Magari a qualcuno interessa la mia recensione sul libro, appena uscito per Sellerio, che racconta la vita di Alfonsina Strada
(Alfonsina e la strada, Simona Baldelli)
“Come sei bella sulla bicicletta, Fonsina, non scendere mai”
Quando i romanzi sono di alta qualità, capita che facciano perdere la ruota al recensore e sfuggano al gruppo della classificazione. Si potrebbe anche provare a riprenderla, la ruota, dandosi regolarmente i cambi, magari parlando di una curiosa storia di sport, di un’importante testimonianza d’emancipazione femminile, di un significativo romanzo storico, ma Alfonsina Strada resterebbe ancora lontana, un puntino oltre le possibilità delle nostre gambe e delle nostre penne, perché Simona Baldelli ci racconta una storia di sport in tempi in cui la donna, se valicava il ruolo di orpello a fine tappa, diventava qualcosa da liquidare, a seconda dell’umore, come folclore o provocazione, e l’emancipazione femminile, agli inizi del novecento, oltre a rientrare appieno nella categoria della provocazione, abbandonava la pianura del privato per scalare le sacre vette della politica e del sociale. Ragioni più che sufficienti perché entrambi i sessi facessero gara di cattiveria nell’apostrofare le donne in bicicletta come donnacce, ridicole virago inopinatamente dedite ad attività del tutto inconciliabili con il loro ruolo di figlie, mogli o madri, e buone fattrici, dopo la prima guerra mondiale, per un regime ghiotto di carne da cannone. Talvolta si tendeva a minimizzare, pensando che non sarebbe stato difficile toglierle dalla strada e ricondurle nel sacro alveo domestico, perché da sempre abituate a obbedire a padre e padrone, illusione che, se tale è rimasta, è anche per merito di una donna ostinata che, soffrendo per oltre tremila chilometri, ha fatto da battistrada a tempi nuovi.
Ma la Storia di Alfonsina, diventata Strada in Luigi, è qualcosa di più e di diverso. È la poetica storia di una ragazzina che in una una notte di luna sceglie di pedalare lontano dalla miseria più nera, da quella Fossamarcia infestata d’insetti, sempre pronta ad accogliere i corpi di sorelle e fratelli, veri o rimediati per ottenere il sussidio con cui provare a sfamare i primi, e destinati a durare pochi giorni, pochi mesi o pochi anni, per poi spegnersi d’inedia o malattia. I “morticini” che insieme ai Romanov donano al romanzo un tocco di realismo magico, prezioso ricamo narrativo. Ma è anche la storia del tenero Luigi, che ha pronunciato la frase che apre questa recensione e che un destino insensibile ha condannato alla follia. Un uomo che ha rinunciato alla propria energia vitale in favore della sua sposa per poi rimirarla in lei. Una figura indimenticabile, vero uomo in mezzo a tanti maschi incattiviti dalla possibilità di arrivare dietro a una donna o preoccuparti che il Giro del ‘24 fosse svilito dalla partecipazione di Alfonsina Strada, che sui giornali figurò, guarda caso, come Alfonsin Strada… provvidenziale refuso!
Ah, ma voi volevate sapere cosa c’entrano i Romanov… ci arriviamo subito: lo scoprirete leggendo questo romanzo permeato dalla grazia e dalla determinazione femminile… merita il vostro tempo!