Caro SoftMAchine, ho sempre apprezzato e condiviso i tuoi interventi, che non sono mai superficiali ma molto ragionati e frutto di grande competenza. Purtroppo, si sa, comunicare per messaggi su un forum ha grandi limiti ma non per questo non vada utilizzato questo strumento di discussione, a condizione che ci sia reciproco rispetto e alcuna volontà di imposizione.
Tutto ciò premesso, credo di dover, anch'io, precisare meglio...
Se dovessimo conversare piacevolmente di architettura, come auspichi, e se dovessi introdurti al suo linguaggio, mi guarderei bene dal parlarti di sforzi di taglio o di caratteristiche delle malte, ma cercherei solo di far venir fuori quei criteri della 'bellezza' che, consapevolmente o inconsapevolmente, hai già 'hardwired' nella tua struttura culturale. Da tempo mi occupo, ultimamente con il poco tempo che mi rimane a disposizione, proprio di ricerche sui contenuti neurali della bellezza, che affondano le proprie radici remote in varie necessità della nostra coscienza. Ma sarei fuori strada se pretendessi di utilizzare queste ricerche per mostrare che valori come simmetria o consapevole trasgressione, come allineamenti, accostamenti di materiali, composizione delle parti rendano un'opera più o meno affascinante.
Educazione alla 'visione' non implica conoscere le regole della composizione architettonica o pittorica (salvo quelle ingenue dimostrazioni fatte di ricostruzione di linee compositive in un quadro o di richiami alla sezione aurea in una facciata). La forza di un quadro o di una architettura sta proprio nel sapersi imporre come risultato olistico anche agli occhi di chi ignora cosa lo abbia prodotto.
Ascoltare 'Starke Scheite' cantato da Birgit Nilsson ed emozionarsi non richiede di saper seguire la partitura, ma avere la consuetudine di ascoltare e, probabilmente, conoscerne il contesto culturale è più utile di conoscere l'architettura del cromatismo wagneriano.
Indiscutibilmente la conoscenza anche tecnica aumenta la consapevolezza e il piacere dell'ascolto ma è condizione né necessaria né sufficiente. Faccio un esempio. Su Radio Tre vengono fatte delle eccellenti lezioni musicali con analisi di opere importanti (bellissimi i cicli mahleriani e bruckneriani di Solbiati) che decostruiscono la composizione, ma nulla aggiungono, secondo me, alla percezione semantica dell'opera, che ha la sua efficacia proprio nella capacità di farne a meno.
Spero di essermi spiegato e di non essere troppo distante dal tuo punto di vista, nei confronti del quale non avevo alcuna intenzione di polemizzare...
Tutto ciò premesso, credo di dover, anch'io, precisare meglio...
Se dovessimo conversare piacevolmente di architettura, come auspichi, e se dovessi introdurti al suo linguaggio, mi guarderei bene dal parlarti di sforzi di taglio o di caratteristiche delle malte, ma cercherei solo di far venir fuori quei criteri della 'bellezza' che, consapevolmente o inconsapevolmente, hai già 'hardwired' nella tua struttura culturale. Da tempo mi occupo, ultimamente con il poco tempo che mi rimane a disposizione, proprio di ricerche sui contenuti neurali della bellezza, che affondano le proprie radici remote in varie necessità della nostra coscienza. Ma sarei fuori strada se pretendessi di utilizzare queste ricerche per mostrare che valori come simmetria o consapevole trasgressione, come allineamenti, accostamenti di materiali, composizione delle parti rendano un'opera più o meno affascinante.
Educazione alla 'visione' non implica conoscere le regole della composizione architettonica o pittorica (salvo quelle ingenue dimostrazioni fatte di ricostruzione di linee compositive in un quadro o di richiami alla sezione aurea in una facciata). La forza di un quadro o di una architettura sta proprio nel sapersi imporre come risultato olistico anche agli occhi di chi ignora cosa lo abbia prodotto.
Ascoltare 'Starke Scheite' cantato da Birgit Nilsson ed emozionarsi non richiede di saper seguire la partitura, ma avere la consuetudine di ascoltare e, probabilmente, conoscerne il contesto culturale è più utile di conoscere l'architettura del cromatismo wagneriano.
Indiscutibilmente la conoscenza anche tecnica aumenta la consapevolezza e il piacere dell'ascolto ma è condizione né necessaria né sufficiente. Faccio un esempio. Su Radio Tre vengono fatte delle eccellenti lezioni musicali con analisi di opere importanti (bellissimi i cicli mahleriani e bruckneriani di Solbiati) che decostruiscono la composizione, ma nulla aggiungono, secondo me, alla percezione semantica dell'opera, che ha la sua efficacia proprio nella capacità di farne a meno.
Spero di essermi spiegato e di non essere troppo distante dal tuo punto di vista, nei confronti del quale non avevo alcuna intenzione di polemizzare...