Non ho letto nulla di documentale su Spagna e GB, mentre ho letto molto di/su Donati e il sistema viziato di Coni / Fidal / FCI.
Senza offesa, ma tirare in ballo, quasi in maniera istintiva, Spagna e GB, come presunti successori illustri del “primato Italico” tra 1980 e 2000, non dovrebbe distogliere l’attenzione dal fatto che l’Italia è stata davvero capostipite in certe pratiche disgraziate (e non mi riferisco agli atleti), allora incensate come “progresso scientifico” e “valore sportivo”.
Come Ferrarese questa cosa mi sta particolarmente a cuore, avendo osservato da vicino la parabola del Prof. 60% (da non confondersi con Mr. 60% che pedalava al Tour) e di come questa fosse intrecciata a doppio filo con esponenti della scena politica e accademica dell’epoca.
Nel momento in cui ho messo a fuoco quei soggetti e ho lasciato passare in secondo piano la processione di atleti che veniva a Ferrara a “farsi fare le tabelle” (giornali riportano che anche il pullman della Banesto sia stato intravisto in città nei primi anni ‘90... sicuramente per portare la squadra in gita di gruppo al Castello Estense), mi è diventato più facile accettare la realtà innegabile attorno al Pirata (e lo dico da fedelissimo di Marco) e capire meglio il Texano, provando anche a separare l’atleta dall’uomo.
PS: per me la storia del motorino sulla bici di LA è spazzatura che discredita tutto quello di interessante che avrebbe potuto anche avere da dire Verdy.
PPS: chiunque abbia seguito il podcast di LA nelle ultime stagioni, IMHO molto godibile per qualità e formato, si sarà accorto che la lettura data oggi (non vent’anni fa) da LA su responsabilità, competenze, diritti e doveri di federazioni, organizzatori e atleti è molto lucida e, a mio avviso, non sarà mai ascoltata abbastanza.