
http://www.bsn.com/cycling/articles/cadence.html

Sul link che segnalo, in inglese, c'e' una lunga e interessante dissertazione sulla cadenza di pedalata ottimale.. devo ancora finire di leggere ma e' davvero un bel lavoro!!

Ciao


Link davvero notevolissimo , che risponde esattamente alla mia domanda (cioè non tanto qual'è la "giusta" cadenza , mi ero forse espresso male , ma cosa rende una certa cadenza la migliore).

poi un po' di inglese non fa mai male....

Effettivamente la conclusione (in grande agilità tra 90 e 100 rpm si consuma più ossigeno ma si dura di più perchè a parità di potenza-cioè a conti fatti di velocità-si utilizzano meno fibre veloci) è in pieno accordo con l'esperienza : infatti quando sono poco allenato se cerco di andare agile in salita vado in crisi di respiro , mentre se vado più duro il respiro tiene ma le gambe si appesantiscono in fretta.
 

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