Senza polemica, io al tempo del record dell’ora di Moser avevo sentito parlare eccome delle pratiche di autoemotrasfusione strombazzate senza scrupoli da Conconi & Co, al punto da diventare in breve il protocollo ufficialmente sostenuto dal CONI per la caccia alle medaglie degli anni ‘80 e ‘90. La cosa paradossale è che le trasfusioni erano “mainstream” e del tutto prive del connotato negativo di “doping ematico”. Anzi, erano la frontiera della medicina applicata allo sport!
La fila di atleti che venivano a Ferrara a fare “il test Conconi” erano sotto gli occhi di tutti e motivo di prestigio per l’Università. Le denunce di Donati erano già udibili (per chi le volesse sentire), ma nel contesto politico e sociale dell’epoca Cova trionfatore a Los Angeles era preferibile a Mei allenato a pane e acqua da Donati.
Forse che la Belmondo non era abbastanza esplicita quando nei primi anni ‘90 dichiarava rassegnata che LEI era orgogliosa dei suoi secondi posti puliti, mentre Di Centa e la staffetta maschile mettevano in fila i nordici?
Ferrari stesso non fu mai particolarmente riservato riguardo il suo interesse per le potenzialità dell’EPO come agente dopante. Nell’ambiente, medico e sportivo, insomma, si sapeva eccome, così come a Ferrara erano sotto gli occhi di tutti ricchezza, notorietà e improvviso peso politico di Conconi & Co.
In poche parole, omertà sistemica. Era tutto alla luce del sole. Sarebbero bastati un paio di giornali in più, disposti a fare domande scomode, scavare in profondità, affrontare querele garantite… e qualche atleta disposto a perdere tutto per testimoniare. Mica poco…