Appaio e scompaio, ma questa discussione sulla musica non me la posso perdere.
La musica classica (termine tanto improprio quanto inevitabile) mi accompagna dall’età di 15 anni, componente fondamentale della mia esistenza e della mia cultura.
Non condivido il punto di vista di SoftMachine.
Non lo condivido per la musica, per la pittura, per l’architettura o per la letteratura.
L’arte, banale dirlo, è linguaggio, le regole tecniche devono essere note a chi ‘parla’, non necessariamente a chi ascolta, anzi, occuparsi di quelle regole, per chi ascolta, è molto interessante, ma si rischia di perdere di vista il messaggio, che è fatto di grammatica e sintassi, ma solo come strumento della composizione.
Ho progettato architettura per quarant’anni. Se, perché fosse apprezzato un mio progetto, fosse stato necessario conoscere il calcolo del cemento armato o la teoria degli stati limite nell’acciaio, il mio progetto sarebbe stato un fallimento, perché doveva essere rivolto e comunicare a chiunque gli passasse davanti. Questo non significa che non occorra un’educazione alla visione (o all’ascolto) ma non riguarda la tecnicalità, quanto la semantica, che è altra cosa.
I contenuti neurali della bellezza devono essere implementati in modo tale da non dover essere distratti dal gioco pedante della ricostruzione tecnicista.
Ora dirò una cosa che farà rabbrividire molti.
Per me, Johann Sebastian Bach è un compositore sopravvalutato.
E’ sopravvalutato perché distratti dalla meraviglia della sua costruzione ‘matematica’ (indiscutibile e meravigliosa) e da una critica specialistica che ha sempre più badato alla tecnica dell’armonia e del contrappunto che al messaggio veicolato, che è ristretto a una generica spiritualità.
Questo pastore luterano aveva una concezione della vita molto limitata e confinata, e il suo messaggio, inevitabilmente, è limitato e confinato, al di là di ogni sdilinquimento.
Io comprendo che l’aspettativa sul messaggio sia molto condizionata dalla propria cultura e dalla propria visione delle cose, ma, per me, ripeto, per me, la complessità del messaggio di uomini del XIX o XX secolo, quali Mahler, Bruckner o Wagner, non è paragonabile alla spiritualità geometrica di Bach.
Bach, sempre secondo me, è sopravvalutato come Leonardo da Vinci rispetto a Caravaggio, sempre per un problema di complessità di contenuti, di messaggio.
Che la tecnica di Caravaggio fosse impressionante è fuor di dubbio, ma se dovesse essere conosciuta per apprezzarne il messaggio, la sua opera sarebbe, da un punto di vista semantico, molto limitata.
E’ il problema dell’arte contemporanea (di buona parte dell’arte contemporanea) che richiede, per essere apprezzata, di leggere il ‘libretto di istruzioni’ allegato, con le dichiarazioni di intenti che, al contrario dovrebbero apparire evidenti allo spettatore, sia pure evoluto, all' ‘ignorante’ in senso husserliano, di quanto è sotteso dal risultato presentato come messaggio finale.
Tanti anni fa, a Radio Tre ho presentato un ciclo sulla musica contemporanea (di allora). Tali e tante hanno dovuto essere le spiegazioni a posteriori che, oggi, mi vergogno un po’ di averne sostenuto la validità.
Bene, ho sparato a palle incatenate, torno ad ascoltarmi il finale del Goetterdaemmerung…