Faccio ancora un tentativo, l'ultimo, per portatre fla#34 a RAGIONARE come un randonneur e, di conseguenza, spingerlo verso il 300.
Se ti atterrai al 150, come dici, per non rischiare (cosa... perdersi? Morire di fame? Essere attaccati dagli indiani o da una tigre dai denti a sciabola?), l'approccio è sbagliato, non perchè sia giusto rischiare di per se, anzi, il rischio fine a se stesso oltre che evitabile è ridicolo e controproducente.
E' giusto, invece, correre l'unico vero rischio che valga la pena sfidare, quello massimo, cioè: azzardare il rischio di fallire la prova, quella si è una componente vitale delle rando.
Fare di tutto per evitarlo, ingegnarsi, risparmiarsi, valutarsi passo passo, sono tutti fattori personali ai quali uno va incontro solo ed esclusivamente strada facendo si, ma anche facendo strada.
La propria inesperienza, di fronte a situazioni nuove e prolungate nel tempo sarà nutrita da una linfa e da risorse personali che manco si sopettava di possedere, fidati!
Mettere tutto questo insieme per evitare di fallire la prova ne costituisce, di per se, una delle sue più potenti molle per la sua riuscita.
Col percorso corto, tutto questo non si paleserà, quindi viene meno il senso della rando stessa, avrai semplicemente fatto un giro quasi banae di 150 km come altri già fatti e sprecato una occasione per fare davvero qualcosa di diverso... finalmente.
Infatti, tu stesso dici che il tuo margine entro i 150 ti rassicura perchè sai come rapportarti, quando, invece, è sattamente questo che devi sfidare, cioè i tuoi limiti noti e lanciarti verso l'ignoto...
Questa è la sfida, questo è il gusto della rando, se resti nel tuo orticello non ne avrai nemmeno gustato i frutti... perchè li conosci già!
La sfida è sfida, è ignoto, è tutto ciò che c'è dietro l'angolo... e non può essere accomodante... non deve!
Ho detto... AUGH!