Penso che non si possa fare un ragionamento a tutto tondo senza contesto, altrimenti di rischia di cadere in visioni distorte e super semplificazioni.
Nel filone “visioni distorte”, per esempio ricade secondo me il polarizzato di Seiler. Concetto relativamente semplice, ma praticamente sempre applicato al di fuori dal campo di osservazione originale (atleti di élite); si sono poi svolto studi per confrontare il piramidale vs il polarizzato prendendo comuni mortali/atleti di buon livello e l’indicazione sembra essere che paghi maggiormente fare prima piramidale e a seguire polarizzato (e non credo sia una sorpresa).
Nel filone “super semplificazioni” ricade l’idea che il medio di una volta sia lo sweet spot e/o la soglia dei norvegesi. Magari sulla carta le intensità possono coincidere, ma evidentemente il modo di somministrazione fa un’enorme differenza.
Infine, con riferimento all’intensità “buco nero” sono dell’idea che in generale sia fuori luogo definirla cosi e cercare di evitarla. Nella corsa, per esempio, è vicina/coincide con il ritmo maratona, quindi direi che sarebbe un grave errore non allenarla. Nel ciclismo non sarà certo quell’intensità che ti fa fare la differenza nelle tappe di montagna, ma immagino sarà quell’intensità che bisogna saper gestire quando si è in fuga. Ecco, direi un’intensità strumentale in gara, ma anche un ottimo strumento per costruire una base solida, assieme ad intensità inferiori, se usato con visione di insieme.