Le biciclette, soprattutto quelle da strada, erano e sono attrezzature sportive rudimentali, teconologia applicata di basso livello e di norma abbastanza malvista dalla clientela.
Le due cose sono collegate, chi glielo fa fare ai costruttori di investire massicciamente in tecnologia se il mercato non la vuole.
Personalmente non ho nulla contro dischi, cambi elettronici, cavi nascosti e via discorrendo (non nego di sbavare abbondantemente alla vista di una certa Madone SLR rossa col buco); nel mio caso, abitando in un’area montana piuttosto remota – il più vicino meccanico è a 70 km – e/o avendo una certa predilezione per i giri lunghi, si comprenderà la mia propensione per un approccio low-tech* mentre, quando mi trovo “sottosopra” (Melbourne, Straya) è quantomai raro vedere un ciclista (inteso come facente parte della cricca di noialtri appassionati) privo di queste innovazioni. Per estensione – costi a parte - suppongo che le medesime considerazioni valgano universalmente, pertanto gli investimenti in tecnologia hanno un ritorno di mercato ove questi siano effettivamente, e contestualmente, richiesti, ergo... perche' no?
Qualche anno fa, qualcuno – qui nel forum – ebbe a scrivere “top di gamma per tutti” che, al netto del marketing, non è un concetto del tutto errato (specialmente se proiettato nel tempo**).
Edit:
*Resta inteso che anche l’approccio a bassa tecnologia non è stato immune da (minori, seppur graditi) perfezionamenti, spesso focalizzati nell’ambito dei materiali utilizzati.
**Nel prossimo decennio, quando il nostro buon Piergiorgio scriverà “L’evoluzione delle bici da corsa 2023-2033”, le top di gamma attuali diverranno usate/obsolete ed il prezzo diventerà popolarmente abbordabile. Certo, ci saranno due fronti “E’ meglio la trasmissione a variazione continua o il vecchio 14 velocità”, ma - storicamente - non c’è nulla che si possa fare per placare gli entusiasmi.