lo avete già richiamato precedentemente questo bel video, di gcn, in inglese? Alcune cose sono spiegate molto bene,
link dal coach di Pogacar
Dr Iñigo San Millán
Visto ieri, quel video è fantastico e chiarisce un sacco di cose, tra le quali conferma la mia teoria (applausi per me
) che avevo proposto qualche tempo fa proprio su questo thread, cioè quella delle
uscite miste composte da una prima parte lenta (z2) e una seconda parte intensa. Spostando tutta l’intensità alla fine si ottengono benefici per entrambi i sistemi metabolici in un unica uscita, il che dal mio punto di vista risulta molto utile soprattutto per chi fa poche uscite o ore settimanali.
Quel video chiarisce pure una volta per tutte a cosa diavolo serve il polarizzato. Riassumendo in modo estremamente conciso il punto fondamentale, il polarizzato serve a stimolare dei meccanismi metabolici che allenano le cellule a risparmiare più glicogeno (quindi a pedalare per più tempo) e bruciare più acido lattico (quindi pedalare a ritmi intensi per più tempo), quindi adattamenti che fanno andare più forte per più tempo. Per stimolare questi meccanismi, occorre pedalare in una cosiddetta “zona 2” senza accumulare acido nel sangue, quindi andando più costanti possibili ed evitando le sgasate. Tutti i discorsi sui “giorni facili e giorni intensi”, oppure i ragionamenti basati sul volume e i recuperi e tutto il resto, sono dettagli che disorientano e che dipendono da come vengono strutturati e personalizzati gli allenamenti, ma che non hanno niente a che fare con il vero nocciolo della questione. Infatti, come già previsto e ripetuto sopra, è possibile applicare il principio che sta alla base del polarizzato anche ad una singola uscita, mettendo una cospicua parte lenta sempre prima di una eventuale parte più intensa.
C’è forse solo una questione importante che rimane in sospeso, e mi dispiace che non ne abbiano parlato in quel video (a meno che non mi sia sfuggito). La domanda è: dovendo scegliere di sostituire un allenamento in Z2 alta (la zona perfetta secondo il dottore) con un allenamento in Z2 bassa o uno in Z3 bassa, quale è da preferire? Spiego perché questa domanda è importante secondo me. È chiaro da quello che dice il dottore che individuare questa cosiddetta Z2 non è facile, e può essere fatto con precisione soltanto in laboratorio con analisi del lattato. Gli altri metodi che la calcolano le zone a partire da FTP o frequenza cardiaca di soglia sono imprecisi, al punto che mi pare che quasi la paragoni alla formula (220 – età) per fare un esempio di quanto possiamo sbagliare nella realtà. Mi pare di capire addirittura che ritenga il “test della conversazione” (intensità in cui si riesce ancora a parlare bene) più preciso di altre stime per individuare il target di cosiddetta Z2, in mancanza di test di laboratorio. Riassumendo, questo significa che per un amatore è molto facile sbagliare ad individuare questa Z2.
La domanda è quindi: se uno vuole sbagliare meno possibile,
è meglio sbagliare tendendo un po al difetto e andando più piano (quindi eventualmente finendo in Z2 bassa) o sbagliare tendendo all’eccesso (finendo eventualmente in Z3 bassa)? Non mi sembra una questione banale, perché ad esempio ho sentito il dottore esprimersi sulla Z2 bassa e ha detto che lo stimolo è considerato troppo blando, quindi lui considera la Z2 alta come vero target a cui puntare. Non ho capito però se piuttosto di sforare in Z3 bassa sia meglio andare più piano, o se piuttosto di andare troppo piano sia meglio finire in Z3 bassa. Sia chiaro che sto ponendo la questione
al solo fine di stimolare maggiormente i meccanismi metabolici della Z2, al netto di ogni altra considerazione sui recuperi e periodizzazioni (ovviamente più vai forte più hai bisogno di recuperi, ecc.).